lunedì 29 aprile 2013

Oltre i propri limiti


OLTRE I PROPRI LIMITI



«Tempo addietro pensavo che, ancor prima d’iniziare a cantare lodi a te, dovevo lamentarmi di tutta la mia miseria. Ora, ti ho contemplato, e sono del tutto trasformato, perché tu mi hai portato ben oltre i limiti di me stesso» (Matilde di Magdeburgo, 1207-1282; Fonte: «Limiti [Oltre i ~]»).



Ammetto di non avere molte simpatie per i mistici. Tuttavia, quando ho letto, tempo fa, la preghiera di questa mistica tedesca del Medioevo, ho dovuto pensare al rapporto fra uno sportivo e il suo allenatore, da cui aveva ricevuto finora istruzioni solo per telefono. Ogni volta che lui gli chiedeva come vanno gli allenamenti, era tutto un lamento sulle molteplici cose, che non andavano. Un giorno, l’istruttore venne lui stesso, gli fece vedere come bisogna fare, mostrandogli esempi concreti; ciò fu per l’allievo una vera trasformazione. L’addestratore lo fece provare, fece superare allo sportivo i limiti di se stesso, aumentò gradualmente la sua efficienza e portò l’allievo al massimo delle sue prestazioni. Tale atleta poté diventare un campione della sua categoria.



Similmente avviene nella vita di fede col nostro rapporto col Signore. Possiamo lamentarci con Lui di mille cose che non vanno nella nostra vita, negli altri, nelle circostanze, nel nostro servizio, e così via. Così creiamo una cortina fumogena, che ci impedisce di vedere, con gli occhi della fede, ciò che il Signore è e che cosa vuole da noi. Quando ci mettiamo a contemplare il Signore, mediante la meditazione della sua Parola, la lode personale e comunitaria, allora vediamo la sua grandezza e ci disponiamo a essere da Lui trasformati, allenati e portati molto di là dai nostri limiti. Allora la nostra vita di fede, le nostre giornate, il nostro servizio, i nostri rapporti con l’ambiente e con gli altri non saranno più gli stessi. Ci terremo sempre allenati, contemplando il nostro Allenatore e mettendo in pratica le sue istruzioni, e potremo essere vittoriosi




     ■ «Non sapete voi che coloro i quali corrono nello stadio, corrono bensì tutti, ma uno solo ottiene il premio? Correte in modo da riportarlo. Chiunque fa l'atleta è temperato in ogni cosa; e quelli lo fanno per ricevere una corona corruttibile; ma noi, una incorruttibile. Io quindi corro, ma non in modo incerto; lotto al pugilato, ma non come chi batte l'aria; anzi, tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, che talora, dopo aver predicato agli altri, io stesso non sia squalificato» (1 Corinzi 9,24-27).

     ■ «Non che io abbia già ottenuto il premio o che sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il corso, se mai io possa afferrare il premio; poiché anch'io sono stato afferrato da Cristo Gesù. Fratelli, io non reputo d'avere ancora ottenuto il premio; ma una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno dinanzi, proseguo il corso verso la mèta, per ottenere il premio della suprema vocazione di Dio in Cristo Gesù» (Filippesi 3,12ss).



Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?



Il resto dello scritto si trova sul sito.

     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Cres/T1-Oltre_limiti_Avv.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}



domenica 28 aprile 2013

Se la morte arriva un attimo prima

SE LA MORTE ARRIVA UN ATTIMO PRIMA

Quand’ero ragazzo, sentivo gli adulti che occasionalmente minacciavano di fare assolutamente una certa cosa, usando una simile formula di imprecazione: «Quant’è vera la morte [o l’ora della morte], se non fai subito questo, allora…». La morte o l’ora della sua venuta era, quindi, ritenuta assolutamente certa, tanto da poterla prendere come termine di paragone.
     Nella Bibbia ci sono esempi storici, in cui le persone furono avvisate da Dio che stavano, lì per lì, per morire. Classico è il caso di Mosè, l’uomo di Dio, a cui l’Eterno disse: «Tu morrai sul monte sul quale stai per salire, e sarai riunito al tuo popolo, come Aaronne tuo fratello è morto sul monte di Hor ed è stato riunito al suo popolo» (Dt 32,50). C’è anche da menzionare il caso del re Ezechia, a cui fu mandato il profeta Isaia, per dirgli: «Così parla l’Eterno: “Metti ordine alla tua casa; perché tu morirai e non guarirai”» (2 Re 20,1; Is 38,1).
     Ci sono, però, casi in cui gli uomini stanno facendo grandi progetti, quando Dio decide che è arrivata la loro ora, ed essa li coglie improvvisamente, senza che essi si sono ravveduti dalle loro opere malvagie. Classico è qui l’esempio di una similitudine riportata da Gesù. Un ricco proprietario terriero faceva grandi progetti per espandere le sue attività e diceva in cuor suo: «Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi, godi» (Lc 12,18s). Dio, invece, decise diversamente: «Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa l’anima tua ti sarà ridomandata; e quel che hai preparato, di chi sarà?”» (v. 20).
     Certo, si può credere di avere una marcia in più, un asso nella manica. Si può pensare di poter vivere a proprio piacimento, per poi ravvedersi in extremis, agli sgoccioli della propria vita. È una folle illusione. […]

 
     Il resto dello scritto segue sul sito
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mercoledì 24 aprile 2013

Antropocentrismo spiritualista?

ANTROPOCENTRISMO SPIRITUALISTA?

1. LE TESI: La parola d’ordine è «sì» e la porta d’accesso sei tu! Dio vuole avere con te una relazione vivente e dinamica, che non consiste in una visitina settimanale della domenica mattina. È un’amicizia, che dispensa vita momento per momento, giorno per giorno e che si sviluppa, quando impari a dimorare nella sua volontà e nella sua presenza manifesta.
     Dicendo che la porta d’accesso tra la dimensione terrena e la dimensione celeste sei tu, voglio intendere che tutto ciò che è menzionato sopra e tutto quello è menzionato nelle Scritture, è già tuo per mezzo di Gesù Cristo; e, per il fatto che sei in accordo con Dio, consenti a tutto ciò, che è nell’eternità, di sgorgare attraverso di te e fuoriuscire verso gli altri.
     Tutte le promesse di Dio sono «sì» e «amen» in Gesù, ed Egli vive in te (2 Corinzi 1,20). Nel luogo santissimo della presenza di Dio puoi continuamente godere di ogni cosa, che ha in serbo per te. È veramente il donatore di ogni dono buono e perfetto (Giacomo 1,17). È il tuo amorevole Padre celeste, che ha cose grandi e meravigliose pronte per te proprio ora. {Nunzio Lo Nardo; 24-04-2013; adattamento e formattazione redazionali}



2. OSSERVAZIONI E OBIEZIONI: In questo scritto sono scritte cose buone, ma ci sono alche alcune imprecisioni, che probabilmente non erano nelle intenzioni dell’autore, ma che si prestano facilmente a equivoci e cattive interpretazioni. L’autore farebbe, quindi, bene a spiegare meglio il suo pensiero. Ecco qui di seguito la mia analisi di alcuni elementi ambigui.
     ■ Si afferma: «la porta d’accesso tra la dimensione terrena e la dimensione celeste sei tu». Di là dalle buone intenzioni dell’autore, tale pensiero può essere fonte d’equivoco nel senso dello spiritualismo esoterico (gnosticismo, new age, ecc.). L’unica «porta» fra la terra e il cielo nella sacra Scrittura porta un nome preciso: Gesù Cristo. «Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato, ed entrerà e uscirà, e troverà pastura» (Gv 10,9). Inoltre, il Mediatore fra Dio e l’uomo, è solo uno: Gesù Cristo, essendo Egli Dio e uomo (1 Tm 2,5).
     ■ Si afferma: «...per il fatto che sei in accordo con Dio, consenti a tutto ciò che è nell’eternità di sgorgare attraverso di te e fuoriuscire verso gli altri». Anche questo è molto equivoco e presta il fianco allo spiritualismo misticheggiante, se non esoterico. Ciò che è nell’eternità, rimane lì in attesa che si realizzi alla fine dei tempi, e non sgorga nell’uomo (altrimenti egli esploderebbe o ne verrebbe consumato), né egli ne diventa dispensatore per gli altri. Gesù non parlò di «tutto ciò che è nell’eternità», ma dello Spirito Santo: «Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Ora disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che crederebbero in lui» (Gv 7,38s). L’unica cosa, che oggigiorno il credente può dispensare agli altri è la Parola dell’Evangelo e le opere di bene.
     ■ È vero «quante sono le promesse di Dio, tutte hanno in lui [= Cristo] il loro “sì”» (2 Cor 1,20). Tuttavia, le promesse non sono ancora il pieno adempimento delle cose. Oggigiorno, attendendo «tutto ciò che è nell’eternità», camminiamo ancora per fede e non per visione (2 Cor 5,7). Una cosa è avere la «caparra», altra cosa è avere il pieno possesso delle cose (cfr. 2 Cor 1,22; 5,5); così oggi siamo suggellati per il giorno della redenzione finale (Ef 4,30).

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lunedì 22 aprile 2013

Fede in Dio o fede di Dio?


FEDE IN DIO O FEDE DI DIO?

 

Un lettore mi ha scritto quanto segue: Ciao Nicola, […] avrei bisogno di un chiarimento su Marco 11,22, in particolare sull’espressione «Abbiate la fede di Dio»; soltanto il Diodati lo traduce in questo modo, tutte le altre traduzione riportano «Abbiate fede in Dio». Dato che ho sentito dei sermoni, che facevano uso della versione del Diodati e che mettevano l’accento sulla fede di Dio, vorrei sapere che cosa voleva dire in origine questa espressione. Grazie per la risposta. […] {Mimmo Longo; 21-03-2013}
 
Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondo come segue:
 
1. ENTRIAMO IN TEMA: Faccio notare che non è Giovanni Diodati ad aver tradotto «Abbiate la fede di Dio!», ma quella traduzione, che oggi è accreditata come «Nuova Diodati». Nessun altra Bibbia italiana ed estera, da me consultata, traduce così. Già questo dovrebbe lasciar pensare.
     In una struttura con caso genitivo («A di B») il complemento di specificazione («di B») può essere rapportato a un soggetto o a un oggetto. Si noti, ad esempio, quanto segue:
     Amor di mamma: amore, che la mamma dà; la mamma dà amore.
     Amor di patria: amore, che uno ha nei confronti della patria; uno ama la patria.
     Ad esempio, la locuzione genitiva greca pístis alētheías significa «fede nella verità» (2 Ts 2,13); cfr. elpís tũ kyríū «speranza nel Signore» (1 Ts 1,13).
     Addirittura la struttura «A di B» può intendere «A = B», ad esempio nell’espressione «il dono (il simbolo) della fede» intende «il dono (il simbolo), che è la fede» = «la fede quale dono (simbolo)». Similmente «materia di fede» intende «materia, che attiene alla fede».
 
2. ANALISI DELLE QUESTIONI: Quanto detto finora, mostra che le strutture col genitivo possono avere vari significati. In ebraico e in greco la «fede (= fiducia) di Dio» può intendere, secondo i casi, sia la «fede, che Dio dà», sia la «fede (= fiducia, fedeltà), che Dio esercita» in qualcuno (Rm 3,3), sia «fede, che qualcuno esercita in Dio» (▪ pístis Theũ Mc 11,22).
     In Mc 11,22 ricorre in greco Échete pístin Theũ, quindi «Abbiate fede di Dio». Il termine pístis significa «fede, fiducia, fedeltà», ed è il contesto a mostrarne il significato in italiano. Si tratta di una nuance letteraria per «Abbiate fede in Dio», come traducono la stragrande maggioranza delle traduzioni italiane ed estere. Non darei molta importanza a ciò. In Rm 3,3 ricorre la locuzione tḕn pístin tũ Theũ, ossia «la fede / la fedeltà di Dio». Inoltre, in Ap 14,12 «i comandamenti di Dio» e «la fede di Gesù» (tḕn pístin Iēsũ) si equivalgono, e qui «fede» intende il contenuto d’essa, ossia la dottrina di Gesù.
     Quanto detto per la connessione genitiva fra fede e Dio vale con altre persone: ▪ pístis Christũ Gal 2,16 (v. 26 pístis en Christõ = Col 1,4; 1 Tm 3,13; 2 Tm 3,15); Fil 3,9; ▪ pístis Iēsũ Rm 3,22.26; Gal 2,16; 3,22; Ap 14,12; ▪ pístis tũ kyríū Iēsũ Gcm 2,1; ▪ pístis tũ hyíũ Gal 2,20). Gesù parlò anche della pístis eis emé «fede in me» (At 26,18; cfr. Ef 3,12 pístis autũ «fede in lui»).
     Per cui non v’è nessuna differenza fra pístis Theũ e pístis en Theõ, visto che ambedue le locuzioni significano «fede in Dio». Lo stesso vale per pístis pròs tòn Theón «fede nei confronti di Dio» (1 Ts 1,8; cfr. Rm 5,1 presso Dio), pístis eis Theón «fede in Dio» (1 Pt 1,21) e pístis epì Theón «fede in riferimento a Dio» (Eb 6,1).
 
Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 3. Ulteriori approfondimenti; 4. Aspetti conclusivi.
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Fede_Dio_Mt.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}
 
 

sabato 20 aprile 2013

Ritirata strategica

RITIRATA STRATEGICA

1. Una ritirata strategica è, nel linguaggio militare, un arretramento delle truppe, per sottrarsi un’offensiva del nemico o a un suo tentativo di accerchiamento. Non è solo un modo per evitare un insuccesso o costringere il nemico a mutare i suoi piani, ma può essere una strategia per potersi attestare su posizioni migliori e per contrattaccare meglio a tempo debito.
     Il generale, che non sa quando ritirarsi da una battaglia, perderà l’intera guerra. Non basta che egli sappia schierarsi, dar battaglia contro l’avversario e mostrare la sua abilità strategica e il suo eroismo. Egli deve essere competente anche di una strategia di fuga, che permetta la salvezza del proprio esercito. Così potrà compattare le forze disponibili, riprendere fiato, rivedere la strategia di lotta e attaccare i nemici in modo efficace.
     Il cristiano biblico ha vari nemici, dinanzi a cui fuggire a tempo debito, ad esempio: il mondo, la concupiscenza di qualsiasi specie, la carnalità, false dottrine, errate pratiche di vita, e così via. Solo così potrà essere vittorioso. 


 2. Punti da ponderare:
     ■ È improbabile che non ci si bruci, esponendosi al fuoco.
     ■ Difficilmente ci si manterrà integri, bazzicando in ambienti pieni di amoralità.
     ■ Chi va con lo zoppo, impara a zoppicare.
     ■ Le cattive compagnie rovinano i sani principi.
     ■ Lot decise di recarsi a Sodoma e, pur rimanendo integro egli stesso, rovinò la sua famiglia.
     ■ Chi cammina in mezzo al fango, non può pretendere di rimanere pulito.

Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Il resto dello scritto si trova sul sito.
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giovedì 18 aprile 2013

Realtà e prospettiva ideologica

REALTÀ E PROSPETTIVA IDEOLOGICA
 


1. Attenzione alle facili ideologie
     Ho trovato tale immagine in rete e vi ho fatto le mie osservazioni critiche su di essa. Si afferma: «Quando cambi il modo di osservare le cose, le cose che osservi cambiano». Poi si attribuisce ciò falsamente alla «fisica quantistica» e si firma il tutto con «Meditazioni e chakra»; l’autore è quindi un seguace della filosofia e della religione orientali.
     Tale affermazione non è vera e non c’entra nulla con la fisica quantistica. La fisica quantistica non c’entra nulla con le meditazioni e i chakra! Si vuole fare solo effetto, per accreditarsi. Mentre la fisica quantistica ha a che fare con cose reali, la filosofia orientale vuol far credere che tutto sia illusione, ossia che uno non vedrebbe le cose reali, ma solo chimere. Tuttavia, l’oggetto non si può ridurre alla sua proiezione; questo sì che ce lo insegna la scienza.
     Le cose non cambiano sostanza, cambia soltanto la prospettiva di chi guarda. E se, osservando le cose, non si tengono presenti le altre prospettive, ma ci si fissa su una soltanto, si prenderanno solo cantonate. La sostanza rimane coerente con se stessa di là dalle nostre prospettive su di essa. Ad esempio, chi lavora in una fabbrica di cioccolato, non può pensare che questo suo modo di osservare le cose trasformi il mondo in cioccolata.
     Si tratta della solita tattica delle filosofie orientali, che strumentalizzano non solo la realtà, ma anche la scienza, per accreditarsi e accreditare le proprie illusioni. In pratica, si tratta di un falso sillogismo, usato per accreditare una prospettiva esoterica della realtà.

2. La realtà delle cose
     L’unica cosa vera di tale immagine, è quanto segue. Osservando le cose, non bisogna rigidamente credere che il proprio punto di vista coincida con tutta la realtà, ma bisogna avere la mente aperta, per cogliere le diverse angolazioni e sfumature e per addivenire a un’analisi e a una concezione il più globale possibile e il più vicino possibile alla realtà delle cose. Ad esempio, se si analizzano le molecole dell’H2O da tutti i punti di vista, si prenderà atto che sul nostro pianeta esse non si trovano soltanto allo stato liquido (acqua dal rubinetto), né soltanto a quello solido (ghiaccio nel frigo), né soltanto a quello gassoso (vapore nella sauna). Qui il modo di osservare le cose, non muta la realtà, ma arricchisce la nostra concezione d’essa.

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 3. Rimanere realisti; 4. Uso corretto delle cose.
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A1-Real_prospet_MeG.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

lunedì 15 aprile 2013

La guida per il viaggio della vita

LA GUIDA PER IL VIAGGIO DELLA VITA

«Signore, mostrami le tue vie, fammi conoscere il tuo sentiero, che io possa seguire fedelmente ogni cenno della tua mano. Guidami nella tua verità, conducimi su sentieri diritti! Dio, mia salvezza, io ti cerco, ogni giorno persevero nella tua grazia» (Matthias Jorissen, 1798; tradotto e adatto dal tedesco da Nicola Martella).

La vita può essere paragonata a un lungo viaggio. In fatti, il viaggio è una delle metafore più illustrative e pregnanti, per descrivere la vita umana. Al riguardo ho trovato la seguente poesia di Antonio Machado (1875-1939, scrittore spagnolo):
Tu che sei in viaggio,
sono le tue orme
la strada, nient’altro;
tu che sei in viaggio,
non sei su una strada,
la strada la fai tu andando.
Mentre vai si fa la strada
e girandoti indietro
vedrai il sentiero che mai
più calpesterai.
Tu che sei in viaggio,
non hai una strada,
ma solo scie nel mare.
  
www.diakrisis.altervista.org/_Prob/T1-Guida_viaggio_Avv.htm


Ecco altre definizioni della vita rapportate al viaggio: La vita è stata paragonata al viaggio per altre terre, al viaggio in barca a vela, al viaggio senza ritorno, a una lunga crociera, al viaggio in treno, al lungo viaggio di un pellegrino… […]

Per intraprendere al meglio il viaggio della vita, bisogna prepararsi adeguatamente. […] Chi ha già fatto il percorso della vita ed è tornato da tale viaggio, è la persona più indicata per accompagnarci a destinazione. Gesù Cristo è il risorto dai morti. Egli disse all’apostolo Giovanni, a cui si rivelò: «Non temere, io sono il primo e l’ultimo, e il vivente. Ero morto, ma ecco sono vivo per i secoli dei secoli, e tengo le chiavi della morte e dell’Ades» (Apocalisse 1,17s). Il Signore Gesù è l’unico, che è stato nell’aldilà, che è tornato, che sa la via e che può accompagnare sicuro ognuno, che si affida alla sua guida. Per questo egli viene chiamato il «precursore»: «Noi abbiamo questa [speranza] come ancora dell’anima, sia sicura che ferma, e che entra all’interno della cortina, dove quale precursore per noi entrò Gesù» (Ebrei 6,19s; traduzione propria). E ancora: «…corriamo con perseveranza la gara postaci davanti, mirando verso Gesù, precorritore e perfezionatore della fede» (Ebrei 12,1s; traduzione propria).

Il resto dello scritto si trova sul sito.
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sabato 13 aprile 2013

Il potere di tradizioni e convenzioni nelle chiese

IL POTERE DI TRADIZIONI E CONVENZIONI NELLE CHIESE

La pratica usuale, il consenso, l’abitudine e quant’altro ci portano spesso a credere che il nostro modo di fare coincida del tutto con la prassi degli apostoli e della chiesa primordiale. Leggendo la Scrittura, si è portati a credere che i credenti del primo secolo fossero caratterizzati come noi, ad esempio, dai seguenti elementi socio-religiosi: avessero dei locali di culto, dei conduttori o un pastore, che andassero in chiesa di domenica, celebrassero ogni domenica la cena del Signore, ci si sedesse nella sala come da noi, i culti avessero la «liturgia» della nostra comunità, eccetera. Può, quindi, succedere che il linguaggio religioso odierno (p.es. «unzione») e le varie pratiche religiose correnti (p.es. borsa delle offerte passata durante il culto) siano ritenuti «biblici» e addirittura usati come chiave ermeneutica, per spiegare alcune espressioni presenti nella Bibbia (p.es. «rompere il pane») e alcune pratiche della chiesa primordiale (p.es. la colletta). Le cose non stanno sempre e proprio così, ma l’uso e la convenzione danno l’illusione che questo sia il vero tenore delle cose. Questo non è solo da cercare nelle grandi denominazioni cristiane (prete, messa, sacramenti, struttura ecclesiale, papato, patriarcato, dottrine ecc.), ma anche nelle chiese libere di diversa nomenclatura e aggregazione.
     Certamente al tempo del NT venivano praticate delle buone tradizioni, come insegnate da Gesù, dai suoi dodici apostoli, da Paolo e da altri come lui. Il problema sta nel fatto di ritenere che le nostre abitudini, tradizioni e convenzioni religiose corrispondano alla prassi apostolica! È chiaro che ogni uso basato sulla convenzione e sulla tradizione, se non viene analizzato criticamente, può impedire l’accertamento della reale verità biblica e storica. Ed è quest’ultima, che a noi interessa appurare, non proiettare i nostri usi e costumi religiosi nella Scrittura, per crederli ortodossi.
[…]
     Qual è l’elemento distintivo degli evangelici? Quale dev’essere la loro «identità» e il loro «posizionamento» sulla base del nuovo patto e in modo indipendente dalle tradizioni (anche dall’anti-tradizionalismo altrui) e dalle convenzioni, e nel senso di un’azione biblica, invece che una reazione alle esagerazioni o alle dottrine e alle pratiche religiose altrui, ritenute sbagliate? Quale può essere definita una buona e salutare tradizione dei «cristiani biblici»?

Sul sito segue il resto dell’articolo…
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Tradiz_convenz-GeR.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}




giovedì 11 aprile 2013

Dotti ignoranti in rete

DOTTI IGNORANTI IN RETE

È una cosa positiva che tutti possano esprimere le proprie convinzioni e opinioni, e non solo un piccolo numero di persone acculturate. La sapienza di vita non si misura con la quantità d’informazioni, che si hanno. Anche la verità non può essere condizionata dalla forma espressiva.
     Tuttavia, la rete è per alcuni una sorta di «sfogatoio». Per altri è una «arena», in cui combattere le opinioni altrui. Per altri ancora la rete è il luogo, in cui burlarsi (magari anonimamente) di tutti e di tutto, facendo i «troll».
     Alcuni non hanno nulla da dire, né sanno come dirlo. Arricchiscono le loro bacheche di «taglia e incolla» di altri, omettendo autori e fonti; forse vogliono fare così bella figura.
     Infine, ci sono i dotti ignoranti. Essi pensano che ciò, che scrivono sia saggio e vero, solo perché lo scrivono loro. Scrivono in genere di getto, in modo sgrammaticato, usando poca punteggiatura o solo puntini sospensivi. Spesso usano un linguaggio da SMS. Se fai qualche osservazione o obiezione al contenuto di quanto scrivono (non parliamo di suggerire loro di migliorare la forma!), si rivoltano contro come delle belve fameliche.
     Sebbene la logica del dotto ignorante sia lacunosa, il suo modo di pensare sia scarso, il modo di argomentare carente e poco probante, egli si sente «filosofo» e «maestro di vita». Come si permette il resto dell’umanità a fare rilievi critici sul suo pensiero? Non sanno essi con chi hanno a che fare? Non dovrebbero esse voler bere alla fonte della sua mirabile intelligenza? Non sanno che con lui morirà l’intera sapienza?
     A un tale «filosofo» consiglio la chirurgia etica e di farsi rifare il senno.

Per l’approfondimento biblico (Il senso di questa lista di versi è di stimolare la riflessione dei lettori, per aiutarli formulare contributi confacenti al tema):
            ■ «Non rivolgere la parola allo stolto, perché disprezzerà il senno dei tuoi discorsi» (Proverbi 23,9).
     ■ «Le parole della bocca del saggio sono piene di grazia; ma le labbra dello stolto sono causa della sua rovina. Il principio delle parole della sua bocca è stoltezza e la fine del suo dire è malvagia pazzia. Lo stolto moltiplica le parole…» (Ecclesiaste 10,12ss). […]

Il resto dello scritto si trova sul sito.
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mercoledì 10 aprile 2013

Il mio coniuge è morto. E ora?

IL MIO CONIUGE È MORTO. E ORA?

Alcuni hanno avuto una continua vita conflittuale col coniuge. Per altri il rapporto coniugale è stato abbastanza «normale». Poi, il coniuge non c’è più.
            La morte improvvisa: Lì per lì il mondo mi è crollato, dice il coniuge rimasto. Quando ciò è successo, si sono fatti strada stati d’animo alterni e contrastanti: l’incredulità, il rifiuto, i tanti perché. Che sarà ora di me? Cominciano i meccanismi di transfer: vorrei essere morto io al suo posto (così non avrei, ora, tali problemi). I funerali tengono alquanto impegnati. Dopo qualche giorno, ci si ritrova soli con se stessi: quasi tutti i condolenti non ci sono più. Ci si chiede, quindi, più consapevolmente, che succederà ora che l’altro non c’è più. Che farò io senza di lui / di lei? Ce la farò? Chi o che cosa mi darà sostegno?
            La lunga malattia: Ora se ne andato, pensa il coniuge rimasto. Da parecchio tempo tutto girava intorno alla sua malattia, ogni cosa era in funzione d’essa, anch’io. Ora c’è il vuoto, manca ogni bussola nella vita. Sì, tutto era annunciato, ma che sarà ora di me? Finché viveva, avevamo una piccola speranza, a cui aggrapparci: ora non c’è più nulla, se non il vuoto e un labirinto, da cui non so come uscire. Ce la farò? Come farò a esistere senza di lui / di lei?

Quando muore il coniuge, dapprima si rimane «sospesi» tra sogno e realtà, come se la situazione potesse ancora cambiare, come se ci si è soltanto sbagliati, come se il tutto fosse stato solo immaginazione e presto ci si potrebbe risvegliare.
            Poi segue il rifiuto di ciò che è accaduto, il dispiacere per ciò che è successo all’altro, ma anche arcani timori per se stessi («che sarà ora di me?»). La mente si rende veramente (!?) conto della portata dell’accaduto, dapprima quando la cassa viene sigillata e poi quando lentamente il muratore la mura dentro il loculo, mattone dopo mattone.
            Ora, i sentimenti esplodono con moti alterni, consolandosi e disperandosi, accusando(si) e scusando(si). Dietro a quel muro esile vengono seppelliti tutti gli atti d’amore e d’odio, le proprie ragioni, i contrasti palesi e quelli sotto la cenere, le incomprensioni, le ostinazioni, gli atti di generosità e di sacrificio, quelli di egoismo e di crudeltà… Improvvisamente bisogna mettere proprio tutto agli atti? Bisogna chiudere il capitolo: e quale aprire? […]

     Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: Continuazione dello scritto; I contributi dei lettori.
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Coniuge_morto_EnB.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}


~~> Discuti questo tema qui o su "Facebook": https://www.facebook.com/notes/puntoacroce/il-mio-coniuge-%C3%A8-morto-e-ora/10151618383497990

sabato 6 aprile 2013

Angoscia e resa a Dio

ANGOSCIA E RESA A DIO

1. Ci sono molte situazioni inquietanti nella vita. […]
 


2. Dietrich Bonhoeffer (1906-1945), teologo evangelico, durante la seconda guerra mondiale, finì per lungo tempo nelle prigioni naziste a causa della sua fede biblica e della sua resistenza al nazismo e fu giustiziato per impiccagione in un campo di concentramento il 9 aprile 1945, pochi giorni prima della fine della guerra. Durante tale periodo, lontano dalla famiglia e aspettando il peggio, nacque la seguente preghiera, in cui l’angoscia divenne resa a Dio.
     «O Signore Dio, una grande angoscia è venuta su di me. Le mie preoccupazioni vogliono strangolarmi. Non conosco alcuna via d’uscita. O Dio, sii misericordioso e aiuta, da’ la forza per portare ciò, che tu mandi, fa’ che la paura non domini su di me. Provvedi tu paternamente per i miei cari, particolarmente per moglie e figli, proteggili con la tua forte mano da ogni male e da ogni pericolo. Dio misericordioso, perdonami tutto quello, che verso di te e verso gli uomini ho peccato. Io confido nella tua grazia e metto la mia vita completamente nella tua mano. Fa’ tu di me, come ti piace e come è buono per me. Che io viva o muoia, io sono con te e tu sei con me, mio Dio. Signore, io attendo la tua salvezza e il tuo regno. Amen» (Dietrich Bonhoeffer; tradotto e adattato da Nicola Martella).

3. Domande di lavoro (Le seguenti domande di studio servono per stimolare chi vuole approfondire l’argomento e per orientare la discussione):
     Come ti comporti nei momenti, in cui ho perdi la bussola, sei disorientato, ti sembra di sprofondare, senti che ti sale l’acqua alla gola e sei preso dall’angoscia?
     ■ Come ti rapporti con Dio in tali momenti? Lo perdi di vista, concentrandoti sugli eventi, o cerchi ancor di più la sua presenza?
     ■ Vivi il tuo problema cristocentricamente ed escatologicamente, ossia mettendo Cristo al centro e rapportando ogni cosa al tempo della fine?
     ■ Oltre a credere in Dio, hai mai sperimentato una totale resa nelle mani di Dio, cosicché la tua vita sia cambiata completamente di là dalle circostanze e dai fatti contingenti?
     […]
     Questa è una sintesi, l’intero scritto si trova sul sito.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Prob/T1-Angoscia_resa_Esc.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

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