giovedì 29 ottobre 2015

Immagini errate di Gesù



IMMAGINI ERRATE DI GESÙ

1.  FALSE IMMAGINI DI GESÙ: Tale immagine viene continuamente posta dai cristiani sulle loro bacheche o nei gruppi di appartenenza in Internet, ma essa disonora il Signore per alcuni motivi.
     1. Così si mostra un Gesù, che non è mai esistito, perché appartenente all’iconografia occidentale. Gesù era un semita del Medio Oriente, non uno scandinavo, dalla carnagione chiara, con gli occhi celesti e i capelli lunghi, secondo i casi con tonalità dal biondo al nero. Neppure aveva un’apparenza femminea o delicata come un filosofo; egli aveva lavorato per 30 anni come falegname o artigiano. Non si differenziava dagli altri per una particolare attrattiva o bellezza fisica; infatti è scritto: «Non aveva forma né bellezza da attirare i nostri sguardi, né apparenza, da farcelo desiderare» (Is 53,2).

     2. Così si pone il Creatore (Gesù) e la creatura (Satana) sullo stesso piano. In tal modo si dà troppa importanza al Calunniatore (gr. diábolos).

     3. Così si crea una falsa immagine del Signore. Gesù non fece e non fa a braccio di ferro con nessuno, tanto meno con Satana.

2.  GESÙ E LA TRASCENDENZA OCCULTA: [sul sito]
3.  L’OPERA DI RISCATTO DI GESÙ: [sul sito]

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martedì 27 ottobre 2015

Tra il dire e il fare — Martin Luther King



TRA IL DIRE E IL FARE — MARTIN LUTHER KING

1.  UN MODELLO INCOERENTE: Sottoscrivo a pieno tale asserzione poste sull’immagine, e ciò indipendentemente da chi l’abbia scritta. È un obiettivo nobile e degno di essere seguito.
     Peccato però che proprio Martin Luther King stesso non si sia attenuto a tali apprezzabili propositi, come avrebbe dovuto. Anche la sua coscienza gli chiedeva: «È giusto?», quando si portava a letto le sue seguaci; ma allora lui aveva così «drogato» e tacitato la sua coscienza, che egli oramai non sentiva più la sua flebile voce.
     Perciò, se si può apprezzare Martin Luther King per le sue battaglie sociali per i diritti civili degli svantaggiati, per me non è un modello etico da imitare e da indicare ad altri come esempio di moralità.

2.  UN MODELLO COERENTE: Preferisco guardare a Gesù Messia, che ha adempiuto a pieno tali buoni propositi indicati da Martin Luther King, e cioè fino in fondo e con estrema coerenza. Cristo Gesù, «pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio un bottino da difendere, [7] ma annichilì se stesso e prese forma di servo, divenendo a somiglianza degli uomini; [8] e trovato nell’esteriore come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce» (Fil 2,6ss).
     Gesù Cristo è il vero modello da imitare, che non inganna mai e non viene mai meno. [...]

3.  CHIAMATA ALLA COERENZA: Anche noi seguaci di Gesù, l’Unto a Re, non siamo solo chiamati a formulare buoni principi, ma applicarli dapprima a noi stessi. Paolo era consapevole di servire «di esempio a quanti in seguito avrebbero creduto in lui per avere vita eterna» (1 Tm 1,16). Altresì insegnava ai suoi collaboratori a vivere in modo esemplare per gli altri «credenti, nel parlare, nella condotta, nell’amore, nella fede, nella castità» (1 Tm 4,12; Tt 2,7s). [...]



Per l’approfondimento:

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sabato 24 ottobre 2015

Adolescenti onniscienti



ADOLESCENTI ONNISCIENTI

1.  ENTRIAMO IN TEMA: La mia adolescenza è stata tutta «Sturm und Drang» (= «tempesta e impeto» o «tumulto e brama»), per dirla con una corrente della letteratura tedesca al tempo dell’Illuminismo, detta pure «tempo o periodo del genio» (1765-1785). E questo tanto più, perché a 15 anni sono andato via di casa e ho vissuto gli anni più difficili lontano dai genitori.
     Ho avuto tre figli, che sono passati per «l’età di mezzo», detta adolescenza, periodo che sta tra l’infanzia e l’età adulta. Col senno del poi, posso dire che il decorso di tale «varicella» è stato nel complesso ottimale... per quello che ho visto o sappia io. In tale periodo, i ragazzi non si sentono «né carne, né pesce», o ambedue, oppure ora l’uno ora l’altro. È l’età degli esperimenti, della ricollocazione, in cui si passa dall’imitazione dei modelli alla propria identità, mettendo sotto stress proprio gli usuali punti di riferimento. È il tempo della metamorfosi, dei bivi, delle scelte che possono portare a diventare persone migliori e mature oppure a entrare o in un tunnel senza fine o addirittura in un labirinto.
     Sopra ho messo la mia cartolina, un po’ ironica, che indirizzo agli adolescenti.


2.  PER L’APPROFONDIMENTO BIBLICO [→ Sul sito]

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martedì 20 ottobre 2015

Il mutamento e le sue cause (Medita→ azione 20-10-2015)



IL MUTAMENTO E LE SUE CAUSE
Medita→ azione 20-10-2015
 

«Cantate salmi all’Eterno, voi suoi santi, e celebrate a memoria della sua santità! [5] Infatti, per un momento si è nella sua ira, per una vita [intera] nella sua clemenza. La sera sopravviene il pianto, ma al mattino c’è il giubilo» (Salmo 30,4s lett.).
  


I nostri problemi non sono solo legati alla contingenza, all’ambiente, alle circostanze oggettive, alle scelte altrui, agli accadimenti e agli accidenti, ma hanno una dimensione teologica. Perciò, possono essere risolti specialmente in modo teocentrico, in riferimento a Dio.
     È singolare che non è tanto supplicando il Signore, ricordandogli la lista dei nostri guai e delle nostre preoccupazioni, che otteniamo la serenità, quanto dapprima lodando e celebrando Dio! Per prima cosa ci riportiamo alla mente chi Dio è; egli è in ebraico «Jahwè», ossia «chi è qui, chi interviene» (Es 3,6ss.15ss). Poi facciamo mente locale riguardo ai suoi atti storici passati. I «santi», infatti, ossia coloro che sono usciti dalla profanità per essere «speciali per l’Eterno», celebrano il Signore la «a memoria della sua santità».
     Similmente si legge: «Rallegratevi nell’Eterno, o giusti, e celebrate a memoria della sua santità!» (Sal 97,12 lett.). Si noti come i «santi» sono altresì i «giusti». Rallegrarsi nel Signore, ossia per ciò che Egli è, fa e dà, muta il nostro rapporto verso le cose e i problemi, che ci stanno intorno (cfr. Fil 3,1ss; 4,4ss.10ss).
            Con tali premesse, Davide portò alla mente dei devoti le proporzioni delle cose (Sal 30,5). [→ Continua sul sito]

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lunedì 19 ottobre 2015

Il quasi ateo e l’aldilà



IL QUASI ATEO E L’ALDILÀ

Un lettore mi ha scritto quanto segue: Salve, mi chiamo Massimo. Ho trovato interessanti i vostri argomenti. Si può dire ormai, che sono un ex cattolico sulla via dell’ateismo e che ho ancora le idee molto confuse per quello che riguarda l’escatologia. Avrei delle domande da fare: ▪ 1. Cosa vuol significare la parabola di Lazzaro e del ricco epulone allora? ▪ 2. I passi della Bibbia, che alludono al Purgatorio, non sono molti, ma sufficienti a far credere che ci sia. Cosa ne pensa? ▪ 3. Quale versione della Bibbia bisogna studiare, se non ce n’è una che corrisponda all’altra? ▪ 4. Cosa accadrà a un ateo dopo la morte? In attesa di un vostro riscontro, porgo cordiali saluti. Grazie. {M.S.; 12-10-2015}

AD ASPETTI RILEVANTI DI TALI QUESTIONI RISPONDO COME SEGUE: [...] Riguardo alle domande poste si veda inoltre quanto segue e alcuni articoli di approfondimento già presenti sul mio sito.

     ■ 1. Cosa vuol significare la parabola di Lazzaro e del ricco epulone allora?
     Letterariamente non si tratta di una «parabola», ma di una rivelazione di Gesù Messia. Con tale narrazione Gesù mostrò il destino di due uomini appena dopo la morte: l’uno andò in Paradiso (il luogo di godimento preventivo in attesa della risurrezione a vita); l’altro si ritrovò nell’Ades (il luogo di patimento preventivo in attesa del giudizio finale). Per i dettagli si veda l’articolo «Il ricco, Lazzaro e i generi letterari».

     ■ 2. I passi della Bibbia, che alludono al Purgatorio, non sono molti, ma sufficienti a far credere che ci sia. Cosa ne pensa? [sul sito]
     ■ 3. Quale versione della Bibbia bisogna studiare, se non ce n’è una che corrisponda all’altra? [sul sito]

     ■ 4. Cosa accadrà a un ateo dopo la morte?
     La sacra Scrittura non lascia dubbi in merito. Dio ha un solo metodo di salvezza: «È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio» (Ef 2,8; cfr. Rm 5,2). Per accedere a tale salvezza per i meriti di Cristo soltanto, bisogna aver fatto una decisione di fede, prima di morire; infatti, già subito dopo la morte c’è un giudizio preventivo, che stabilisce la destinazione (Eb 9,27); alla fine dei tempi, ci sarà poi il giudizio finale, per stabilire l’entità della pena degli increduli e dei malvagi (Ap 20,11-15). Questa è la discrimina fra salvezza e perdizione: «Chi crede nel Figlio, ha vita eterna; ma chi rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui» (Gv 3,36). Quindi, ogni ateo è perduto, rimane tale, dopo la morte va nell’Ades (luogo di condanna preventivo; Lc 16,23) e alla fine dei tempi, dopo il giudizio finale, sarà destinato al fuoco eterno (Ap 20,15; 21,8).

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lunedì 12 ottobre 2015

Credere nella fede o in Dio?



CREDERE NELLA FEDE O IN DIO?

1. ENTRIAMO IN TEMA: Allimmagine originale de «La Bibbia ogni giorno», ho fatto alcune mie correzioni. La ripetizione di luoghi comuni, come «ciò che la fede può fare», crea un falso consenso, a cui poi alcuni non badano più. Per questo si fa bene a riportare alla mente la verità biblica.

2. DOBBIAMO CELEBRARE LA FEDE?: Ecco un altro esempio. Egidio Annunziata scrive tra altre cose condivisibili: «In queste circostanze dobbiamo celebrare la FEDE e dobbiamo compiere azioni valorose» (qui; 29-08-2015). Gli ho risposto così: Tu scrivi che «dobbiamo celebrare la FEDE». No, noi non crediamo nella fede, ma in Dio; altrimenti creiamo un «altro evangelo». Perciò dobbiamo celebrare non la fede, ma il Signore!
     Sapete che cosa mi ha risposto? «La Fede è Cristo» (31-08-2015). No, la «fede» è la «fiducia» in Cristo, non Cristo stesso. Come può l’espressione del cuore verso qualcuno essere tale qualcuno? Non tornano i conti già per motivi di semplice logica.
     Egli mi ha risposto ancora così: «In Ebrei 12,2 è scritto: “Fissando lo sguardo su Gesù, Colui che crea la fede e la rende perfetta”. Caro fratello, come sai, non mi piacciono le dispute, ma i miei messaggi sono volti a far conoscere e credere in Gesù Cristo, l’autore della nostra Fede» (31-08-2015). Ecco la mia ennesima risposta: Dici bene: Gesù è «l’autore della nostra fede». Come può egli essere la «fede» (= fiducia) stessa? Non ti dice allora la logica, sia umana sia biblica, che «dobbiamo celebrare Cristo» e non la nostra fiducia in Lui? Se i nostri messaggi sono «volti a far conoscere e credere in Gesù Cristo», allora faremmo bene a cominciare a tagliare rettamente la Parola della Verità, affinché siamo approvati da Dio e non siamo degli operai confusi (2 Tm 2,15). Col nostro linguaggio salvaguarderemo gli altri, se è secondo verità, oppure condizioneremo negativamente gli altri, se esponiamo «quasiologie», ossia approssimazioni dottrinali. Ripetendo cose approssimative, esse diventano consenso per noi e altri, e alla fine crediamo che la Scrittura dica proprio così. Quindi, è una grande responsabilità rappresentare la dottrina con veracità, con lealtà e con scrupolo.
     Ammetto che mi ha molto sorpreso, quando ha affermato come risposta: «Infatti affermavo questo! Magari non ti è stato chiaro» (31-08-2015). Perplesso mi sono domandato: Come si fa a dire che capri e cavoli siano la stessa cosa? Come si fa a suggerire che io abbia preso fischi per fiaschi?

3. ALCUNE CONSIDERAZIONI: [sul sito]
     SUL SITO SEGUONO I CONTRIBUTI DEI LETTORI E LE MIE EVENTUALI OSSERVAZIONI

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venerdì 9 ottobre 2015

Obiettivo mancato



OBIETTIVO MANCATO

«Perciò bisogna che ci applichiamo ancora di più alle cose udite,
affinché non scivoliamo oltre» (Ebrei 2,1).

In una traduzione tedesca ho trovato la seguente parafrasi della fine del verso: «...affinché non galleggiamo oltre la meta». Mi è venuta in mente la seguente illustrazione: il naufrago, che galleggia sulla sua zattera, manca l’obiettivo, passandoci davanti alla deriva. Si pensi appunto a un naufrago, che prepara da settimane il suo approdo sulla terraferma nell’estremo punto di una penisola, studiando le stelle e le correnti; ma proprio quando sta per arrivare alla meta, o perché dorme o perché le correnti sono troppo forti, passa davanti alla terraferma e viene trascinato via dalla destinazione, nuovamente nel mare aperto, oltre al punto prefissato. Che tragedia!
     Torniamo al testo biblico. I Giudei, a cui l’autore dell’epistola agli Ebrei scrisse, si mostrarono disposti ad ascoltare l’Evangelo, li affascinò sapere che Gesù era il Messia promesso, tuttavia erano rimasti sulla soglia del nuovo patto e della salvezza, in stallo, attratti parimenti sia da Gesù, sia dal giudaismo d’origine. La preoccupazione dello scrittore era che tali Giudei non si attenessero scrupolosamente alle parole udite, ma che andassero alla deriva rispetto all’obiettivo, perdendosi. Trascurare una salvezza così grande, non avrebbe loro permesso di scampare al giusto giudizio di Dio (vv. 2s).

Domande di lavoro: Prendi qui l’occasione per esaminare le cose con sincerità e verità.
     1. Oltre alle questioni qui affrontate, in quali altri campi, ambiti e settori della vita si può mancare l’obiettivo?
     2. Nella tua vita ci sono questioni esistenziali o di fede, in cui tu non hai raggiunto l’obiettivo, essendoci passato davanti alla deriva? In che cosa e perché?
     3. Conosci persone, che avevano cominciato bene in senso spirituale e morale, ma poi hanno perso la coincidenza nell’importante stazione ferroviaria della loro vita?
     4. Secondo te quali sono i veri motivi perché, almeno in alcune fasi della vita, si scivola oltre o si va fuori strada?
     5. Una volta «deragliati» sul piano morale ed esistenziale si ha sempre una seconda possibilità? Qual è la tua esperienza con te stesso e con gli altri?

LO SCRITTO COMPLETO SI TROVA SUL SITO
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lunedì 5 ottobre 2015

Coscienza e colpa imputata



COSCIENZA E COLPA IMPUTATA

Ho letto in rete lo scritto di un giovane cristiano, che probabilmente sta attraversando una fase particolare della sua vita. Essendo le sue argomentazioni singolari e interessanti, gli ho scritto e chiesto se voleva un mio commento, e così è stato. Da quanto ho capito dallo scritto e da altre cose lette sulla sua bacheca, deve aver avuto un diverbio con qualcuno, presumibilmente con un altro giovane della sua comunità; qui cerca di elaborare l’intera vicenda, ma a modo suo, quasi per chiarirsi con se stesso e per mandare un messaggio cifrato al suo contraente e alle altre persone coinvolte. Tale «mistero» e il modo singolare di argomentare, elaborando i fatti accaduti, provocano a seguire le varie tracce lasciate, ad analizzare gli indizi dal punto di vista biblico e a svelare l’arcano. Preferisco lasciare anonimo tale giovane, dandogli uno pseudonimo.

1.  LE ASSERZIONI (Remo Istrio, ps.): «Dove non c’è legge, non c’è peccato». Di conseguenza, dove non c’è rimprovero, non c’è errore né sbaglio alcuno. Quindi, se io sono consapevole e convinto di non aver commesso errore, non si può pretendere da me una confessione, ossia senza che io lo riconosca, o che io trovi in me un errore, che non vedo.
     La relatività delle cose impone questo. A questo punto, se ci si è sentiti offesi da una verità, è la verità stessa che giudica, non colui che l’ha pronunciata, essendo la verità unica e immutabile; essa era prima dell’uomo. Non essendo stata recata offesa, ma è stata pronunciata una verità che, seppur non compresa, è tale; e uno si sente offeso o «toccato», allora è egli stesso che si colpevolizza.
     Uno non si sente scemo, se non reputa se stesso tale; e la pronuncia di questo dato di fatto o meno si concretizza, solo quando il ricevente decide d’interpretarla a suo modo, in ambi i casi. Quindi, colui che invia, non è altro che un ammonitore, non un giudice; il ricevente è libero d’interpretare il messaggio come un giudizio oppure come un ammonimento. Per tanto chi si offende in seguito a una dichiarazione più o meno veritiera, non è vittima del mittente, ma di se stesso. O nel caso della Parola di Dio, essa stessa lo giudica.
     Per cui io ho il dovere di denunciare la menzogna, ma essendo la Verità proclamatrice di verità ed essa stessa afferma: non mentire. Tu se menti, sei colpevole! Non perché lo dico io, ma perché riconosci di averlo fatto, riconosci che Dio è verità e non c’è menzogna in Lui.
     Un errata interpretazione non diventa offesa, resta ammonimento; ora un semplice ammonimento male inteso diventa un’offesa per il ricevente, sebbene non sia inviata dal mittente; in pratica essa è inviata da se stessi a se stessi, perché ci si reputa tali. {26-09-2015; formattazione redazionale}

2.  OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola Martella)

     Legge e peccato: La frase iniziale proviene da Paolo, che letteralmente scrisse: «Dove non c’è legge, non c’è neppure trasgressione» (Rm 4,15). Egli parlava della legge mosaica e del fatto che essa nel nuovo patto è stata abolita. Alla legge mosaica viene contrapposta la «giustizia, che viene dalla fede» (v. 13). Perciò, «l’eredità procede dalla fede, affinché sia secondo la grazia», ed è questo solo che rende sicura la promessa (v. 16).
     Perciò, è sbagliato trarre da ciò un alibi per le proprie azioni. E questo perché è il frutto che mostra l’albero (Mt 7,16-20; 12,33), con tutte le conseguenze dell’albero infruttuoso (Mt 3,10; 7,19). È vero che nel nuovo patto si è senza legge mosaica, ma si è sotto la «legge di Cristo» (1 Cor 9,21; Gal 6,2), detta anche la «legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù» (Rm 8,2). Se così non fosse, come giudicherebbe il Signore gli uomini? (At 10,42; Rm 2,16; 2 Tm 4,1; 1 Pt 4,5). E perché ci sarebbe un «tribunale di Cristo» per i credenti, per stabilire i loro premi di fedeltà? (2 Cor 5,10; 2 Tm 4,8; Gcm 1,12; 1 Pt 5,4).

SUL SITO LEGGI ANCORA I SEGUENTI PUNTI:
     Rimprovero ed errore
     Convinzione e realtà
     Verità oggettiva e soggettiva
     Apprezzamenti negativi
     Spaccare il capello
     Piazza pubblica

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sabato 3 ottobre 2015

Il cristiano quale libro vivente



IL CRISTIANO QUALE LIBRO VIVENTE

«Noi siamo le persone, che per il resto del mondo devono essere un libro, da cui esso possa leggere quale effetto abbia sull’animo la relazione col Salvatore» (Nikolaus Ludwig von Zinzendorf, 1700-1760, teologo evangelico tedesco).

1. Che tipo di libro sei?
     Esiste l’espressione «essere un libro aperto» per gli altri, ossia essere trasparenti, schietti, sinceri e veraci, quindi, non nascondere le proprie intenzioni.
     In rete ho letto la seguente allegoria sull’essere un libro, ricca di giochi di parole: «C’è chi ti legge come un libro aperto, / chi ti chiude come un libro letto, / chi ti scrive come un libro bianco, / chi ha perso il segnalibro, chi voleva leggerti / ma le emozioni non erano in saldo, / chi ti ha sfogliato e riposto sullo scaffale, / chi ti ha portato a casa e messo in libreria. / Forse un giorno qualcuno ti legge sul serio, / dalla copertina all’ultima pagina, / e ti porta con sé / come il dono più prezioso» (F.P. Ettari). Le mie ricerche sull’autore sono rimaste infruttuose.
     Qualcuno ha posto anche le seguenti domande: Che libro sei stato tu in passato? E oggi che libro sei?
 
 2. Domande di lavoro (Le seguenti domande di studio servono per stimolare chi vuole approfondire l’argomento e per orientare la discussione): Ecco alcune domande adatte anche per un discepolo di Gesù.
     ■ Se tu potessi paragonarti a un libro, tu che libro sei? O, meglio, che libro ti senti di essere?
     ■ Desiderano gli altri leggere in te? E che cosa comprendono dalle tue pagine?
     ■ Che cosa scrivi tu nella vita degli altri? Questa «traccia», che tu lasci negli altri, edifica e migliora gli altri?
     ■ Che pensare di quella persona, di cui viene detto: «La copertina dice una cosa, ma le pagine ne dicono un’altra».
     ■ Si può dire di te: «Che bella persona! Stare con lui è, ogni volta, un arricchimento, come quando si legge un buon libro!».
     ■ Oppure si può dire di te: «Che brutta persona! Ogni volta, mi lascia irritato e contristato, come quando si legge un cattivo libro!».
     ■ Che cosa permetti tu a Dio di scrivere sulla tavola del tuo cuore?

SUL SITO SEGUONO I CONTRIBUTI DEI LETTORI E LE MIE EVENTUALI OSSERVAZIONI
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