martedì 29 ottobre 2013

Preserva te stesso!



PRESERVA TE STESSO!

«Non ci si può esporre alla pioggia e pretendere di non bagnarsi; è saggio proteggersi da essa. Non si può vivere da cristiani nel mondo e rimanere insensibili alle sue dinamiche e alle sue problematiche; è saggio proteggersi dalle sue influenze. Non ci si può esporre al fuoco, pensando che esso non bruci, o al peccato, pensando che esso non danneggi; è sempre saggio fuggire dinanzi ad ambedue!» (Nicola Martella; fonte: http://puntoacroce.altervista.org/+Cita/Cita_C_Esc.htm al lemma «Cause ed effetti»).

Il resto dello scritto si trova sul sito.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Etic/T1-Preservati_Avv.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati ad esso.



mercoledì 23 ottobre 2013

Depravazione totale e inabilità totale



DEPRAVAZIONE TOTALE E INABILITÀ TOTALE

Un lettore mi ha presentato le seguenti questioni.
     Caro fratello Martella, non mi sembra di aver trovato niente sul tuo sito a proposito della dottrina della grazia preveniente di John Wesley e un’esegesi di Giovanni 6,37.44.65.
     Il mio modesto parere è che la dottrina della grazia preveniente non sia scritturale; depravazione totale non significa inabilità totale. Potresti per favore farmi sapere il tuo punto di visto in merito? Ti ringrazio in anticipo. Dio ci benedica. {R. C.; 27-09-2010}

Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondo qui di seguito.
            L’approccio di Wesley e di altri come lui è di natura dottrinale, quindi filosofica e ideologica; ciò significa che essi partono da una costruzione dottrinale, che poi riempiono di versi biblici, che sono compatibili con la loro opinione, trascurando il loro contesto e tralasciando altri versi antitetici al loro costrutto. Io preferisco l’approccio esegetico contestuale, senza snaturare versi sradicandoli dal loro contesto, senza versettologie indebite che assemblano elementi eterogenei secondo il proprio arbitrio, senza falso sillogismo e senza facili allegorie.
            Per prima cosa, bisogna distinguere fra la «depravazione» (p.es. è un peccatore) e «l’inabilità» (p.es. l’uomo è diventato mortale, soggetto alla corruzione, a malattie, ma non è entrato in un «coma» vegetativo, che gli impedisca di cercare Dio). Infatti, l’uomo non smette di essere un essere creato a «immagine di Dio». Parlando della lingua, il giudeo Giacomo affermò: «Con essa benediciamo il Signore e Padre; e con essa malediciamo gli uomini, che sono fatti a somiglianza di Dio» (Gcm 3,9; cfr. Sal 8). Laddove Dio parla all’uomo, egli può intendere il suo Creatore e può rispondergli; poi, deciderà se ubbidirgli, accettando la sua ingiunzione e la sua grazia, o se rimanere nella ribellione del suo cuore.
            In Giovanni 6 Gesù parlava in una situazione specifica, ossia a Giudei, quindi a persone, che già erano nel patto, appartenendo al popolo eletto. Essi avevano già ricevuto le promesse e la chiamata in Abramo. Nonostante ciò, essi rifiutarono Gesù quale «Unto a Re», mettendosi così praticamente fuori della salvezza. L’elezione e le promesse di Dio restano, ma non valgono per coloro, che rifiutano Gesù quale Messia (quindi, Signore e Salvatore).
            Abbiamo visto che l’uomo, anche dopo la caduta, rimane un essere creato a immagine di Dio, quindi con la capacità di rispondere a Dio, quando Egli lo interpella. Dopo la ribellione primordiale, Dio continuò a parlare ad Adamo e a Eva (Gn 3,9ss.13ss) e fece verso di loro un atto di clemenza (cfr. v. 21). L’Onnipotente parlò anche a Caino), ingiungendogli di dominare colui, che lo tentava (Gn 4,6s). Dio gli parlò addirittura dopo l’omicidio di suo fratello (vv. 9ss), sia maledicendo lui e il suole (vv. 11s), sia ascoltando le sue ragioni (vv. 13s), sia mostrandosi a lui clemente, quando mise su di lui un segno, che lo distinguesse e proteggesse (v. 15).
     Si potrebbero portare tanti esempi, in cui Dio parlò a uomini pagani (si veda addirittura Balaam!). Nel caso di Abimelek, re dei Filistei, Dio ammise che egli aveva preso Sara nell’integrità del suo cuore, aggiungendo: «E ti ho, quindi, preservato dal peccare contro di me; perciò non ti ho permesso di toccarla» (Gn 20,3ss). […]

     Il resto dello scritto segue sul sito
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/T1-Deprav_inabil_total_EdF.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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lunedì 21 ottobre 2013

Gruppi «cristiani» nel Web o pattumiere di false dottrine?



GRUPPI «CRISTIANI» NEL WEB O PATTUMIERE DI FALSE DOTTRINE?

Vedo che alcuni aprono decine di gruppi cosiddetti «cristiani» nei social network, approvano come membri chiunque voglia, senza controllare chi siano, poi lasciano tali gruppi a se stessi, senza intervenire. E magari stanno aprendo un altro gruppo cosiddetto «cristiano». Ogni tanto postano qualcosa in tali loro gruppi; ma raramente leggono ciò, che scrivono gli altri e non controllano ciò, che vi viene scritto. E io mi meraviglio soltanto che in tali gruppi si annidino, col tempo, vipere di vario genere: atei militanti, esoteristi, «senza chiesa», santoni e loro seguaci, satanisti, faziosi di varia natura, anticristi e così via. Essi gettano fango su Dio, su Cristo, sulla Parola di Dio. Fanno ironia e sarcasmo sulle verità fondamentali, sull’Evangelo e sulla sana dottrina. E tali gestori neppure se ne accorgono, avendo abbandonato i loro gruppi e se stessi. Alcuni di tali gestori non hanno neppure le capacità tecniche e teologiche di gestire gruppi e di dare risposte bibliche, essendo essi stessi di bassa cultura, carenti nella lingua italiana e addirittura «dottrinalmente sgrammaticati», ossia non conoscono le basi minime della dottrina biblica e sono senza discernimento scritturale!
     A gruppi del genere suggerirei di cambiare il titolo: «La pattumiera di ***», visto che molti avanzi di varia faziosità antibiblica e anticristiana si sono dati l’appuntamento in essi e hanno carta bianca. Ci sono, quindi, furibondi scontri, contravvenendo a tutte le regole dell’etica biblica e rendendosi colpevoli dinanzi a Dio. L’incapacità dei gestori di dare ordine ai loro gruppo, è evidente. Essi sono responsabili per aver aperto una «discarica a cielo aperto» e si stanno rendendo colpevoli dinanzi al Dio vivente.
     I proclamatori dell’AT (profeti) e del NT (apostoli, ecc.), Gesù e i conduttori delle prime chiese non avrebbero mai fatto così. Essi annunciavano l’Evangelo e testimoniavano della verità, non davano occasione agli avversari di riversare le loro immondizie nei cuori dei discepoli. Gli uomini di Dio avevano ricevuto il comandamento del Messia di non gettare le perle dinanzi ai porci, ma i gestori di questi gruppi, invece di annunciare la verità biblica, permettono che essa venga umiliata, derisa e calpestata da gente senza scrupoli, che essi hanno accettato come membri. […]

Il resto dello scritto si trova sul sito.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Etic/A1-Web_pattumier_OiG.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati ad esso.

 

venerdì 18 ottobre 2013

La dottrina apostolica e la sua trasmissione



LA DOTTRINA APOSTOLICA E LA SUA TRASMISSIONE

Un lettore mi ha scritto quanto segue: Caro Nicola, ho fatto una ricerca e ho constatato che nel NT non sempre il termine «tradizione» viene reso nello stesso modo, e ha più significati, come «deposito della fede», regolamento, prescrizione, insegnamento, tramandato, testimonianza. Puoi cortesemente fare una esegesi più accurata dei corrispondenti in greco: parádosis, parathēkē (1 Tm 6,20; 2 Tm 1,14), e per quanto ho letto, anche ethos (Lc 1,9; 2,42; 22,39; Gv 19,40; At 6,14)? Ritengo che una corretta esegesi sia di rivelante utilità, nel confronto con il romanesimo o culti similari. Il Signore continui a benedire il tuo servizio ai santi. {P. C.; 15-10-2013}

Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondo come segue:

1. IL TERMINE PARÁDOSIS: Parádosis significa, secondo i casi, «trasmissione (p.es. del regno); consegna (p.es. della città, di beni, di qualcuno alla morte), resa; trasmissione di racconti, dottrine, precetti; tradizione; NT: per metonomasia anche il complesso delle dottrine». […]
     Nel NT il termine parádosis ricorre soltanto in questi brani, dove s’intende quanto segue:
     La «trasmissione degli antichi»; […]
     ■ Le convenzioni umane furono chiamate «trasmissione degli uomini»; […]
     ■ Fu così chiamato l’insegnamento impartito alle chiese da Paolo e dalla sua squadra missionaria: «Ritenete le trasmissioni come io ve le ho trasmesse» (1 Cor 11,2 con paradídōmi); si tratta delle comunicazioni autorevoli degli insegnamenti scritturali del nuovo patto. «Ritenete le trasmissioni, con cui siate stati istruiti, sia con la parola, sia con una nostra epistola» (2 Ts 2,15); l’apostolo puntualizzò il modo, con cui avvenne tale insegnamento, ossia a voce o per iscritto. «…secondo la trasmissione, che avete ricevuto da noi» (2 Ts 3,6); questo insegnamento di Paolo e della sua squadra doveva essere il criterio, con cui i Tessalonicesi potevano e dovevano discriminare fra legittimità (verità) e illegittimità (menzogna) in campo dottrinale e morale.

Questo termine intende, quindi, sia il modo come si è ricevuto qualcosa (trasmissione orale o scritta), sia il contenuto d’essa (insegnamento, dottrina). Per capire la dinamica di questo termine, si veda in italiano «comunicazione», che intende sia l’atto e il processo del comunicare (trasmissione di contenuti), sia il contenuto trasmesso (comunicazione, comunicato). Erano tali insegnamenti apostolici, trasmessi alle chiese, che furono cristallizzati negli scritti del nuovo patto, per formare la «tradizione» (= trasmissione) legittima delle chiese. Nel NT non esiste un altro uso per parádosis. Ad esempio, neppure le decisioni del concilio di Gerusalemme (At 15) furono denominate così.

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 2. Deposito e sana dottrina; 3. Il termine éthos; 4. Aspetti conclusivi.
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Dottrina_trasmis_UnV.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
     ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati ad esso.





ATTENZIONE! Questo articolo ha un carattere specialistico e non è per tutti. Per favore, non intervenire se, dopo aver letto l’intero articolo sul sito, ti rendi conto che ti manca la necessaria competenza in merito!

lunedì 14 ottobre 2013

Matteo 25,46 e la pena eterna



MATTEO 25,46 E LA PENA ETERNA

Le questioni: Un lettore mi ha scritto, a più riprese, quanto segue.
     1. Pace, volevo farvi una domanda. I cattolici interpretano la frase kolasin di Matteo 25,46 con supplizio eterno. Questa interpretazione è errata perché kolasin significa soltanto punizione. Alcuni testimoni di Geova mi hanno detto che l’interpretazione di kolasin con supplizio non è errata, però non sarà un supplizio letteralmente cosciente, ma Gesù ha usato la frase supplizio come illustrazione. Spero in un vostro aiuto, per capire la giusta interpretazione su questa cosa. E comunque mi hanno detto che supplizio ha come campo di applicazione il supplizio capitale, cioè porta alla morte, come il supplizio di Gesù sulla croce lo portò alla morte. Pace. {07-10-2013}
     2. Per quale motivo i cattolici interpretano supplizio eterno? Quale prova c’è che Gesù con kolasin ha voluto dire supplizio? Kolasin significa soltanto punizione, e la punizione può essere qualsiasi cosa, anche fare morire per sempre può rappresentare una punizione eterna. Spero in un aiuto per capire meglio. Pace del Signore. {A.d.B; 07-10-2013}

Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondo sul sito, dove sono presenti i seguenti punti: 1. Entriamo in tema; 3. Le risposte; 4. Aspetti conclusivi.
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Mt25_46-pena_etern_Esc.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
     ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati ad esso.


mercoledì 9 ottobre 2013

Poco spettacolo e molte (s)viste



POCO SPETTACOLO E MOLTE (S)VISTE

1. LE QUESTIONI: Caro Nicola, mi puoi spiegare per quale motivo la parola «spettacolo» in italiano viene usata in questi quattro brani biblici, mentre mi sembra di vedere che il greco (che ignoro) dica cose differenti l’una dall’altra?

     ■ Lc 23,48: E {καὶ} tutta {πάντες} la {οἱ} folla {ὄχλοι} che assisteva {συμπαραγενόμενοι} a {ἐπὶ} questo {ταύτην} spettacolo {τὴν θεωρίαν}, vedute {θεωρήσαντες} le cose che {τὰ} erano accadute {γενόμενα}, se ne tornava {ὑπέστρεφον} battendosi {τύπτοντες} il {τὰ} petto {στήθη}.

     ■ 1 Cor 4,9: Poiché {γάρ} io ritengo {δοκῶ} che {-} Dio {ὁ θεὸς} abbia messo in mostra {ἀπέδειξεν} noi {ἡμᾶς}, gli {τοὺς} apostoli {ἀποστόλους}, ultimi {ἐσχάτους} fra {-} tutti {-}, come {ὡς} uomini {-} condannati a morte {ἐπιθανατίους}; poiché {ὅτι} siamo diventati {ἐγενήθημεν} uno spettacolo {θέατρον} al {τῷ} mondo {κόσμῳ}, agli angeli {ἀγγέλοις} e {καὶ} agli uomini {ἀνθρώποις}.

     ■ Col 2,15: ha spogliato {ἀπεκδυσάμενος} i {τὰς} principati {ἀρχὰς} e {καὶ} le {τὰς} potenze {ἐξουσίας}, ne {-} ha fatto un pubblico {ἐν παρρησίᾳ} spettacolo {ἐδειγμάτισεν}, trionfando {θριαμβεύσας} su di loro {αὐτοὺς} per mezzo della {ἐν} croce {αὐτῷ}.

     ■ Eb 12,21: Tanto {οὕτω} spaventevole {φοβερὸν} era {ἦν} lo {τὸ} spettacolo {φανταζόμενον}, che {-} Mosè {μωϋσῆς} disse {εἶπεν}: «Sono {εἰμι} spaventato {ἔκφοβός} e {καὶ} tremo {ἔντρομος}». | {καί}

Ricapitolando:
     ■ Luca: spettacolo {τὴν θεωρίαν}
     ■ 1 Corinzi: spettacolo {θέατρον}
     ■ Colossesi: spettacolo {ἐδειγμάτισεν}
     ■ Ebrei: spettacolo {φανταζόμενον}

Ti sono grato {S.B.; 24-09-2013}

2. LE RISPOSTE

2.1. ENTRIAMO IN TEMA: Sono un po’ singolari le versioni interlineari, che intendono associare a ogni parola italiana il termine greco, o viceversa, visto che spesso originale e traduzione in certi punti non si corrispondono per nulla o non abbastanza! A ciò si aggiunga che la traduzione italiana usata in tali testi interlineari, spesso non è letterale, ma è solo una parafrasi del testo greco. Quindi, tale corrispondenza fittizia fra termini greci e italiani potrebbe, a volte, far accapponare la pelle a ogni studioso delle lingue originali.
     Che in quattro locuzioni greche differenti, vocaboli o locuzioni verbali diversi siano tradotti in italiano con un solo termine (qui «spettacolo»), mostra non solo la difficoltà di tradurre a volte, ma anche quanta semplificazione abbiano usato i traduttori. […]

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 2.2. L’analisi dei testi; 2.3. Aspetti conclusivi.
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Spettacolo_Avv.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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lunedì 7 ottobre 2013

Essere coppia che non scoppia



ESSERE COPPIA CHE NON SCOPPIA

1. La questione scottante
     Qui di seguito intendo solo stimolare credenti e conduttori riguardo a tale tema spinoso. Adattando un proverbio popolare, direi: «Prevenire coppie squilibrate è meglio che curare quelle scoppiate». Questo è il compito dei genitori prima (in tenera età) e dei conduttori poi (prima e dopo il matrimonio).
     È singolare, quindi, che in molte chiese tali temi sono tabù, non solo dal pulpito, ma anche in seminari per gruppi omogenei (p.es. giovani, fidanzati, coppie). Bisogna ribadire l’urgenza che i conduttori di chiesa tengano presente nel discepolato e nell’istruzione di chiesa importanti aspetti dell’etica sessuale, visto che la sessualità è una delle potenze più grandi nella vita degli individui ed è altresì uno dei banchi di prova dell’esistenza e della fede.
     Tempo fa, nella nostra comunità, ho parlato di questo tema: «Credenti, passione e castità». Esso ha fatto tanto bene ai neofiti e non, a giovani e ad adulti, e ne abbiamo discusso insieme; una credente sposata mi aveva addirittura proposto di riparlare sullo stesso tema la domenica successiva per coloro, che non c’erano, tanto avrebbe fatto nuovamente bene anche agli altri di riascoltarlo.
     Un po’ di tempo dopo, ho parlato di questo altro tema: «La ricerca del partner per la vita»; è una bussola per i giovani per la loro ricerca, ma è anche una livella per gli altri, perché così sapranno come consigliare gli altri.
     Prossimamente, in occasione di un matrimonio nella nostra comunità, ho in mente questo tema «Perché una coppia non naufraghi come il Titanic»; come per tale transatlantico, nel matrimonio di certe coppie ci sono errori di costruzione, errori umani di gestione, che portano alla crisi o addirittura alla catastrofe, e vari aspetti della contingenza avversa, ai cui avvisi si fa bene a prestare attenzione a tempo. Contiene, tra l’altro, un vademecum su come una coppia possa evitare di andare a sbattere.
     Se i conduttori non vorranno, un giorno, raccattare e cercare di rincollare i cocci di matrimoni e di esistenze, fanno bene a prevenire il male, creando a tempo gli anticorpi morali mediante una sana istruzione e un’adeguata cura pastorale.

2. Domande di lavoro (Le seguenti domande di studio servono per stimolare chi vuole approfondire l’argomento e per orientare la discussione):
     ■ Se tu hai il ministero in una chiesa locale, quand’è che hai parlato di temi inerenti alla coppia e alla sessualità? Ovvero, quand’è che nella tua comunità hai sentito un insegnamento su tali argomenti?
     ■ Quand’è l’ultima volta che nella tua assemblea c’è stato un seminario per istruire i giovani su temi della castità, della legittima sessualità e argomenti affini e su questioni particolari? (p.es. masturbazione, petting, rapporti prematrimoniali, contraccettivi, prostituzione, ecc.).
     ■ Nella tua assemblea c’è stato un seminario per preparare giovani e specialmente fidanzati al matrimonio e alla vita di coppia?
     ■ Hai mai partecipato a un seminario esterno alla tua chiesa sui temi della sessualità?
     ■ Hai mai letto letteratura adeguata e biblicamente orientata sui temi della sessualità, della coppia, sui disturbi della sessualità e temi affini?
     ■ Per guidare un mezzo di locomozione ci vuole una patente o un patentino; mentre diverse persone vanno nel matrimonio del tutto impreparate e addirittura come analfabeti. Se per sposarsi ci fosse bisogno di superare un esame di conoscenza sessuale adeguata e psico-attitudinale, per avere un certificato d’idoneità, tu lo supereresti?

3. Sussidi per prepararsi […]

Il resto dello scritto si trova sul sito.
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venerdì 4 ottobre 2013

Sottomissione ai conduttori e loro disciplina? Parliamone



SOTTOMISSIONE AI CONDUTTORI E LORO DISCIPLINA? PARLIAMONE

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Sottomissione ai conduttori e loro disciplina». Due credenti maturi si sono confrontati su questo tema e almeno uno dei due mi ha coinvolto in tale questione. Perciò pubblicai tale lettera, che riassumeva le posizioni, e vi diedi risposta. I temi del confronto, intimamente intrecciati fra loro erano i seguenti: ▪ 1. La questione della legittimità della sottomissione ai conduttori (per l’uno è assoluta, per l’altro solo relativa); ▪ 2. La questione della legittimità della la disciplina ecclesiale esercitata dai conduttori; ▪ 3. La questione della legittimità della la disciplina ecclesiale esercitata verso i conduttori. Si conveniva che la disciplina verso i conduttori rappresenta l’aspetto più controverso e difficile nella sua gestione concreta. A tutto ciò ho cercato di dare una risposta, basandola sulla spiegazione di brani biblici chiave. Qui di seguito porto una sintesi e alcuni aspetti integrativi.
     Poiché i conduttori sono «delegati» dell’assemblea, in una chiesa stabile e autonoma (quindi non più in una fase missionaria) essi vengono riconosciuti da quest’ultima, qualora abbiano i prerequisiti spirituali, morali e umani, e possono essere da essa anche rimossi, quando tali qualità vengono meno. I conduttori non occupano cariche ecclesiali (uffici), tanto meno a vita, ma svolgono funzioni ministeriali (servizi), per le quali vengono loro riconosciuti i seguenti elementi indispensabili: integrità, irreprensibilità, carismi, capacità d’insegnamento, di sovrintendenza e di cura, maturità, autorità, forze, stabilità, costanza, zelo, prontezza, sacrificio e tempo.
     Il ruolo primario dei conduttori non è quello di domatori, ma di allenatori; non è quello di comandanti di un esercito, ma di sorveglianti del gregge, che essi pasturano e curano amorevolmente. L’autorità dei conduttori non si basa su un ufficio, che si detiene, ma sulla sottomissione alla Parola, di cui bisogna essere in grado d’interpretare e dispensare rettamente, e sul primato del servizio. Nel NT la sottomissione è dapprima reciproca nella chiesa; poi, non è qualcosa che si possa comandare, ma nasce nel cuore dei credenti come «convincimento interiore», «rispetto arrendevole» e come «assoggettamento volontario» verso persone, che si stima e si onora, perché irreprensibili, autorevoli, degne di fiducia e modello morale e spirituale da seguire.
     Abbiamo visto che la disciplina non dev’essere un atto personale e autoritario dei conduttori né un fine a sé, ma deve concretarsi in una deliberazione ecclesiale, basata sul pari consentimento, e avere sempre come fine il possibile recupero di chi diventa oggetto di disciplina. La disciplina non deve riguardare opinioni e stili di vita, su cui la Bibbia lascia libertà o non si pronuncia, ma deve riguardare fatti accertati da testimoni e questioni centrali di fede (Evangelo) e di morale.
     Perché la disciplina ecclesiale non sia un atto di potere arbitrario o all’acqua di rose, deve essere basata solo sui casi chiari e documentati, che la Scrittura descrive, e dev’essere chiaramente provata e documentata. Se si prescinde dai legittimi casi di chiara deviazione dottrinale e morale e da irremovibilità dei trasgressori, un atto di fuori comunione è sempre una sconfitta dei conduttori, che sono stati incapaci di vegliare, di ammonire e di curare a tempo il gregge, che Dio ha affidato loro. Esso dev’essere sempre un atto estremo e basato sul pari consentimento ecclesiale. Tale decisione dev’essere comunicata anche alle chiese limitrofe, affinché l’uomo dottrinalmente fazioso e moralmente perverso non faccia danno anche altrove.
     La disciplina verso i conduttori non fa eccezione, sebbene sia più delicata e presenti alcune difficoltà. Abbiamo detto che l’assemblea dei battezzati riconosce i propri conduttori, ma altresì le destituisce, qualora vengano meno le qualità necessarie per svolgere tale funzione ministeriale (1 Tm 3; Tt 1). In tali casi, l’assemblea può delegare tale procedimento al «consiglio di chiesa», se esistente (chiaramente senza il conduttore in oggetto); se esso non fosse esistente, si può formare un gruppo di fratelli più autorevoli della comunità, che potremmo chiamare «consiglio di saggi». Se esistesse ancora un missionario fondatore, sebbene si trovi altrove, si può coinvolgerlo in tale procedimento di accertamento della verità; egli lavorerà con tale «task-force» («consiglio di chiesa», «consiglio di saggi»). In altri casi, dove la matassa locale fosse troppo ingarbugliata, varie persone di guida fossero coinvolte e non si potesse formare un gruppo neutrale di accertamento della verità, la chiesa può chiamare in aiuto persone esterne: autorevoli conduttori di chiesa e servitori della zona. Tale «task-force», che può riunire credenti interni e conduttori e servitori esterni, dev’essere accettata dall’assemblea, possibilmente anche dalle persone in causa. Essa, dopo l’inchiesta e l’analisi, farà una relazione all’assemblea dei battezzati, fissando il punto della situazione, e farà le sue raccomandazioni. Alla fine, sarà l’assemblea locale a deliberare una decisione, ad esempio la decadenza di un conduttore dalla sua funzione ministeriale o addirittura la disciplina verso di lui.
 


Sul sito seguono i contributi dei lettori e le mie eventuali osservazioni…
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Sottomiss_disciplina_Avv.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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mercoledì 2 ottobre 2013

Sottomissione ai conduttori e loro disciplina

SOTTOMISSIONE AI CONDUTTORI E LORO DISCIPLINA

1. LE QUESTIONI: Due credenti maturi, avendo opinioni non del tutto coincidenti su questo tema, si sono a lungo confrontati e, infine, hanno concordato di coinvolgermi in tale discussione, anche in vista del fatto che questo argomento fosse dibattuto su «Fede controcorrente». Qui non troviamo gli scritti di ambedue, ma solo quello di uno dei due (Nello Carri, ps.), che risponde al suo interlocutore. Tuttavia, egli cita le tesi dell’altro.

Caro fratello, la tua convinzione è che «dobbiamo obbedienza incondizionata agli anziani, anche quando sbagliano, perché sono stati scelti da Dio per pascere il suo gregge e la responsabilità è completamente loro». Hai espresso tale convinzione, citando a supporto il brano di Atti 20,28: «Badate a voi stessi e a tutto il gregge in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi [sorveglianti N.d.R.], per pascere la chiesa di Dio…».
     Ciò mi sembra condivisibile, ma solo in parte. Mi spiego meglio. Se, ad esempio, gli anziani danno disposizioni riguardo all’organizzazione di qualsiasi attività di chiesa (organizzazione del culto, evangelizzazione, discepolato, scelta dei predicatori, ecc.), vanno sicuramente obbediti. E chi eventualmente non condividesse quelle scelte, sarebbe bene che, dopo aver espresso con rispetto le sue perplessità direttamente agli anziani, decida al limite se collaborare o meno, senza però provocare polemiche; infatti, come hai detto tu, la responsabilità di quelle scelte davanti a Dio sarà solamente degli anziani.
     Cosa diversa, invece, sarebbe se le disposizioni date dagli anziani riguardassero, ad esempio, questioni dottrinali, che troviamo sbagliate. Per chi non condividesse la nuova linea dottrinale proposta o imposta, la cosa si fa più seria, perché la responsabilità di professare e diffondere una dottrina, che si ritiene sbagliata, non sarà più solo degli anziani ma anche personale. Spero che tu sia d’accordo su questo punto; perché se così non fosse, non potresti più dare risposta, ad esempio, a quei cattolici che fanno la tua stessa affermazione, per motivare la loro scelta di rimanere nel cattolicesimo. In tal caso non si obbedirebbe soprattutto alla Parola, perché parlando di dottrine sbagliate, nella lettera alla chiesa di Tiatira, ad esempio, il Signore dice: «Renderò a ciascuno di voi secondo le sue opere» (Ap 2,23).
     Quello, che in questo caso il fratello dissenziente dovrà fare, quindi, a parere mio, sarà per prima cosa, parlarne direttamente con gli anziani, come nel caso precedente; poi se non dovesse trovare soddisfazione, potrà scegliere se proseguire la sua partecipazione in quell’assemblea oppure spostarsi in un’altra, che ritiene dottrinalmente più in linea con le convinzioni dottrinali che ha maturato e di cui è certo, facendo comunque tutto il possibile per lasciarsi in comunione con l’assemblea, da cui deciderà eventualmente di uscire. Come vedi c’è almeno un caso, nel quale il principio che hai citato non è valido. Nel caso, quindi, venga ordinato di predicare o non predicare più una certa dottrina, potrebbe essere bene non obbedire siccome è meglio obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (At 4,19).
     L’esigenza di verificare, se sia giusto o no obbedire agli anziani, potrebbe presentarsi anche in un’altro caso (penso perciò alla situazione a cui ti riferisci), quando cioè un anziano o un collegio di anziani toglie la comunione a un membro e ordina alla fratellanza di non frequentarlo più. Quasi sempre queste decisioni vengono prese dopo un lungo e sofferto periodo nel quale, a fronte di una situazione di evidente peccato di un fratello, di cui anche la chiesa viene messa a conoscenza, gli anziani dopo aver tentato di tutto, come insegna il Signore stesso in Mt 18,15-17, senza tuttavia essere riusciti a raggiungere un risultato soddisfacente, come ultima risorsa ricorrono a questo provvedimento. In questi casi è, quindi, senza dubbio giusto seguire l’indicazioni degli anziani, fino a quando non ci sarà da parte di quel fratello un chiaro ravvedimento, a quel punto andrà riaccolto con amore e consolato (2 Cor 2,7-8). Può succedere, però, che per qualche ragione gli anziani non seguano fedelmente questa procedura.
     Il caso, a cui so che ti riferisci, ad esempio, presenta alcune differenze importanti rispetto a quello classico che ho citato, e queste differenze spostano l’attenzione su di un altro tema molto più scottante; quello della disciplina degli stessi anziani. Sappiamo infatti che la Scrittura prevede che anche gli anziani possano esser sottoposti a disciplina (1 Tim 5,19-20), ma in quali casi e quando? Da chi possono venire accusati davanti all’assemblea, come dice il versetto 20, non essendo più presenti i 12 apostoli? Ed ancora, come può avvenire questo ed essere un momento costruttivo ed edificante per la chiesa? Fortunatamente, per quello che ne so, questi casi sono rari; ma ho costatato che il vero problema purtroppo, è che quando capitano, non si riescono quasi mai a risolvere e causano grossi danni alla chiesa e in particolare ai giovani credenti.
     Prima di tutto, mi sono informato e nel caso specifico, a cui ti riferisci, l’ordine degli anziani non era stato precisamente quello di non avere più rapporti con un fratello, ma è stato un «caldo invito a non avere contatti con lui». In pratica è stato dato un caloroso consiglio, ma pur sempre un «consiglio», lasciando alla fratellanza la libertà di decidere cosa fare; per cui non tutti lo hanno seguito e non sono incorsi per questo in nessuna disciplina. So anche infatti, che quel fratello, oltre a mantenere rapporti con una parte della fratellanza, è stato invitato in diverse altre assemblee come predicatore, nonostante che quelle chiese conoscessero la situazione e fossero in comunione con l’assemblea, che aveva dato quel «caldo consiglio». Condivido il pensiero di quei fratelli, che avrebbero preferito ricevere da quegli anziani un’indicazione più precisa e motivata riguardo alle cause della disciplina, perché se un motivo valido c’era, andava detto e dimostrato chiaramente, non solo «comunicato», ma questo non è veramente il punto importante. La situazione «anomala», che ha provocato questo «pasticcio», come lo chiamerei io, è il fatto che all’origine ci sono state accuse molto gravi d’immoralità verso gli anziani stessi e supportate sembra, da diverse testimonianze. In pratica cioè l’esortazione a non contattare più quel fratello potrebbe suonare in questo caso come un invito a non verificare le accuse fatte verso di loro e l’autorità degli anziani; in questo caso potrebbe essere stata usata semplicemente per evitare la verifica di quelle accuse.
     Questo tipo di situazione come ti dicevo, purtroppo non può essere risolta facilmente, perché sarebbe necessaria la presenza di una autorità, che possa intervenire anche nella conduzione della chiesa, cosa che però nelle «chiese dei Fratelli» non può succedere, perché come sappiamo, ogni assemblea è «autonoma», e a parere mio questo è corretto scritturalmente.
     Ecco quindi «l’arcano da svelare». Come è possibile evitare che si verifichino nella chiesa situazioni di «abuso di potere» come quella ipotizzata, non essendo più presenti i 12 apostoli e non essendo riconosciuta nessun’altra autorità, che possa intervenire? La discussione secondo me potrebbe essere ampia e interessante. Il mio contributo, comunque, è il seguente. Nei casi simili a quello citato e in cui siano presenti 2 o 3 testimoni, che accusano gli anziani di qualcosa, si dovrebbe ricorrere all’aiuto di uno o due saggi, come suggerisce l’apostolo Paolo in 1 Cor 6,5: «Non c’è tra voi neppure un savio, che possa pronunciare un giudizio tra i suoi fratelli?». I savi, per essere accettati e rispettati, dovrebbero essere riconosciuti tali da entrambe le parti in contesa, e in questo caso sostituirebbero l’intervento degli apostoli. Ai saggi riconosciuti da entrambe le parti dovrà essere data quindi l’autorità di decidere come intervenire, se necessario anche con la disciplina.
     Se, però, quei testimoni o gli anziani di quell’assemblea si sottraessero a questo tentativo di conciliazione, che per quel che capisco, è l’unico possibile, si potrebbe ipotizzare, anzi più che ipotizzare, riconoscere implicitamente che le accuse rivolte a chi rifiuta la verifica siano fondate. A parere mio, quindi, se sono i fratelli, che accusano gli anziani, a rifiutare la verifica, se non si ravvedono, dovrebbero essere messi sicuramente fuori comunione; se invece sono gli anziani a rifiutare l’intervento e il giudizio dei «savi», non andrebbero obbediti.
     Non so veramente se questa è l’unica soluzione o la più saggia, sono certo comunque che, nel caso gli anziani si trovino in questa situazione, dovrebbero sicuramente fare di tutto per uscirne puliti, per evitare danni alla chiesa. Evitare un chiarimento aperto e schivare una verifica seria, mina sicuramente la fiducia, che invece sono tenuti a mantenere forte, siccome sono chiamati a «guidare con l’esempio»: «Pascete il gregge di Dio... non come signoreggiando su coloro, che vi sono affidati, ma essendo il modello del gregge» (1 Pt 5,2-3).




2. OSSERVAZIONI E OBIEZIONI: Terrò le mie risposte brevi, alfine di permettere ad altri di intervenire in merito nella discussione. Il quadro completo è chiaro a tali due credenti, che si sono confrontati su questo tema, ma non del tutto a me, che ho letto solo questo scritto. Per quanto ho capito fra le righe, i due temi intrecciati sono la sottomissione ai conduttori, la disciplina dei conduttori e quella proprio verso di loro. La disciplina verso i conduttori costituisce in tale scritto l’aspetto più difficile nella sua gestione concreta. […]

     La mia risposta sta sul sito, dove sono presenti i seguenti punti: 2.1. La sottomissione reclamata dai conduttori; 2.2. Interventi adeguati e arbitrari dei conduttori; 2.3. La disciplina verso i conduttori.
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Sottomiss_disciplina_UnV.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
     ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati ad esso.

ATTENZIONE! Questo articolo ha un carattere specialistico e non è per tutti. Per favore, non intervenire se, dopo aver letto l’intero articolo sul sito, ti rendi conto che ti manca la necessaria competenza in merito!