giovedì 27 novembre 2014

Mi sono bloccato

MI SONO BLOCCATO

«O Dio, abbia pietà, quando in me non c’è posto per te. Vieni, o Dio, per un momento, e donami una parola, che mi apra e mi porti avanti. Signore, abbi pietà» (Günter Ruddat; tradotto e adattato da Nicola Martella; fonte: «Parola di grazia»).

Chi non lo conosce: un movimento sbagliato, un colpo di freddo, uno strappo muscolare o un «colpo di strega» e ci troviamo bloccati per giorni, senza poterci muovere. Tutti i tentativi per sbloccarci, vanno a vuoto. Similmente accade, a volte, sul piano spirituale. 


     Ci sono momenti, in cui ci si chiude e blocca come un vecchio lucchetto, e tutti i tentativi di sbloccarsi risultano vani. Si è andati in tilt come un vecchio flipper, e bisogna spegnere e riaccendere la macchina. Come per un computer, il sistema si è bloccato e non reagisce più; ci vuole un reset.
     Così ci accade, a volte, anche come credenti. Non sentiamo più Dio presente nella nostra vita, poiché come una specie di nebbia ci impedisce di vedere il sole. Ciò accade perché abbiamo tante occupazioni o tanti problemi, che si pongono come una folta vegetazione dinanzi alla vista. Siamo come quel ciclista, che ha perso il ritmo, e si è staccato lentamente dal gruppo. Siamo come quei motori di un tempo, che quando si ingolfavano, per farli ripartire, bisognava tirare a strappo a una corda avvolta al volano, girare una manovella, calcare un pedale o farli andare a spinta.
     Come detto, ci sentiamo come quella vecchia serratura, che non si lascia più aprire. Ci vuole qualcosa che la disincrosti, la lubrifichi o la faccia funzionare di nuovo. Quando un suono colpisce un diapason alla stessa lunghezza d’onda, esso vibra e risuona. Similmente anche noi necessitiamo di una parola di grazia da parte del Signore, che dalla sacra Scrittura vibri all’unisono nella nostra particolare situazione e ci apra a una nuova relazione con Dio. Una volta avviata, tale nuova melodia nel nostro spirito, essa farà vibrare all’unisono altri versi della Scrittura, con cui sentiremo nuovamente che Dio ci parla, ci esorta, ci ammonisce, ci insegna, ci incoraggia, ci consola. Il lucchetto è di nuovo ben oleato e la chiave lo apre senza difficoltà.

Per l’approfondimento biblico (Il senso di questa lista di versi è di stimolare la riflessione dei lettori, per aiutarli formulare contributi confacenti al tema):
     ■ «Signore… di’ soltanto una parola» (Matteo 8,8).
     ■ «L’anima mia è avvilita nella polvere; ravvivami secondo la tua parola» (Salmo 119,25). […]

Il resto dello scritto si trova sul sito. [CONTINUA LA LETTURA: http://diakrisis.altervista.org/_Cres/T1-Bloccato_GeR.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
     ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati ad esso.

martedì 25 novembre 2014

Battezzare solo nel nome di Gesù?

BATTEZZARE SOLO NEL NOME DI GESÙ?

Un lettore mi ha scritto quanto segue: Ti scrivo perché ho bisogno del tuo aiuto, dato che si è ripresentato il problema sulla formula battesimale da utilizzare. Vorrei chiederti, se puoi inviarmi una spiegazione, che mi permetta di asserire che il battesimo va somministrato nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Ti ringrazio, purtroppo mi vedo costretto a rivolgermi a te sia per la mia ignoranza, sia perché seguo i tuoi argomenti, che mi hanno sempre aiutato ed edificato. {L.M.; 27-10-2014}

Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondo come segue:

1. IL PARAVENTO PER IL MODALISMO ANTITRINITARIO […]
2. LA FORMULA BATTESIMALE […]

3. ALCUNI APPROFONDIMENTI
     Tutti coloro, che battezzano in acqua senza la formula trinitaria, disonorano Gesù, che l’ha comandata, sminuendo la sua autorità di Messia e, quindi, di Figlio di Dio.
     Nel suo ultimo atto sovrano, prima di ascendere al Cielo, l’Unto a re comandò solennemente ai suoi apostoli: «Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli, immergendoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro d’osservare tutte quante le cose che vi ho comandate» (Mt 28,19s).
     Gli apostoli battezzavano nel nome, ossia autorità di Gesù quale Messia (At 2,38; 10,48; 19,5), ma usando la formula comandata dal Messia stesso. Come potevano altrimenti pretendere di ubbidire, disonorando il Signore proprio nel comando autorevole, che prescriveva loro come battezzare? È bizzarro il modo come unitariani e modalisti cerchino di vanificare tale brano maestro, con argomenti poco seri, ad esempio: la formula battesimale trinitaria ricorre solo in Matteo (anche altri comandi o altre promesse compaiono una sola volta, ma non per questo hanno meno autorità); la formula trinitaria sarebbe stata aggiunta nel brano nei secoli posteriori, falsificando la Scrittura (tutti i fautori di false dottrine usano tale argomento! Ma dove stanno le prove documentarie nei manoscritti?). Come si vede, non vale neppure la pena di affrontare tali argomentazioni per la loro banalità e falsità.
     Uno dei singolari argomenti adottati è quello del tempo, secondo cui dal comando di Gesù alla prassi battesimale della prima chiesa passò un certo tempo, in cui essa cambiò. Secondo tale scusa, si dà a intendere che gli apostoli sarebbero stati semplicemente disubbidienti alle parole del Signore, perché i tempi e le convenzioni ecclesiali erano cambiati. Ora, chiediamo: Dall’ascensione del Signore (quando Gesù diede il grande mandato) a Pentecoste (quando ci furono 3.000 convertiti giudei) quanto tempo era passato? Erano passati soltanto una decina di giorni, e forse meno! E in così pochi giorni, ci sarebbe stato tale cambiamento epocale nella prassi battesimale? Ciò è illogico e assurdo.
     A Pentecoste, Pietro non contraddisse il comando di Gesù, semplicemente perché ubbidì in tutto all’ordine del Messia. Si noti che nel concilio di Gerusalemme (Atti 15), dove furono dibattuti in modo controverso tanti argomenti allora esplosivi, non ci fu alcuna discussione sul battesimo, perché esso non si discostava dagli ordini del Messia.

4. ASPETTI CONCLUSIVI […]

Il resto dello scritto segue sul sito unitamente ai contributi dei lettori e alle mie eventuali osservazioni. [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Battez_nome_Avv.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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sabato 22 novembre 2014

Il rapporto dei conduttori con i soldi? Parliamone



IL RAPPORTO DEI CONDUTTORI CON I SOLDI? PARLIAMONE

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Qui di seguito discutiamo l’articolo «Il rapporto dei conduttori con i soldi». È necessario specificare alcuni ambiti importanti, risultanti dalla situazione descritta nell’articolo.
     Poiché tutto ciò, che scriviamo, può essere strumentalizzato da alcuni, confidiamo nella maturità e nella lealtà dei lettori in genere e di quanti hanno partecipato a questa discussione. Affermo qui che non prendo le parti per nessuno, ma affronto qui soltanto una questione, volutamente stereotipata, dal punto di vista biblico. […]

2.  IL RAPPORTO FRA CONDUZIONE E ASSEMBLEA: Al tempo del NT le chiese locali partecipavano attivamente alle decisioni delle loro conduzioni. Ad esempio, in Gerusalemme furono i credenti a scegliere i collaboratori degli apostoli (i futuri anziani), «sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza» (At 6,3), e a presentarli agli apostoli (v. 6), perché ottenessero il ministero e li affiancassero. Lo stesso accadde addirittura nel Concilio di Gerusalemme, dove furono la chiesa, gli apostoli e gli anziani ad accogliere i convenuti (At 15,4). La decisione presa «parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa» (v. 22). Lo stesso Pietro, che era una delle guide della chiesa di Gerusalemme, dopo essere stato a casa di Cornelio, tornato alla base, dovette giustificarsi dinanzi ai credenti (At 11,1ss). Egli non fece valere una sua presunta autorità, ma spiegò per filo e per segno che cosa era realmente avvenuto, affidandosi al giudizio degli astanti (vv. 4ss). Tale narrazione sincera e verace portò i credenti ad acquetarsi e a glorificare Dio, avendo capito che aveva dato il ravvedimento a salvezza anche ai Gentili (v. 18).
     Anche a Corinto la questione riguardo all’uomo, che si teneva la moglie del padre, non fu decisa soltanto fra i dirigenti della chiesa, ma parlò di un «voi», intendendo i credenti della chiesa (cfr. 1 Cor 5,1s). Erano i credenti riassunti in tale «voi» a doversi adunare per giudicare il caso (v. 4). Egli ricordò loro l’epistola, che aveva scritto (vv. 9.11), e ingiunse loro ad agire secondo le istruzioni, che essi tutti avevano ricevute (vv. 11ss). […] Da tutto ciò si evince che la massima autorità locale non era il «consiglio di chiesa», ossia i conduttori, ma l’assemblea dei membri stessa. Perciò, Paolo ingiunse al missionario Timoteo riguardo ai conduttori, che peccano: «Riprendili in presenza di tutti, affinché anche gli altri abbiano timore» (1 Tm 5,20).

3.  QUANDO UN CONDUTTORE SI SQUALIFICA: Alcune altre trappole morali, in cui i conduttori possono cadere, sono costituite dall’abuso sessuale o dalla fornicazione, dalla sete di prestigio e di potere (cfr. 3 Gv 1,9s Diotrefe) e dall’amore per il denaro e dal desiderio di arricchirsi (1 Tm 6,9s). A ciò si aggiungano varie dipendenze, magari esercitate in segreto (cfr. 1 Cor 6,12ss). […]
     Un conduttore, che mostra una dipendenza da gioco (o un’altra) e che ha abusato delle finanze dell’assemblea, può essere certo perdonato […]. Tuttavia, bisogna reintegrarlo nella conduzione della chiesa locale, visto che il prerequisito per svolgere tale ministero, è che il candidato sia irreprensibile? (1 Tm 3,2; Tt 1,6s; cfr. 1 Tm 6,14). […] Tutto questo dipende sempre dall’entità della cosa accaduta, dalla reiterazione o meno del capo d’imputazione e dai delicati equilibri esistenti nella compagine ecclesiale. In ogni cosa ci vuole saggezza, discernimento ed equilibrio, poiché un’opera ecclesiale preziosa può essere distrutta sia per estrema rigidità sia per lassismo e falsa tolleranza.

4.  ASPETTI CONCLUSIVI: […] Chi ha una dipendenza qualsiasi, non è in grado di esplicare un ministero, in cui è richiesta l’irreprensibilità, e di pasturare il gregge come il Signore richiede; a ciò si aggiunga che dovrebbe trovare lui stesso chi possa aiutarlo a uscire dal suo labirinto mediante una cura d’anime specifica.
     Essendo l’assemblea dei membri battezzati l’ultima istanza nella stessa chiesa locale, come abbiamo visto, in situazioni del genere in cui uno dei conduttori si è macchiato di una pecca morale rilevante e il «consiglio di chiesa» lo ha coperto, l’intero gruppo che dirige la comunità fa bene a rendere conto del loro comportamento dinanzi all’assemblea dei membri. […]
     In momenti del genere, bisogna evitare ogni «clima da resa dei conti», ma bisogna agire come dinanzi al Signore, in fede e timor di Dio, in amore e verità, in misericordia e giustizia. Infatti, bisogna rialzare chi è caduto con uno spirito di mansuetudine, sapendo che nessuno è assicurato contro le tentazioni (Gal 6,1) e che chiunque oggi sta in piedi, fa bene a guardare di non cadere egli stesso (1 Cor 10,12).

Il resto dello scritto segue sul sito unitamente ai contributi dei lettori e alle mie eventuali osservazioni. [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Condutt_soldi_Avv.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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venerdì 21 novembre 2014

E io prego!

E IO PREGO!

1. Nostalgie e dietrologie
     In rete alcuni danno sfogo alle loro nostalgie, ricordando che da bambino non avevano l’IPhone, la Wii, la Playstation, l’Xbox e cose simili, ma giocavano spensierati. […]

2. Comunicazione e preghiera
     Vero è che il nostro mondo pieno di tecnica non può sostituirsi alla comunicazione umana. La tecnica certo può favorire la comunicazione umana sulle piccole, medie e grandi distanze, oppure può distrarre da essa, diventando essa stessa l’oggetto dell’attenzione. In ogni modo, la tecnica non è negativa in sé, ma dipende sa ciò che ne facciamo.
     L’IPhone, l’IPad e altri strumenti simili non possono certo rendere possibile la comunicazione con Dio nella preghiera. Quest’ultima ha una lunghezza d’onda molto diversa. Mentre i cellulari anche di ultima generazione non «prendono» dappertutto, la comunicazione con Dio nella preghiera ha «campo» in ogni luogo: sulla vetta di un monte, in pieno oceano, in uno scantinato, nel deserto, su un’isola sperduta, nella cella di un penitenziario, in un lager di prigionia. Con Dio si può stare in rete dappertutto.

3. Sempre in rete con il Cielo
     Dove l’IPhone, l’IPad e simili strumenti falliscono, «l’IPray» (= io prego) funziona sempre! Puoi sempre essere online! Fanne buon uso, per brevi «messaggini» inviati al Padre celeste qui e là («Signore ti ringrazio per…», «Padre nostro, ti prego per…», ecc.) al bisogno o in mezzo a tante attività, oppure per «telefonate» più lunghe con Lui, in altri momenti durante la giornata, magari quando c’è più calma.
     E se uno non sa i numeri per il Cielo? Niente panico, basta digitare uno dei seguenti:
     Salmo 50,15: «Invocami nel giorno dell’avversità: io ti salverò, e tu mi glorificherai!».
     Geremia 33,3: «Invocami, e io ti risponderò, e ti annunzierò cose grandi e impenetrabili, che tu non conosci».
     Matteo 7,7: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto».

Certamente ci sono anche altri numeri di telefono (= promesse), che funzionano e che voi potete aggiungere. Se vi viene chiesto un PIN, allora digitate: «Nel nome di Gesù».
     Buona preghiera a tutti!

Il resto dello scritto si trova sul sito. [CONTINUA LA LETTURA: http://diakrisis.altervista.org/_Disc/T1-Io_prego_Mds.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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martedì 18 novembre 2014

Il rapporto dei conduttori con i soldi

IL RAPPORTO DEI CONDUTTORI CON I SOLDI

Un lettore mi ha scritto quanto segue: Caro Nicola, ti faccio parte della seguente storia. A me e a un certo numero di credenti della mia chiesa è arrivata, in forma anonima, una lettera di denuncia e un CD audio. Quest’ultimo contiene spezzoni di discorsi del consiglio di chiesa, quindi senza l’intero contesto, tuttavia con affermazioni ben chiare.
     Espongo i fatti, focalizzandomi su un solo argomento ascoltato, anche se si dovrebbe discutere su tante altre cose udite. Dalle registrazioni si evince che il pastore si è giocato al calcio scommesse una somma superiore ai 5.000 e inferiore ai 10.000 €, per coprire un altro debito più basso contratto in precedenza. Chiesi agli altri conduttori, se questo fatto non portasse discredito al ruolo del pastore e non lo squalificasse. Mi fu risposto di no, perché ciò è stato fatto una sola volta e, il giorno dopo, il pastore in questione aveva messo al corrente gli altri conduttori dell’atto compiuto.
     Ti metto al corrente che nella nostra chiesa, il pastore in questione è sostenuto dai credenti con un mensile, proveniente dalle offerte.
     Le mie domande, che ti pongo, sono queste: La comunità aveva il diritto di essere messa al corrente dell’accaduto? Il fatto che il pastore abbia giocato soldi al calcio scommesse è giudicabile come peccato, perché è un atto di sfiducia verso il Signore e perché mostra una gestione irresponsabile del denaro e priva di principi cristiani (da qualunque fondo egli abbia attinto quei soldi)? Può un credente, degno di doppio onore come un pastore, affermare che si tratti di un atto irrilevante, perché compiuto una sola volta (è poco credo in base alla cifra giocata), rifugiandosi dietro all’affermazione: «L’ho fatto una sola volta, non è un vizio»? Quali provvedimenti scritturali dovevano essere presi in questa situazione?
     La risposta ufficiale del collegio di anziani è stata la seguente: La chiesa non è stata informata, perché l’accaduto non è peccato e perché il fratello, il giorno dopo la giocata, ha informato gli anziani del fatto con pentimento. Quindi, il fatto non è imputabile come vizio, perché è stato commesso una sola volta.
     Nicola, ti scongiuro, aiutami con questo rompicapo, anche se l’argomento deve diventare motivo di discussione sul tuo sito. {R.R., ps.; 26/06 – 15/10-2014}

Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondo sul sito. [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Condutt_soldi_UnV.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
     ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati a esso.


sabato 15 novembre 2014

Se tu ricevessi un SMS dalla tua defunta nonna



SE TU RICEVESSI UN SMS
DALLA TUA DEFUNTA NONNA


1. UNA STORIA INCREDIBILE, MA VERA: Ricevere un SMS dal numero del telefonino della propria nonna morta? Questo è proprio ciò, che è successo a una ventiduenne inglese, come ha raccontato al giornale locale «Shields Gazette». Che cosa era successo?
     Tre anni prima, nel giugno del 2011, la nonna era morta di cancro all’età di solo 59 anni e fu sepolta. Ora, poiché tale donna inviava volentieri SMS ogni giorno a tutti i suoi parenti e amici, pensarono bene di seppellire insieme a lei anche il suo telefonino con il numero ancora attivo.
     E poi venne quel giorno, in cui la nipote, un giovane donna inglese, rimase senza parole, non credendo ai suoi propri occhi, quando lesse tale SMS, che le era appena arrivato: si presentava proprio come un messaggio della nonna. Controllò il numero: era proprio lo stesso!

Ora, certo, potrei proseguire con la narrazione. Tuttavia, chiedo a voi lettori: Che cosa potrebbe essere successo? Le possibilità sono varie; ma che cosa è accaduto veramente?
 



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mercoledì 12 novembre 2014

Fine del mondo e comunione dei beni



FINE DEL MONDO E COMUNIONE DEI BENI

1.  LE QUESTIONI: Chi conosce me e le mie opere, non dubiterà che io creda nel prossimo ritorno del Signore, nel giorno che Dio Padre ha stabilito. Non sono neppure contrario a forme di «comunanza» di vita e di beni, se ciò avviene senza coercizione e come volontario «impegno d’amore» di tutti verso tutti e per l’avanzamento del regno di Dio. Qui parliamo d’altro, ossia della coercizione a praticare assolutamente la comunione dei beni sulla base di un’ossessione apocalittica di un «santone»; e tale «collettivismo» distinguerebbe spesso la vera chiesa (tale gruppo) da tutto il resto dei cristiani, dichiarati come appartenenti a una chiesa oramai apostata.
     Durante il corso della storia, sono sempre sorti personaggi pieni di fervore apocalittico, che hanno predicato l’avvento del Signore nel giro di mesi o al massimo di qualche anno. Così facendo, hanno convinto o costretto i credenti a vendere tutti i loro beni e a mettere il ricavato in comune, nell’attesa di tale giorno. Durante il corso della storia troviamo sempre lo stesso modello ricorrente: tali «santoni» affermano con certezza che l’avvento del Signore è impellente, stabiliscono spesso anche delle date specifiche; e quando a tale scadenza il Signore non corrisponde alle loro presunte predizioni, invece di ravvedersi, trovano una scusante (alcuni non sono ancora pronti, c’è ancora del peccato in qualcuno degli adepti, non ci si fida ancora abbastanza del Signore, ecc.) e affermano di aver ricevuto una «ulteriore rivelazione», che sposta tale evento di diversi mesi o di alcuni anni (cfr. Montano, Gioacchino da Fiore, Thomas Müntzer). […]

2.  COMUNIONE DEI BENI QUALE COSTANTE NEL NT?: […] L’esperienza della chiesa di Gerusalemme (At 2) era dato dal fatto che i credenti giudaici fossero convinti che il Messia sarebbe ritornato nel giro di vari mesi o, al massimo, di qualche anno. In breve tempo, tale comunione dei beni e la sopravvenuta carestia (At 11,28) portarono i credenti di Gerusalemme e della Giudea in una grave crisi e in grande povertà. Infatti, Paolo e la sua squadra furono costretti a fare una raccolta di fondi tra le chiese a maggioranza gentile, per soccorrere tali credenti della Giudea, per alleviare la loro indigenza (At 11,29s), specialmente nei confronti dei «poveri fra i santi, che sono in Gerusalemme» (Rm 15,25ss; cfr. v. 31; 2 Cor 8,2ss; 9,1-15).
     Nel resto del NT non troviamo nulla del genere, che assomigliasse a una comunione dei beni, né tra i cristiani giudei, né tra quelli gentili. Troviamo invece che i fratelli non dovevano approfittare degli altri fratelli negli affari. Paolo ingiunse ai credenti «che nessuno inganni e frodi negli affari il proprio fratello, perché il Signore è il vendicatore di tutte queste cose» (1 Ts 4,6); ciò mostra che essi non praticavano la comunione dei beni, né avevano interessi lavorativi ed economici coincidenti. Ciò è mostrato anche dalla raccomandazione, secondo cui ciascuno non doveva cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri (Fil 2,4). A ciò si aggiunga che Paolo e la sua squadra, lungi dal raccomandare la comunione dei beni, esortavano «a cercare di vivere in pace, di fare i fatti vostri e di lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato di fare, affinché camminiate dignitosamente verso quelli di fuori e non abbiate bisogno di nessuno» (1 Ts 4,11s). Qui Paolo insegnava che ognuno provvedesse alla propria vita, lavorando per sé, senza dipendere dagli altri e senza ingerirsi nei fatti altrui; solo ciò avrebbe permesso di vivere in pace. Questo è tutt’altro che un «collettivismo» cristiano o una comunione dei beni. […]

3.  ASPETTI CONCLUSIVI: […] Ho avuto a che fare con personaggi del genere, e qualcuno di loro è così esaltato e fuorviato, che non si può far altro che mettere in guardia da loro. Non di rado, quando si va a sondare nel profondo di tali odierni «santoni», si scopre che hanno spesso un passato nella droga, nelle religioni orientali o nell’esoterismo, se non in tutti e tre tali ambiti. A un certo punto hanno cristianizzato le loro tesi gnostiche, e sono diventati così molto pericolosi per le anime. Si presentano spesso come particolari strumenti di Dio (unti, profeti, apostoli, ecc.). Come detto, avendo una certa capacità persuasiva e suggestiva, riescono spesso a manipolare così i loro seguaci, da vivere a spese dei loro seguaci. Quindi, la comunione dei beni è necessaria a loro, per sopravvivere senza lavorare.
     Coloro, che sono stati plagiati, considerano tali santoni come «canali» di rivelazione speciale e come «profeti» particolari di Dio per gli ultimi tempi. Spesso tali guru cristianizzati si paragonano a Elia (Mal 4,5s), attribuendo a sé tale compito, come fece W.M. Branham, dimenticando che per Gesù Giovanni Battista era «l’Elia che doveva venire» (Mt 11,13s). Oppure si paragonano volentieri a uno dei due profeti dell’Apocalisse (Ap 11,3-12), dimenticando però che essi saranno Ebrei e che agiranno durante il «giorno del Signore» in Gerusalemme. Intanto, tali santoni vivono a spese dei loro seguaci, con l’intento di costruirsi una propria organizzazione, con cui espandere il loro potere e spesso anche i loro profitti.

Questi sono solo alcuni stralci dell’articolo, che si trova sul sito. [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Fine_beni_Esc.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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