martedì 27 marzo 2012

Non fate posto al diavolo


NON FATE POSTO AL DIAVOLO

Un lettore mi ha scritto: Ciao, Nicola. Ho una domanda da porti. In Efesini 4,27 è scritto: «Non fate posto al diavolo». Il verso 26 recita: «Adiratevi e non peccate il sole non tramonti sopra la vostra ira». In che modo si dà posto al diavolo? Che significa «non fate posto al diavolo»? Ti faccio questa domanda, perché ho notato che in alcuni credenti regna una menzogna come fosse verità accertata; ha qualcosa in comune con «non fate posto al diavolo»? Fraterni saluti. {N. N.}

A tutto ciò rispondo come segue:

1. Il senso letterario del testo
     Quando si analizza qualcosa, bisogna tener presente il testo nel suo contesto immediato. Qui Paolo dà una serie di precetti pratici di natura spirituale e morale. Nel brano indicato la Luzzi traduce: «Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sopra il vostro cruccio e non fate posto al diavolo» (Ef 4,26s); così fa all’incirca anche la NR («la vostra ira»). Nella parte finale altri traducono con «e non date occasione al diavolo» (CEI), «E non date luogo al diavolo» (D, ND).
     Ecco una possibile traduzione letterale: «Adiratevi e non peccate. Il sole non tramonti sopra la vostra ira, e non date spazio al diavolo» (così p.es. la tedesca Elberferder). Singolarmente Lutero traduce alla fine: «E non date spazio al calunniatore»; inteso è il termine greco di diabolos nella sua etimologia di calunniatore (cfr. Ap 12,10 per tale sua «professione»).
     Seguono i seguenti punti: 2. L’interpretazione del testo; 3. La questione della menzogna.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-No_posto_diav_EnB.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

 
Non tutto ciò, che si presenta come "buono" (interessi, hobby, passioni, sentimenti, occupazioni, persone, ecc.), è veramente ciò, che ci appare.


~~> Discuti questo tema qui o su "Facebook": https://www.facebook.com/notes/puntoacroce/non-fate-posto-al-diavolo/10150765073962990

venerdì 23 marzo 2012

Perché la fede si mette al quarto dito


PERCHÉ LA FEDE SI METTE AL QUARTO DITO

La seguente allegoria «manuale» è un buon esempio per illustrare il «falso sillogismo». Ossia, partendo da premesse parzialmente esatte, del tutto sbagliate o arbitrarie, si arriverà a un risultato, che appare evidente e suggestivo, ma che ha in sé il «verme» dell’errore logico. Errori d’interpretazione soggettiva del genere si fanno quotidianamente. Ciò vale anche per l’interpretazione soggettiva delle sacre Scritture, quando non si sta attenti al contesto, letterario, storico, culturale e religioso del brano.

1. La tesi affascinante, ma arbitraria
     Riporto la seguente spiegazione, dopo opportuna correzione dei vari errori e redazione (grassetto redazionale).
     «Impressionante, non ho mai sentito una spiegazione così logica e bella del perché la fede si usa nel quarto dito. Una leggenda cinese è riuscita a spiegarla in una maniera molto convincente: Il pollice rappresenta i genitori. L’indice rappresenta i fratelli, sorelle e amici. Il dito medio rappresenta te stesso. L’anulare (quarto dito) rappresenta il tuo coniuge. Il mignolo rappresenta i tuoi figli.
     Ora, unisci le tue mani, palmo contro palmo, poi unisci un dito medio all’altro, facendo in maniera che essi puntino verso te, come nell’immagine.
     Ora, tenta di separare in maniera parallela i tuoi pollici (genitori), noterai che si separano, perché i tuoi genitori non sono destinati a vivere con te sino alla tua morte; unisci le dita nuovamente. Ora, fa’ lo stesso con gli indici (fratelli, sorelle e amici): anch’essi si separano, perché loro se ne vanno ognuno alla ricerca del suo destino; unisci nuovamente le dita. Ora, tenta separare i mignoli (figli): anch’essi si separano, perché i figli crescono e, quando possono farcela da soli, se ne vanno; unisci nuovamente le dita.
     Finalmente prova a separare le dita anulari (coniugi) e ti sorprenderai che non riuscirai assolutamente separale. Questo è dovuto al fatto che una coppia è destinata a stare assieme sino a l’ultimo giorno della loro vita, ed è per questo che la fede si usa nel quarto dito».
     L’autore o, meglio, colui, che riporta tale testo, si firma su Facebook come «Angelo Bianco» (post del 15 marzo 2012); e il titolo posto sulla foto dalla fonte originale è il seguente: «Lo sai perché la fede viene usata al quarto dito?».

2. Osservazioni e obiezioni
     Ci sono almeno due premesse sbagliate nel ragionamento appena visto… (scopri quali…)
     Segue anche il seguente punto: 3. Aspetti conclusivi.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Cult/A1-Fede_anulare_Mds.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
{Nicola Martella}


giovedì 22 marzo 2012

Divorzio e nuove nozze di credenti


DIVORZIO E NUOVE NOZZE DI CREDENTI


1. ENTRIAMO IN TEMA: Avendo scritto abbastanza sul tema «divorzio e nuove nozze», non intendevo ritornarci così presto. Tuttavia, la lettura degli articoli pubblicati fa sorgere domande nei lettori, a cui vale la pena rispondere. Quello che segue è uno di questi casi. Il divorzio di chiunque (credenti e non) e comunque accada (con giusta causa o meno), è sempre una sconfitta, una lacerazione e una tara, che segna tutta la vita. Esso è quindi una materia delicata sia per gli insegnanti di etica biblica, sia per i curatori d’anime. Quindi, in via generale, non si può essere a favore del divorzio; e anche laddove si riscontano le eccezioni, contemplate dalla Scrittura, si fa sempre bene ad affrontare ogni caso a se stante, senza leggerezza e senza disumanità.

2. LE QUESTIONI: Caro Nicola, scrivo in merito al tema «Divorzio e nuove nozze» [http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Divorzio_nuove_nozze_GeR.htm], trattato sul tuo sito.
     1. Innanzitutto ti ringrazio per l’interessante articolo che hai scritto, indubbiamente si tratta di una tematica al quanto scottante e controversa ed è veramente difficile districarsi nei difficili passi che la trattano, almeno è così per me.
     2. Dopo aver letto l’articolo non riesco a comprendere in definitiva la tua posizione riguardo a credenti separati (divorziati) e alla loro possibilità di risposarsi (1 Cor 7,10). Da una parte, basandoti sulle parole di Paolo, affermi che una separazione per motivi, chiamiamoli d’incompatibilità, non avrebbe permesso nuove nozze. D’altro canto nelle conclusioni pastorali, porti un caso pratico di due giovani credenti, che dopo aver contratto matrimonio, decidono da lì a breve per un divorzio e, in questo caso, le domande retoriche, che poni, fanno pensare che saresti a favore di nuove nozze.
     3. A questo punto sono un po’ confuso sulla tua posizione in merito. Se sei a favore di nuove nozze anche per i credenti come interpreti 1 Corinzi 7,10-11, come ammonimento e non come ingiunzione?
     Ti ringrazio in anticipo, un caro saluto. {S. M.}

3. LE RISPOSTE: Seguo la numerazione data alle questioni di sopra. Mi preme ricordare ai lettori che ai fini di una corretta comprensione è utile e necessario leggere prima l’articolo sopra menzionato, l'articolo «Divorzio e seconde nozze» [http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Divorzio_2nozze_S&A.htm] e il connesso tema di discussione. Ciò impedirà di presentare nuovamente questioni già affrontate e a cui è stata già data ampia risposta… Seguono i seguenti punti: Le preoccupazioni; Domande e casi riportati; Ritorniamo a 1 Corinzi 7,10-11.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Divorzio_nozze_credenti_Avv.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}


ATTENZIONE! Per favore, non intervenire se, dopo aver letto l’intero articolo, ti rendi conto che ti manca la necessaria competenza in merito!

lunedì 19 marzo 2012

L’anzianato quale tema fisso (nel Convegno di Anziani e Servitori)


L’ANZIANATO QUALE TEMA FISSO
(nel Convegno di Anziani e Servitori)

Questo è un tema specifico relativo alle «Assemblee dei Fratelli». Tuttavia, potrà interessare anche ad altri gruppi di chiese, visto che le dinamiche spesso sono simili.
     Per una chiesa o per un gruppo di chiese organizzare un «Convegno degli Anziani e Servitori del Signore», non è un’impresa facile e ci vuole molto impegno e lavoro; per questo, ogni anno viene incaricato un altro gruppo di chiese. Anche per gli oratori preparare il tema richiesto è un grande sacrificio. Altresì i partecipanti devono investire soldi, tempo ed energie per arrivare al luogo del Convegno, parteciparvi e tornare a casa; tali conduttori, che vi partecipano, credono di trovare lì comunione, stimoli e insegnamenti per fare meglio nella loro vita e nella loro comunità. Quindi, non si può che essere grati per questa istituzione singolare, che non è né un sinodo, né una conferenza.
     Ora, però, se si avesse la lista dei temi del «Convegno degli Anziani e Servitori del Signore» degli ultimi decenni, si avrebbe l’impressione che il tema dell’anzianato è abbastanza auto-referente, visto che esso è stato affrontano quasi ogni paio d’anni e da ogni angolazione e prospettiva. Posso immaginarmi che gli anziani più assidui e di vecchia data abbiano a casa qualcosa come una decina di dispense su tale tema. Esso appare sempre nuovo, almeno per il titolo, sebbene sia sempre uguale.
     Come tema nel 2012 è stato fissato il seguente: «Qualifiche e responsabilità degli Anziani per la realizzazione degli scopi divini per la chiesa». Non metto in dubbio la preparazione dei relatori, né che anch’esso possa fare del bene, ad esempio, specialmente a chi è a digiuno sull’argomento e a chi ha problemi di conduzione da affrontare e pensa che tale «Convegno» lo aiuterà a risolverli nella propria comunità.
     Qui di seguito dirò, più che altro, qualcosa sul piano pratico. Lo scopo è quello di alimentare una riflessione in merito e un confronto fraterno. Per ragion di cose dovrò essere un po’ provocante.
     Quello dell’anzianato mi sembra il tema perpetuo, infinito e continuamente ricorrente del detto «Convegno degli Anziani e Servitori», da che io possa ricordare. Sembra che quanto detto dall’Ecclesiaste abbia una ragione anche per questo tema: «Quello che è stato è quel che sarà; quel che s’è fatto è quel che si farà; non v’è nulla di nuovo sotto il sole. V’è qualcosa della quale si dica: “Guarda questo è nuovo?”» (Ec 1,9s).
     La cosa singolare è che con tutti questi convegni sull’anzianato, in genere, la qualità dei conduttori non mi pare per nulla migliorata. Oltre a non intravedere sempre conduttori «al di sopra d’ogni riprensione» (1 Tm 3; Tt 1), vedo che vengono riconosciuti non pochi «anziani di paglia», per fare numero e avere, a tutti i costi, un «collegio degli anziani».
     Sarà questo o un prossimo «Convegno degli Anziani e Servitori» a portare il toccasana per tale patologia endemica, cronica e conclamata delle Assemblee? Speriamo in meglio, intanto prepariamoci al peggio.
     Questo tema diventa anche l’occasione per parlare della conduzione e delle chiese locali in modo più ampio.
     Seguono i contributi dei lettori… [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Anzianato_Convegno_UnV.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}


venerdì 16 marzo 2012

Cesura dal giudaismo marcato dal genitivo «dei Giudei»


CESURA DAL GIUDAISMO MARCATO DAL GENITIVO «DEI GIUDEI»

Un lettore mi ha scritto: Nicola, ti sottopongo una questione, sulla quale stavo riflettendo. Studiando il vangelo di Giovanni, mi sono accorto che ricorrono espressioni del tipo «la pasqua dei Giudei» (2,13; 11,55) e «una festa dei Giudei» (5,1). Mi stavo chiedendo come mai questo accento sui «Giudei». L’intento dell’evangelista appare quasi polemico, come a voler sottolineare che i Giudei (intesi come abitanti della Giudea), pur rispettando le feste comandate dalla legge, non riconoscevano Gesù, la luce che era venuta ad abitare tra di loro (proprio in casa sua!), mentre altrove, ad esempio in Galilea, diversi credevano in Gesù!? Se non c’è un intento polemico, perché sottolineare che tale feste erano «dei Giudei»? Tu cosa ne pensi? {O. S.}
     Dopo la mia proposta di aprire un tema sull’argomento, il mio interlocutore ha continuato a chiedere: Resta inteso che la mia è una domanda, non una affermazione, ovvero io al momento non ho una convinzione precisa in merito, ma sto cercando di capire. Mi chiedo perché non la Pasqua e basta? La Pasqua era per tutti, compresi Galilei, ecc., eppure l’accento viene messo sui Giudei. Mi chiedo perché. Grazie mille.

Seguono i seguenti punti della mia risposta: 1. Le questioni di base; 2. Il valore teologico di tale genitivo; 3. Approfondimenti: Vecchie feste e nuovi significati; 4. Perché «dei Giudei» soltanto?
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Giudei_cesura_Avv.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}


lunedì 12 marzo 2012

Io sono la scala verso il cielo? Parliamone


IO SONO LA SCALA VERSO IL CIELO? PARLIAMONE

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Io sono la scala verso il cielo» . In esso, oltre al tema specifico, c’interessava specialmente mostrare la differenza fra esegesi ed eisegesi, ossia fra l’analisi contestuale di un brano e la proiezione speculativa, basata su analogie costruite con l’allegoria, su parallelismi arbitrari o sul falso sillogismo.
     Come avremo modo di mostrare, è legittimo fare similitudini e dire: «Gesù è paragonabile a una scala (un ponte), che porta a Dio». È sbagliato, invece, mettere arbitrariamente parole in bocca a Gesù e fargli dire asserzioni del genere: «Gesù ha detto di essere la scala (il ponte), che porta a Dio», o addirittura in prima persona: «Io sono la scala».
     Si noti che Gesù, usando l’espressione «io sono ***», si è paragonato diverse volte a qualcosa d’importante, per difendere la sua messianicità. Tuttavia, non ha mai detto: «Io sono la scala verso il cielo», come invece qualcuno insegna.
     La cosa, che mi da a pensare (e un po’ mi rattrista), è il fatto che chi propone idee del genere, invece di far tesoro delle osservazioni, che mostrano l’incongruenza di tale asserzione, e del monito a interpretare correttamente la Scrittura, non solo perdura in tale proiezione della «scala di Giacobbe» (Gen 28,12) sulle asserzioni escatologiche di Gesù relative al suo regno (Gv 1,51), sebbene qui il termine «scala» neppure compare, ma cerca di argomentare ulteriormente con una fonte esterna. L’autore di quest’ultima non solo mostra di non essere un esegeta, ma si limita a dichiarare qualcosa senza fare alcuno sforzo di dimostrare esegeticamente che le cose stiano così; questo è tipico dell’approccio dogmatico alla Scrittura, che si differenzia alquanto dall’esegesi contestuale.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Io_sono_scala_Avv.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}


sabato 10 marzo 2012

Io sono la scala verso il cielo

IO SONO LA SCALA VERSO IL CIELO

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Questa affermazione non è di Gesù e non si trova negli Evangeli. Tuttavia, qualcuno vorrebbe che ci fosse. Infatti, nel confronto che segue, il mio interlocutore afferma che Gesù si definirebbe la «scala»! Questo confronto avrebbe potuto stare nel tema «Una «teologia dell’io sono» nell’Evangelo di Giovanni? Parliamone» [http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Teolog_io-sono_Mt.htm], da cui è scaturito. L’ho messo qui per mostrare esemplarmente la differenza fra esegesi ed eisegesi, ossia fra interpretazione contestuale e proiezione speculativa, basata su arbitrari parallelismi o sul falso sillogismo.
     A prescindere da questo caso specifico, si noti il «vizio mentale» di partenza, da cui nasce una convinzione dottrinaria, il suo sviluppo secondo il sistema della palla di neve e le sue conseguenze. Un giorno si scopre casualmente qualcosa in un brano, ci si entusiasma, si crea un ponte con un altro brano, basandosi su una blanda analogia con un elemento presente in ambedue i brani, ci si ricama sopra, si parla agli altri di tale «scoperta», ci si rafforza nell’opinione che le cose stiano così, la si propone agli altri con maggiore convinzione, si crea così un consenso di gruppo, si trovano moltiplicatori per tale opinione, si radica la consapevolezza che la Bibbia insegni tale cosa e, infine, si crea un groviglio dottrinario così intricato, che una convenzione del genere è difficile da sbrogliare e debellare. Chi mette mano a tale cosa, viene visto di malocchio e tacciato di voler sminuire la Scrittura o l’azioni ispiratrice dello Spirito Santo.
     Seguono i seguenti punti: 2. Il confronto; 3. Aspetti conclusivi.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Io_sono_scala_OiG.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}



giovedì 8 marzo 2012

Nell’Antico Testamento Dio è uno o unico? 2: Aspetti teologici

NELL’ANTICO TESTAMENTO DIO È UNO O UNICO? 2: ASPETTI TEOLOGICI

Qui prosegue la trattazione, cominciata nella prima parte, dove abbiamo visto gli «aspetti terminologici» [http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Dio_uno_unic1_MT_AT.htm]; qui di seguito trattiamo gli «aspetti teologici» dell’unità e dell’unicità di Dio nell’AT, legati ai termini ’ëchād e jāchîd.

3.  APPROFONDIMENTI STORICO-TEOLOGICI

3.1.  UN TERMINE DA NON STRAPAZZARE: Abbiamo visto il vasto spettro del termine ’ëchād: l’articolo indeterminativo, uno di numero (uno solo), il primo, unico, unitario, con le stesse caratteristiche, singoli aspetti che formano una unità, una unità composita (una carne unica, un solo popolo), l’armonia di singoli nell’unificazione, una [unica] volta, uno qualsiasi, ognuno o ogni cosa, un singolo, una cosa o una persona particolare o unica nel suo genere, una sequenza (uno… e uno… e uno), un confronto (uno qui e uno là), uguale significato, nessuno (non uno), e così via.
     Stando così le cose, è sempre il contesto che regna; e l’esegesi contestuale deve appurare lo specifico significato del termine ’ëchād nel dato contesto. Questo termine di per sé non è adatto per avvalorare questioni altamente teologiche, quindi né per dimostrare la Deità quale «unità composita», né l’uni-personalità di Dio nell’AT. Se si trascura il contesto storico, culturale, letterario e teologico dei brani specifici, si fanno soltanto discorsi filosofici, in cui il termine ’ëchād sarà solo un pretesto.
     Seguono i seguenti punti: 3.2. Monoteismo contro politeismo; 3.3. Unicità contro il politeismo; 4. Aspetti conclusivi.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Dio_uno_unic2_Sh.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}



lunedì 5 marzo 2012

Nell’Antico Testamento Dio è uno o unico? 1: Aspetti terminologici

NELL’ANTICO TESTAMENTO DIO È UNO O UNICO? 1: ASPETTI TERMINOLOGICI

Un lettore mi ha scritto: Carissimo fratello, shalom! Con la presente chiedo una lezione dettagliata su due parole ebraiche, dato che non conosco la lingua, così come scarsamente il greco. Le parole sono: ▪ 1. Echad; ▪ 2. Jachid.
     Le nostre traduzioni bibliche (Riveduta, N. Riveduta, Diodati) traducono [in Deuteronomio 6,4]: «È l’unico Eterno / Signore».
            Da un commentario ebraico abbiamo rilevato: «שמע ישראכ יחךח אלחים יחךח אחד», ossia: «Ascolta Israele, Jahwè è Dio, Jahwè è uno». [N.d.R.: l’ebraico è errato; vedi sotto]
     Come di sua conoscenza, vi è una battaglia ideologica tra coloro che sostengono una unità composta (echad) e coloro che sostengono una unità assoluta (jachid). Resta fermo il fatto che la dottrina della Trinità di Dio non va formulata da un singolo termine (però, è molto importante come valore teologico) e che non possiamo rifiutare di riconoscere che Dio sia non solo l’Essere supremo, bensì anche l’Uno e l’Unico. Egli è uno, perché non vi sono, né vi possono essere altre divinità; Egli è unico, perché le sue qualità sono esclusive e nessun altro essere le ha, né può le avere.
     Quindi, le chiedo quanto segue:
     1. La traduzione letterale corretta è «uno» o «unico»? Esiste in questo termine una unità composta? Le chiedo informazioni? I nostri traduttori, succitati, hanno considerato «echad» oppure «jachid» nel tradurre «unico»?
     2. Che differenza vi è tra «echad» e «jachid» rispetto alla natura di Dio?
     3. Che relazione c’è tra «l’uno» (echad) e il termine Elohim (Genesi 1,1.26; 3,22), che indica una pluralità?
     4. Se il termine ebraico «jachid» indica una unità assoluta, come mai non è stato utilizzato dallo scrittore ebraico nel comporre lo «Shema Israel» [Dt 6,4] essendo monoteista?
     In attesa di una sua esauriente risposta, nel più breve tempo possibile, la ringrazio anticipatamente: Shalom! {E. R.}

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Consiglio di non scrivere cose in ebraico, se non si è capaci di scriverlo, leggerlo e controllarlo (diverse lettere appaiono simili e, sbagliandosi, si stravolge tutto ); in tali casi è meglio riportare la traslitterazione in italiano. Ecco la versione corretta dello «Šema` Jiśerāel»:
  שמע ישךאל יהוה אלהינו יהוה אחד [ŠM` JŚR’L JHWH ’LHJNW JHWH ’ḤD].
     Ammetto che mi meraviglio di questo speculare terminologico, come se l’essere di Dio possa essere svelato da un termine o dall’altro, che moderni speculatori assolutizzano. Inoltre, se la rivelazione è progressiva, la Deità in tre persone si trova nel NT ed è rivelata da Cristo e dai suoi apostoli!
            Il termine ebraico ’ëchād non è nulla di particolare o di mistico, ma corrisponde perlopiù al termine italiano «uno, unico». Inoltre, in ebraico ha uno spettro ampio di significati molto vasto e, secondo i casi, può significare «uno (sia numero, sia articolo indeterminativo), solo, unico, qualsiasi, ciascuno, una volta, insieme»…
     Seguono i seguenti punti: 2. Analisi terminologica; [nella seconda parte: 3. Approfondimenti storico-teologici; 4. Aspetti conclusivi]. La seconda parte sarà messa in rete prossimamente.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Dio_uno_unic1_MT_AT.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}



ATTENZIONE! Per favore, non intervenire se, dopo aver letto l’intero articolo, ti rendi conto che ti manca la necessaria competenza in merito!

~~> Discuti questo tema qui o su "Facebook": https://www.facebook.com/notes/puntoacroce/nellantico-testamento-dio-%C3%A8-uno-o-unico-1-aspetti-terminologici/10150717938157990