giovedì 30 maggio 2013

Esiste il termine «nipoti» nella Bibbia?

ESISTE IL TERMINE «NIPOTI» NELLA BIBBIA?

1. LE QUESTIONI: Avevo lanciato una piccola sfida alla ricerca, scrivendo: Lo sapevi che nel testo ebraico dell’AT e in quello greco del NT manca un termine per «nipote»? Eppure nelle nostre Bibbie compare due volte. Come mai?.
     Avevo, quindi, rimandato nelle «Curiosità bibliche» al lemma «Mancano nella Bibbia», dove avevo messo delle informazioni in merito, appena aggiornate. Le riporto qui di seguito:

L’ebraico e il greco della Bibbia non hanno un termine per nipote, ma si usava «figlio /a» nel senso di «figlio /a del figlio o della figlia» (cfr. 2 Sm 19,24 TM Mefibošet, figlio di Saul, LXX [v. 25] figlio di Gionathan, figlio di Saul; 2 Re 8,26 [TM e LXX] Athalja, figlia di Omri). Per questo l’autore della lettera agli Ebrei dovette usare la macchinosa espressione «figlio della figlia di Faraone» (Eb 11,24). [Legenda: TM = Testo Masoretico (AT ebraico); LXX = Settanta (AT greco)]

Due lettori mi hanno posto le seguenti questioni, dandomi una forte provocazione sul termine «nipoti».
     ■ In Giobbe 18,19 e 1 Timoteo 5,4 compare «nipote». Per l’ebraico non era in uso, o meglio veniva altrimenti specificato. Per il greco, ekgona è un termine generico, che indica discendenti. Mi piace Nicola, perché ci sprona a consultare traduzioni interlineari, dizionari e commentari. Comunque, fratello caro, come mai si preferisce una lezione piuttosto che un’altra? Perché le traduzioni in Timoteo hanno ekgonos «nipote»? Le traduzioni contemporanee si fondano o si basano anche sulle traduzioni del passato? {Pietro Calenzo; 26-05-2013}

     ■ Grazie, caro fratello Nicola, concordo appieno con ciò, che ha scritto il fratello Pietro, perché la curiosità ci spinge a ricercare e studiare. Ma, a questo punto, poiché a me ogni aggiunta fa sempre venire in mente una mancanza di riguardo nei confronti di Dio e anche perché la mia curiosità è stata stimolata, per quale motivo aggiungere termini mancanti negli originali? {Rita Fabi; 26-05-2013}

Certo, lì per lì sono rimasto perplesso e, provocato, mi sono messo al lavoro. Possibile che abbia trascurato tale termine plurale? Possibile che mi sia sbagliato e che nell’ebraico e nel greco della Bibbia ci sia un termine specifico per «nipote»?

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 2. Le risposte: 2.1. Entriamo in tema; 2.2. I nipoti nella Bibbia (brani: ● Gn 21,23; Gb 18,19; Is 14,22; ● Gdc 12,14; 1 Cr 8,39; ● 1 Tm 5,4); 3. Aspetti conclusivi.
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Nipoti_BB_MT_AT.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}


 

martedì 28 maggio 2013

Dal circolo vizioso al circolo virtuoso

DAL CIRCOLO VIZIOSO AL CIRCOLO VIRTUOSO

1. Dalle stelle alle stalle
     Può succedere che abbiamo buoni propositi e ci prefiggiamo degli ottimi obiettivi per la nostra fede, per la nostra devozione e per la nostra vita. Siamo semplicemente entusiasti e il vento sembra gonfiare le nostre vele e spingerci avanti.
     Poi, succede qualcosa che spezza l’idillio e ci toglie la serenità. Troviamo delle pietre sulla strada, che ci fanno inciampare, degli ostacoli non previsti o qualcuno che ci mette il bastone fra le ruote. E spesso la causa è rappresentata proprio dalle persone vicino a noi che, appena vengono a conoscenza dei nostri intenti e dei nostri obiettivi, remano contro e ci mortificano. Allora la nostra vita viene lì per lì scompigliata.
     Quando la fede nel Signore è debole o si è ancora troppo immaturi nella fede, stranamente alcuni credenti si fanno condizionare da ciò. La cosa singolare è che si isolano dai fratelli, rinunciando proprio al rimedio per il loro malessere: condividere la comunione fraterna! Il risultato è che spesso comincia nella loro vita un «circolo vizioso», che permette al male di vincerli e di isolarli ancor di più dalla comunione col Signore e con i fratelli. Dove ciò accade, il diavolo e la carne hanno vinto!
     Il mio motto, che ripeto a tali credenti, che si isolano dalla comunione, è il seguente: «Il tizzone lontano dal camino si raffredda lentamente e neppure se ne accorge». Chi si isola dalla comunione fraterna, perché ha dei problemi, non solo non li risolve, ma essi si accentuano sempre di più, unitamente alla propria carnalità.
     Come fare per passare dal «circolo vizioso» al «circolo virtuoso»? Lo vedremo nei prossimi punti. 



Sul sito seguono i seguenti punti: 2. Invertire la rotta; 3. Dalla vecchia alla nuova prospettiva; 4. Per l’approfondimento biblico.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Cres/A1-Circolo_vizio_virtu_EnB.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

lunedì 27 maggio 2013

Potenza del sangue? Parliamone



POTENZA DEL SANGUE? PARLIAMONE

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Potenza del sangue?».
     Nella Bibbia la potenza (forza, efficacia, ecc.) è legata sempre alla «persona», termine derivato latino e che non ricorre nel linguaggio al tempo della Bibbia, dove è indicato con termine come «anima, nome».
     Fu il pensiero magico dei pagani a insegnare che anche le cose, qualora assoggettate a riti, potessero immagazzinare una potenza e rilasciarla durante l’uso. Specialmente le «religioni dei misteri» (gr. mysterion = lat. sacramentum) mettevano un forte accento sull’uso sacramentale degli oggetti e delle sostanze consacrate all’interno di un rito. Quando alcuni esoteristi si convertirono all’Evangelo, cristianizzarono alcune dottrine e costumi delle «religioni dei misteri», accreditando così il pensiero magico e sviluppando una concezione e una prassi sacramentale nelle chiese. Allora si venne a credere che oggetti appartenuti a Gesù o a uno dei personaggi, che lo seguirono, possedessero una particolare potenza o energia. Da qui nacque il culto delle reliquie (presunte parti della croce, chiodi della crocifissione, indumenti, ossa, ecc.) e il sacramentalismo, secondo cui sostante (acqua, olio, ecc.), una volta consacrate, accumulassero in sé energie divine, che agirebbero nell’atto del loro uso. Tale idea sacramentale fu trasferita anche a parti del corpo di Gesù (sacro cuore, sangue) ed è stata tenuta in vita dal consenso religioso.
     Gli evangelici, sebbene si siano liberati dal pensiero magico e dal sacramentalismo religioso, conservano purtroppo ancora alcuni elementi di tale concezione gnostica, ad esempio quando parlano della «potenza del sangue di Gesù». Abbiamo visto che nella Bibbia una tale concezione non esiste per nulla. Gli evangelici e tutti i cristiani farebbero bene a dismettere una tale concezione e a smettere d’invocare il «sangue di Gesù», poiché esso non potrà soccorrere. Solo Gesù Cristo nella sua interezza e nella sua potenza può soccorrere efficacemente.

Sul sito seguono i contributi dei lettori e le mie eventuali osservazioni…
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Potenza_sangue_UnV.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}




venerdì 24 maggio 2013

Potenza del sangue?

POTENZA DEL SANGUE?
 


1. La questione
     Ho trovato in rete per l’ennesima volta tale immagine, che ho assoggettato a rettifica («errata - corrige»). In essa si parla della «potenza del sangue di Gesù». Lì per lì, per via dell’uso comune, ciò potrebbe suscitare l’assenso di chi conosce le Scritture, sennonché resta un retrogusto amarognolo, come se qualcosa non collimasse al cento percento. In effetti, tale slogan dottrinale viene ripetuto continuamente nelle chiese, specialmente da parte di chi vede nel sangue una specie di «sacramento» e usa tale locuzione anche all’interno di formule esorcistiche. Alcuni addirittura invocano tale «potenza del sangue», pensando così di mettersi al sicuro rispetto al diavolo e a spiriti! Per questo è nata una certa convenzione dottrinale; a ciò si aggiunga una certa «mistica del sangue», su cui sono state costruite altre dottrine anche nella religione popolare (cfr. la venerazione del sangue di vari «santi»). Alla luce di un’analisi seria della Scrittura, bisogna affermare: È una falsa dottrina.

2. L’analisi biblica
     Nella Bibbia i lemmi «potenza» e «sangue» non ricorrono mai insieme in nessun verso. Quindi, parlare della «potenza del sangue», è un luogo comune… […] 3. Aspetti conclusivi […]

4. Domande di lavoro (Le seguenti domande di studio servono per stimolare chi vuole approfondire l’argomento e per orientare la discussione):
     ■ Hai mai analizzato il tuo linguaggio religioso con la Bibbia, al fine di verificarlo? A quale conclusione sei giunto?
     Come ti comporti, quando trovi nelle tue idee e nel tuo linguaggio questioni che, sebbene sorrette dalla convenzione religiosa e dall’uso, non hanno sostanza nella Bibbia o sono addirittura in contrasto con essa?
     ■ La tua tendenza, in tali casi, è quella di rettificare le tue opinioni e il tuo linguaggio sulle cose certe della Bibbia, o cerchi di adattare quest'ultima al tuo mondo d’idee, facendo uso di allegorie, spiritualizzazioni arbitrarie e «salti mortali» interpretativi?
     ■ In tali questioni che cosa significa, secondo te, andare oltre ciò, che è scritto (1 Cor 4,6), aggiungere o togliere dalla Parola di Dio (Dt 4,2; 12,32; Ap 22,18s), non tagliare rettamente la parola della verità (2 Tm 2,15) o addirittura adulterare la Scrittura (2 Cor 2,15)?

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 2. L’analisi biblica; 3. Aspetti conclusivi.
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Potenza_sangue_Sh.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

lunedì 20 maggio 2013

Gravidanza e maternità fra gioie e dolori



GRAVIDANZA E MATERNITÀ FRA GIOIE E DOLORI

Le donne gravide sono per me meravigliose e suscitano sentimenti di mistero, rispetto e tenerezza perfino negli uomini più duri, abituati in genere a vedere nel gentil sesso specialmente delle «femmine» o degli oggetti di turbamento sessuale. Ho vissuto da vicino diverse gravidanze di mia moglie e, oramai, anche le mie figlie sono state incinte. Nella mia esperienza ho notato una trasformazione misteriosa e meravigliosa della donna in tali periodi. Tranne che in casi particolari o patologici, ella ne guadagna in qualità: diventa più tranquilla (anche i tratti si rilassano), armoniosa, pacata, conciliante, particolarmente femminile; il suo presente è sereno, lo sguardo al futuro la rende speranzosa e fiduciosa. In genere, i problemi e i conflitti di sempre, le difficoltà e le circostanze avverse vengono particolarmente filtrati, relativizzati e ammortizzati. (Certo in casi patologici una gravidanza può anche amplificare i malesseri già esistenti.)
     Ho notato che la gravidanza diventa per molte donne anche un toccasana. Alcune trovano in essa la conferma e l’adempimento della loro femminilità. Per altre ciò coincide con un riscatto personale e sociale e godono di essere, perciò, al centro delle attenzioni e delle premure degli altri. La gravidanza porta in alcune anche una certa forma di guarigione personale e psichica da egotismo, psicosi, complessi di inferiorità, patologie da relazione, eccetera. L’occupazione con l’essere in divenire e col «nido» per accoglierlo allontana da tante cose patogene e da fonti di malessere. In genere, una donna esce da una gravidanza e da un parto in gran parte trasformata, più forte e più capace di vivere.
     In genere, dopo il parto, le donne trovano realizzazione e appagamento anche in tale creatura venuta alla luce. Eppure, alcune donne, pur avendo avuto una felice gravidanza e una «dolce attesa», dopo il parto vedono la loro vita sconvolta, cadono in depressione e tutti i problemi del mondo sembrano essere i loro. Questo è ciò che risulta dal primo contributo...



Sul sito seguono i contributi dei lettori e le mie eventuali osservazioni…
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Gravidanza_maternita_S&A.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

venerdì 17 maggio 2013

Battesimo e dintorni: parliamone

BATTESIMO E DINTORNI: PARLIAMONE

Nell’articolo «Battesimo e dintorni» abbiamo detto che ogni neofita fa bene a camminare con la comunità, in cui è venuto alla fede, e a seguire i consigli dei suoi conduttori. Questi ultimi sono, in genere, molto più lungimiranti e sanno quale sia il bene dei credenti. Abbiamo visto anche i seguenti aspetti:
     ■ 1. Un corso di discepolato di base è essenziale per ogni neofita.
     ■ 2. In una comunità sono i conduttori, che conoscono al meglio le anime, che vengono al Signore, e che hanno il dovere di consigliare e di guidare i neofiti; i conduttori di altre comunità farebbero bene a usare discrezione verso tali neo-credenti.
     ■ 3. In molti brani del NT si parla di conversione, di ammaestramento e di battesimo, ma era impensabile la partecipazione alla Cena del Signore prima di tutto ciò. Quest’ultima era solo per chi era entrato nel nuovo patto, il cui segno incontrovertibile era appunto il battesimo.

Tutto ciò l’abbiamo approfondito anche sul piano teologico, esaminando in senso esegetico anche alcuni brani critici (p.es. Mt 28; At 8,5-25.26-39; 16,27-40; Rm 4), per capirne il reale significato. La risposta alle ulteriori domande poste dai lettori nella discussione, che segue, e gli interventi qualificati di altri credenti aiutano a mettere viepiù a fuoco il quadro generale e ad approfondire aspetti particolari.

Sul sito seguono i contributi dei lettori e le mie eventuali osservazioni…
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Battes_dintorni_UnV.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}




Una persona a me cara si è gravemente ammalata. E ora?

UNA PERSONA A ME CARA SI È GRAVEMENTE AMMALATA. E ORA?

1. Il fulmine a ciel sereno
     La vita scorreva nella normalità, fra alti e bassi. I rapporti fra coniugi, fra fidanzati, fra genitori e figli, eccetera, seguivano i soliti ritmi e l’andirivieni di sempre, con momenti di gioia, tran-tran, ovvietà e abitudini, con i soliti fastidi psico-fisici, veri e presunti, con i cicli di stress e di tranquillo recupero, con le speranze e i timori della vita.
     Poi, un giorno, un nostro caro ritorna dal medico col viso mesto, più del solito. Lì per lì, pensiamo che si tratti dei suoi soliti disturbi periodici, di cui si lamentava da tempo e con cui cercava maggiore attenzione e considerazione. Questa volta non era così: un male grave e oscuro quanto il nome complicato, che porta. È come se cadesse un fulmine a ciel sereno. Improvvisamente è come se il treno deragliasse, o la macchina forasse insieme tutte e quattro le gomme e uscissimo fuori strada. L’esistenza finisce a gambe all’aria. È come un’ondata di gelo polare in piena estate. Dapprima c’è l’incredulità e lo stupore. Subito dopo ci chiediamo cose del genere: È grave? Quanto è grave? È guaribile? Ce la farà? Sennò, quanto tempo resta da vivere? Che dice il medico? E se si è sbagliato? Dovremmo consultare un altro specialista, per andare sul sicuro? 



2. Uno scenario che muta
     All’improvviso l’orizzonte si restringe. Tutta la vita diventa come un carosello, che gira tutto intorno al perno di tale malattia. Tutto il resto si scolorisce e diventa contorno. Le cose più eclatanti, che succedono nel nostro Paese e nel mondo, non ci scuotono più come dovrebbero: le cose piacevoli stridono col nostro lutto; le cose drammatiche acuiscono ancor più il nostro dolore. Per il resto, è come se l’intero universo sia distratto e indifferente al nostro dramma familiare.
     Comincia la trafila degli specialisti, delle analisi, degli ospedali, delle cure prospettate. Cerchiamo di leggere fra le righe qualche barlume di speranza. Ci sembra di entrare in un labirinto. È come se tutti ci abbandonassero ora, che è arrivato questo gran male. Noi stessi vorremmo svegliarci dall’incubo e scoprire che è stato tutto un sogno. Oppure, vorremmo scappare da tale situazione e andarci a nascondere alla fine del mondo.

Sul sito seguono i seguenti punti: 3. Interrogativi e problematiche; 4. Alcuni casi biblici.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Prob/A1-Grave_malato_Esc.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

mercoledì 15 maggio 2013

Battesimo e dintorni

BATTESIMO E DINTORNI
 
Un lettore mi ha scritto quanto segue:
     Caro Nicola, mi sono ritrovato in mezzo a una discussione presente qui nella nostra regione. Non voglio scendere troppo sul personale, ma ti racconto brevemente i fatti, prima di arrivare alle domande.
     Nel gruppo, che frequento attualmente a Monbello, siamo poche persone. Ultimamente una ragazza di un’altra chiesa locale, ossia di Civitale, fidanzata con un credente locale, ha deciso di battezzarsi proprio a Monbello, per dare testimonianza sulla spiaggia. Da Civitale l’hanno subito bloccata. Arrivo, quindi, alle questioni sul battesimo.
     1. I conduttori di Civitale affermano che sia necessario fare un corso di discepolato, prima di fare il battesimo. Il conduttore attuale di Monbello, invece, cita Matteo 28 e Marco 16, facendo presente che in nessuna parte è previsto un corso di discepolato. Sempre a suo parere, basta credere in Gesù, e poi il discepolato lo si fa nella riunione settimanale e la domenica. Conclusione, una persona può essere battezzata anche dopo una settimana, se la sua richiesta è sincera.
     2. I conduttori di Civitale affermano che il battesimo lo possono ministrare solo gli anziani della ragazza e non chiunque altro lì a Monbello. Secondo il conduttore di Monbello, invece, Gesù ha detto ai discepoli di andare a battezzare, quindi chiunque può battezzare, basta che abbia accettato pubblicamente Gesù (sempre citando Matteo 28 e Marco 16).
     3. I conduttori di Civitale affermano che per la Cena del Signore è necessario il battesimo. Il conduttore di Monbello, invece, citando Romani 4, afferma che Abramo è stato salvato prima della circoncisione. Se uno vuole partecipare alla Cena del Signore, perché impedirglielo?
 
Ora, io ho cercato di parlare col conduttore di Monbello, ma è fermo nelle sue convinzioni. Comunque, di là da queste problematiche e dal caso specifico, vorrei chiedere a te delle direttive, per meglio approfondire la questione legata al battesimo. Io sto facendo una ricerca particolare e, visto che lui vuole una risposta su base biblica, voglio prepararmi al meglio. Ti ringrazio in anticipo e ti saluto con amore fraterno. {I. P., ps.}
 
 
Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondo come segue:
     Per poter dire alcunché su una situazione locale e sul rapporto fra due comunità, bisognerebbe conoscere le questioni nel dettaglio e personalmente. Quindi, mi limiterò agli aspetti generali, dando il mio punto di vista, risultante dallo studio costante della sacra Scrittura, dalle mie esperienze di fondatore e conduttore di chiesa e dalla mia attività pastorale.
     Chi si converte in una comunità, fa bene a camminare con quest’ultima e a seguire i consigli dei suoi conduttori, che in genere sono molto più lungimiranti e sanno ciò, che è il bene dei credenti e dei neofiti. Il conduttore di un’altra comunità, sebbene abbia buone intenzioni (p.es. dare occasione di testimonianza nella sua zona), fa una cosa sbagliata a voler battezzare nella propria comunità chi si è convertito altrove, senza cercare il consenso dei conduttori naturali di tale neofita. Infatti, così facendo, si trasmette un insegnamento poco coerente ai neo-credenti, che così potranno sempre scegliersi arbitrariamente ciò, che aggrada loro meglio.
     Ora passo a rispondere i vari punti, seguendo la stessa numerazione.
     1. Un corso di discepolato basilare è essenziale per ogni neofita. […]
     2. Il principio dei conduttori di tale ragazza mi sembra sano: sono i conduttori, che hanno le direttive sulle anime, che vengono al Signore nella loro comunità. […]
     3. Concordo con quanto affermano tali conduttori: prima l’onere e poi l’onore: prima l’immersione e poi la Cena del Signore. […]
 
     Queste sono solo alcune linee dello scritto, le motivazioni e le argomentazioni esegetiche si trovano sul sito
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Battes_dintorni_EdF.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}
 

sabato 11 maggio 2013

Fragilità quale laccio o chance

FRAGILITÀ QUALE LACCIO O CHANCE

1. Entriamo in tema
     Ognuno ha le sue fragilità. Alcune sono continue, altre circostanziate e altre periodiche. Nella mitologia greca c’era il prode Achille, che aveva la sua vulnerabilità nel suo tallone. Alcune fragilità sono evidenti, come chi è balbuziente o zoppica; altre sono ben celate e riguardano un aspetto particolare, come chi ha un tic o una mania o come è ferito nel proprio onore e nell’ombra trama vendetta.




2. Il vasto spettro delle fragilità
     Abbiamo visto che alcuni l’hanno fragilità manifeste, loro malgrado, e ne soffrono, sviluppando spesso dei complessi di inferiorità; ognuno di loro si sente fragile come un vaso d’argilla fra vasi di ferro.
     Altri ostentano le loro fragilità, come fossero delle armi, per impietosire il prossimo, per avere un alibi nella vita o una rivincita verso tutti i «normali».
     Altri ancora sanno ben nascondere le loro fragilità, apparendo di fuori imperturbabili, impenetrabili e ferrei. Quando, poi, un giorno, crollano, mostrano di essere come una bella mela di fuori, ma col verme dentro.
     Poi, ci sono quelli, che hanno una doppia vita: una pubblica, in cui appaiono modelli di morale, e una privata, in cui le loro fragilità vengono alla luce con veemenza. E in alcuni esse diventano vizio e stravizio, a cui essi danno sfogo lontani dai riflettori; allora dottor Jekyll e mister Hyde conducono una singolare convivenza.
     Poi, di là da ciò, ci sono persone, che si studiano di essere irreprensibili e impeccabili, ma sofferenti combattono in privato con le loro fragilità, come fossero giganti o fantasmi. Fanno propositi a se stessi, si studiano di mantenerli e, poi, quando meno se l’aspettano, le loro fragilità fanno loro nuovamente lo sgambetto…

3. Aspetti conclusivi
     Le proprie fragilità possono essere una trappola e condurre nel labirinto o nel gorgo. Oppure esse possono diventare una chance per Dio, se siamo disposti a farci cambiarci e gli permettiamo di mostrarsi potente nelle nostre debolezze.
     Chiaramente chi sa che le proprie fragilità sono facilmente infiammabili, si tenga ben lontano dal fuoco!

     ■ «E perché io non avessi a insuperbire per l’eccellenza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne… Tre volte ho pregato il Signore perché l’allontanasse da me; ed egli mi ha detto: “La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza”» (2 Cor 12,7ss; cfr. 1 Cor 1,26ss).
     ■ «Vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mt 26,41).

Questa è una sintesi, l’intero scritto si trova sul sito.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Prob/T1-Fragilita_laccio_S&A.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

venerdì 10 maggio 2013

Intervista a un ex-anziano dei Testimoni di Geova: Parliamone


INTERVISTA A UN EX-ANZIANO DEI TESTIMONI DI GEOVA: PARLIAMONE

 

Le esperienze di chi è stato fra i Testimoni di Geova (T.d.G. da qui in poi) e ne è fuoriuscito, sono molteplici e dipendono da vari fattori, ad esempio: il tempo, che si è stati in tale «gruppo di frangia»; il legame, che si è avuto verso un gruppo specifico; il ruolo, che si è rivestito, e la responsabilità portata nel tempo; il modo, come gli altri hanno reagito e specialmente i propri parenti rimasti nell’organizzazione; se si è avuta una vita sociale e interessi culturali fuori dei limiti della propria congregazione; e così via.

     Una volta fuoriusciti dalla «società» dei T.d.G., c’è chi ha avuto una transizione facile verso una vita «normale». Altri hanno subito tutti i tipi di screzi: isolamento, angherie, pressioni, continue telefonate intimidatorie, terra bruciata intorno e quant’altro da parte dei vecchi correligionari, oltre al disprezzo da parte dei propri ex-fratelli e specialmente dei propri parenti rimasti nell’organizzazione, per i quali il fuoriuscito è come se fosse già morto.

     Rocco Politi appartiene a quest’ultima categoria, affermando di aver subito tutto il male possibile da parte dei suoi ex-compagni di via.

     Qui di seguito commentiamo l’articolo «Intervista a un ex-anziano dei Testimoni di Geova» [http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Ex-anziano_TdG_OiG.htm], che Nicola Martella ha condotto con Rocco Politi, ex-conduttore dei T.d.G. E che è stato militante in tale organizzazione per 40 anni, occupando in essa posizioni di rilievo.

 

     Sul sito seguono i contributi dei lettori e le mie eventuali osservazioni…

            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Ex-anziano_TdG_EdF.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

mercoledì 8 maggio 2013

Intervista a un ex-anziano dei Testimoni di Geova

INTERVISTA A UN EX-ANZIANO DEI TESTIMONI DI GEOVA

1. ENTRIAMO IN TEMA: Sono stato contattato da Rocco Politi, un ex-anziano dei Testimoni di Geova (da qui in poi, T.d.G.), sia per corrispondenza, sia per telefono. L’ho trovato come un uomo tribolato, che è uscito da una pesante prigionia, ancora pieno di piaghe e ancora tutto dolorante per le catene portate, che hanno lasciato profondi segni nella carne e nell’anima. Mi è parso come un Israelita del 15° secolo a.C., che era uscito dalla schiavitù d’Egitto, ma che non sapeva dove fosse ancora la terra promessa, il paese della libertà. Al telefono mi dava l’impressione di chi era uscito da un lager nazista o da un gulag comunista: sebbene pelle e ossa, scosso e confuso, è contento di essere scampato, ma ora non sa dove sta la via di casa, quanto dista e se c’è qualcuno che ancora l’aspetta e lo ama. Il problema è che lui stesso aveva collaborato attivamente in tale lager ideologico e in tale gulag dottrinale per quarant’anni, occupando posizioni significative. Poi, venne il risveglio…

Parlando con lui, ho capito che, essendo uscito da tale incubo durato decenni di militanza attiva voleva avvertire altri dal cadere nella stessa trappola; ciò è nobile. Ma non basta. Ora, si sente come un negozio di porcellana, dopo che è passato un elefante. Come a chi è stata fatta una lavanda gastrica, dopo un grave avvelenamento da cibo deteriorato, ora si sente svuotato e debilitato.
     Ha capito che il Dio propugnato dai T.d.G. è fatto a loro propria immagine, quindi un idolo; nel suo nome i seguaci della Torre di guardia isolano i dissidenti, trattano come un «morto» chi non segue la linea, fanno terra bruciata intorno a chi esce dalla congregazione. Amici, genitori, fratelli, parenti e figli si defilano, rompono ogni contatto, ti considerano appestato, già cadavere. Da un giorno all’altro ci si sente come un pesce fuor dell’acqua, oggetto di ostracismo, di discredito, di angherie, di persecuzione e quant’altro da parte dei suoi ex-correligionari.
     Ora sta imparando a scoprire il Dio d’amore e di misericordia, che si è rivelato in Gesù Cristo. Tuttavia quanto è dura per lui! Gli ho fatto presente che è proprio come quell’Israelita uscito dalla dura schiavitù d’Egitto, che vuole avvertire altri a non cadere in essa e che vuole aiutare a tirare fuori altri da tale sistema dottrinale dittatoriale; tuttavia, egli stesso non sa dove sta la terra promessa, che proporre agli altri come via di libertà. Il cammino è lungo ancora. Gli ho posto la questione personale della salvezza, non ne ha certezza. Gli ho chiesto: È nobile la tua impresa di avvertire gli altri, ma tu stesso, se morissi oggi, dove saresti? Hai la sicurezza della tua salvezza? Conosci Cristo come Salvatore e Garante della tua salvezza? No, finora non lo sa. [La via che porta a Dio]Quindi, non sa neppure quale speranza proporre agli altri, che usciranno da tale sistema dottrinale. Tuttavia, c’è in lui il desiderio di conoscere Gesù Cristo come suo personale Salvatore e Signore. Ci siamo lasciati con questo mio appello: «Chiedi al Signore Gesù: “Fammi conoscere la tua salvezza!”. Egli certamente ti illuminerà e ti indicherà la via. Io sono al tuo fianco in preghiera e col consiglio».


2. L’INTERVISTA: Ciò che segue è un’intervista composta sulla base di ciò, che Rocco Politi mi ha scritto e mi ha detto a voce. Essa è stata da lui vista e approvata dopo la stesura. […]

L’interessante intervista è presente sul sito.
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Ex-anziano_TdG_OiG.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

lunedì 6 maggio 2013

Combattimenti nelle retrovie

COMBATTIMENTI NELLE RETROVIE

«Signore, dammi di poter guardare oltre le nebbie, che s’addensano presso all’attuale mia trincea, per vedere in alto le terse cime della tua gloria. Dammi di resistere con tenacia in questa battaglia, sapendo che l’intera guerra è stata già vinta da te e che sicuramente ti stai affrettando in mio soccorso anche in questa mia particolare situazione. Aspettando la tua liberazione, fa’ che io non vacilli né arretri. Confido in te solo» (Nicola Martella; fonte: «Battaglia nella retrovia»).
 


Quando il grosso della guerra è vinta, restano le battaglie di retrovia. Il nemico sconfitto cerca di recuperare terreno. Allora, bisogna rimanere in trincea, fare la guardia e mantenere la propria posizione, in attesa che l’esercito vittorioso affranchi tutte le zone di confine.
     Cristo ha già vinto la guerra sul male, sul diavolo, sul mondo e sulla carne. I suoi nemici sono già tutti sconfitti. Quelli, che restano, sono gli ultimi sussulti di un nemico oramai vinto. Resistendo al nemico, manteniamo la nostra posizione e permettiamo al regno di Dio di estendersi.
     Nessuno può resistere a Dio (cfr. 2 Cr 20,6). Ed Egli elargisce le forze necessarie, affinché i suoi figli possano rigenerarsi e compiere opere di fede (cfr. Is 54,29ss). Il nemico dei seguaci di Cristo sono le forze spirituali della malvagità (cfr. Ef 6,11ss). Poiché Cristo ha già trionfato su di loro (Col 2,15; Eb 2,14s), noi possiamo associarci alla sua vittoria, resistere efficacemente e vincere a nostra volta su di esse (cfr. At 6,9s; Eb 12,4s). […]

     ■ «Egli [Cristo] ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce» (Col 2,15).
     ■ «Le armi della nostra guerra non sono carnali, ma potenti nel cospetto di Dio a distruggere le fortezze; poiché distruggiamo i ragionamenti e ogni altezza, che si eleva contro alla conoscenza di Dio, e facciamo prigioniero ogni pensiero, traendolo all'ubbidienza di Cristo» (2 Cor 10,4s).

Il resto dello scritto si trova sul sito.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Disc/T1-Combat_retrovie_OiG.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}