lunedì 29 febbraio 2016

Un nuovo patto stipulato nell’AT? 5: La conferma di Ezechiele



UN NUOVO PATTO STIPULATO NELL’AT? 5: LA CONFERMA DI EZECHIELE
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Questo confronto con Fernando De Angelis si estende per sei parti. Qui di seguito riportiamo la quinta parte.
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1.  LE TESI (Fernando De Angelis): Ezechiele riprenderà, poi, lo stesso tema [di Isaia e Geremia, N.d.R.] in modo più sintetico e, perciò, risulta ancora più chiaro. Dato che Ezechiele rivolse la sua parola agli esuli in Babilonia, dove lui stesso si trovava, l’applicazione a quell’uditorio delle sue parole è inevitabile. Ezechiele trasmise, da parte di Dio, il seguente messaggio: «Vi farò uscire dalle nazioni, vi radunerò da tutti i paesi, e vi ricondurrò nel vostro paese; vi aspergerò d’acqua pura e sarete puri […] vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo […] sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio» (Ez 36,24-28).
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2.  OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola Martella): Fernando De Angelis mostra anche qui come sia facile semplificare questioni complesse; e ciò vale anche per l’intero messaggio di questo proclamatore, che egli riduce a pochi versi tolti dal loro contesto. Eppure, anche e proprio Ezechiele smentisce le sue facili tesi riguardo a una stipula del nuovo patto al tempo dell’AT.
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2.1.  UNA «NUOVA NASCITA»?: Una prima semplificazione, con cui si proietta volentieri la «nuova nascita» del NT — questa è la convinzione che Fernando De Angelis mi ha palesato a voce —, è data dall’espressione «vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo» (Ez 36,26; 11,19 medesimo cuore). Che significa in realtà tale locuzione? «Cuore nuovo» non significa nient’altro che un nuovo modo di pensare («cuore» è sede del pensiero e della volontà). «Spirito nuovo» intende una mentalità nuova («spirito» è usato spesso per l’atteggiamento mentale. [...] [→ Sul sito]
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2.2.  UN «NUOVO PATTO» NELL’AT?: La parola rivolta agli esuli giudei da parte di Dio non significa che si sarebbe adempiuta con loro. Dopo settant’anni ben pochi di loro erano rimasti, e fra i sopravvissuti ben pochi intendevano ritornare in patria a causa dell’età, degli strapazzi e altre cose. Perché si realizzassero le promesse di Dio, era necessario che si adempiessero le premesse storiche, dottrinali, devozionali ed etniche da parte dell’intero Israele.
     Ritorno nazionale: [→ Sul sito]
     Nazione unica: [→ Sul sito]
     Possedimento di tutto il paese per sempre: [→ Sul sito]
     Pace e prosperità perpetue: [→ Sul sito]
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     Il nuovo Davide: Era necessario l’avvento di un «nuovo Davide», che unificasse il regno sotto di sé, esercitasse la giustizia e desse al popolo del patto pace, prosperità e supremazia sui popoli circonvicini.
     Tornando all’allegoria del buon pastore, l’Eterno disse: «E susciterò sopra di esse [= le pecore] un solo pastore, che le pascolerà: il mio servo Davide; egli le pascolerà, egli sarà il loro pastore. [24] E io, l’Eterno, sarò il loro Dio, e il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro» (Ez 34,23s). Il grande ritorno nella terra del possesso era connesso, quindi, a una grande riunificazione in una sola nazione (Ez 27,22), a una grande purificazione storica (v. 23) e all’avvento del nuovo Davide: «Il mio servo Davide sarà re sopra di loro ed essi avranno tutti un medesimo pastore» (v. 24).
     Né Zerubabele né Nehemia furono un «nuovo Davide». Al possesso perpetuo del suolo nazionale Dio connesse un governo perpetuo da parte del nuovo Davide: «Il mio servo Davide sarà loro principe in perpetuo» (Ez 37,25).
     Gesù stesso tornò a tale allegoria del buon pastore, rivendicando di essere Lui questi (Gv 10,11.14) e dichiarando gli altri come mercenari (vv. 13s), ladri e briganti (v. 8). Ecco inoltre la sua rivendicazioni di riunificatore dell’intero popolo del patto: «Ho anche delle altre pecore, che non sono di questo ovile; anche quelle devo io raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore» (Gv 10,16).
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     Patto perpetuo: Tale nuovo patto sarebbe stato definitivo e perenne, così da non poter essere e aggiornato abrogato da un altro. «E io fermerò con loro un patto di pace: sarà un patto perpetuo con loro; li stabilirò fermamente, li moltiplicherò, e metterò il mio santuario in mezzo a loro per sempre» (Ez 37,26 ebr. berît `ôlām «ingiunzione eterna, perpetua o per sempre»= LXX diathḗkē aiōnía). Solo del nuovo patto del NT si può dire che sarà per sempre.

     Presenza perpetua del Signore: [→ Sul sito]
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martedì 23 febbraio 2016

Un nuovo patto stipulato nell’AT? 4: Il contesto del nuovo patto in Geremia



UN NUOVO PATTO STIPULATO NELL’AT? 4: IL CONTESTO DEL NUOVO PATTO IN GEREMIA
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Questo confronto con Fernando De Angelis si estende per sei parti. Qui di seguito riportiamo la quarta parte.
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1.  LE TESI (Fernando De Angelis): Quando si cita il nuovo patto di Geremia si va al capitolo 31, che però è parte della sezione comprendente i capp. 30-33, i quali si collegano strettamente al cap. 29, dove Geremia rassicura gli esuli a Babilonia che, dopo settant’anni, Dio li avrebbe fatti tornare. I capitoli 30-33, perciò, sono rivolti a quegli stessi esuli, con i quali nel futuro Dio non vuole soltanto ripristinare i vecchi rapporti risultati inefficaci, ma intende stabilire un rapporto più profondo. Tutto ciò è ben chiaro all’inizio della sezione: «Ecco, i giorni vengono in cui io riporterò dall’esilio il mio popolo» (Gr 30,3); è evidente che in tutta la sezione i giorni futuri, ai quali ci si riferisce, sono quelli del ritorno da Babilonia (31,27.31.38; 33,14; cfr. anche 30,7s; 31,1.6.29). Qualunque sia l’applicazione, che se ne fa al NT, anche il primo riferimento di Geremia è al ritorno da Babilonia.
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2.  OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola Martella): [...]
     Che cosa avviene, quando le premesse a una promessa storiche di Dio non vengono onorate da parte del popolo? Allora subentra la «dinamica predizionale», altro termine tecnico da me coniato decenni or sono, per spiegare quanto segue: in tali casi, Dio adempie solo le sue promesse nel senso di una «caparra storica», in vista del pieno adempimento (normalmente escatologico), allorquando le premesse richieste saranno tutte adempiute. Si veda al riguardo in Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), l’articolo: «Dinamica predizionale», p. 138.
     L’intento storico di Dio era stato questo: «Io avevo strettamente unita a me tutta la casa d’Israele e tutta la casa di Giuda, dice l’Eterno, perché fossero mio popolo, mia fama, mia lode, mia gloria; ma essi non hanno voluto dare ascolto» (Gr 13,11). Ecco l’accusa che Dio fece ai due regni: «La casa d’Israele e la casa di Giuda hanno rotto il patto, che io avevo ingiunto ai loro padri» (Gr 11,10; cfr. v. 17; 31,32).
     Quindi, dopo il ritorno dall’esilio, fu stipulato un «nuovo patto», che prevedesse anche un nuovo tipo di legislazione? La risposta è negativa. Eccone le motivazioni storiche e teologiche.
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     ■ Dio avrebbe ingiunto tale nuovo patto alla «casa d’Israele» e alla «casa di Giuda». Ciò significa che dovevano esistere due entità politiche e nazionali, ossia due regni distinti, che avessero un proprio territorio e una propria autonomia (cfr. Gr 18,6-11 «casa[to]» = nazione; per la connessione fra «casa[to]» e «regno» cfr. 2 Sm 16,3; 1 Re 12,21; Os 1,4). La «casa d’Israele», per essere tale, deve avere, oltre al territorio e all’autonomia, la sua struttura teocratica: re, capi, sacerdoti e profeti (Gr 2,26). [...]
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     ■ La realizzazione del nuovo patto presupponeva il ritorno in concerto della casa di Giuda e della casa d’Israele nel «paese delizioso», nella più «bella eredità delle nazioni», e del riconoscimento dell’Eterno come «Padre mio!» (Gr 3,18s).
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     ■ La realizzazione del nuovo patto presupponeva il ripopolamento dei territori delle due «case» con uomini e animali (Gr 31,27). Ecco le motivazioni perché ciò non si realizzò: la stragrande maggioranza degli Ebrei non tornò in patria, il regno del nord (Efraim) era occupato da popolazioni pagane, il territorio di Giuda era parte di un impero pagano; inoltre, come ci mostrano i libri di Esdra e Nehemia, gli esuli erano continuamente sotto pressione per mano delle popolazioni pagane circonvicine.
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     ■ Tale «nuovo patto» non era semplicemente un aggiornamento del patto mosaico (Gr 31,32). Quando arrivò Esdra in Giuda, egli fu così titolato: «scriba versato nella legge di Mosè data dall’Eterno, Dio d’Israele» (Esd 7,6; cfr. v. 11 nei comandamenti e nelle leggi; vv. 12.21). [...]
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     Il patto, che Dio intendeva ingiungere all’intera casa d’Israele, prevedeva questo: «Io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore» (Gr 31,33), e ciò avrebbe prodotto in tutti una conoscenza profonda del Signore e della sua volontà (v. 34). Ti tale intervento così radicale del Signore nell’interiore degli Israeliti non c’è traccia nei libri post-esilici. [...]
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     ■ L’attuazione storica di tale promesse di Dio verso la casa d’Israele e la casa di Giuda era connessa all’avvento del nuovo Davide, che germoglierà come germe di giustizia e amministrerà quest’ultima nel paese, recando così pace e sicurezza al paese (Gr 33,14-17).
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mercoledì 17 febbraio 2016

Un nuovo patto stipulato nell’AT? 3: L’evangelo di Isaia



UN NUOVO PATTO STIPULATO NELL’AT? 3: L’EVANGELO DI ISAIA
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Come si vede dall’indice, questo confronto con Fernando De Angelis si estende per sei parti. Qui di seguito riportiamo la terza parte.
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1.  LE TESI (Fernando De Angelis): Il Nuovo Testamento è scritto in greco per la semplice ragione che anche gli Ebrei, in quel tempo, capivano più il greco che l’ebraico. Al punto che spesso nelle sinagoghe, specie quelle lontane da Gerusalemme, si leggeva l’AT nella versione greca. Nelle nostre Bibbie la parola «Evangelo» compare nel NT, ma per i lettori di quel tempo era una parola già conosciuta e definita da Isaia, il quale concentra la sua «buona notizia» (questo significa «evangelo») nei capitoli 40-66.
     Michea aveva annunciato con grande chiarezza la futura distruzione di Gerusalemme (3,12) e Isaia, suo contemporaneo, la conferma (3,1; 5,4-7). Sia Michea (4,1) che Isaia, però, non considerarono la distruzione di Gerusalemme come la «fine della storia», ma annunciarono che ci sarebbe poi stato un nuovo e più glorioso inizio. Riportiamo alcune espressioni che Isaia usa all’inizio del suo evangelo: «Consolate, consolate il mio popolo. Parlate al cuore di Gerusalemme e proclamatele che il tempo della sua schiavitù è compiuto» (40,1-2). Qualunque sia l’applicazione a Cristo, che se ne può fare, credo che non si possa disconoscere che Isaia si riferisca in primo luogo alla fine della schiavitù babilonese.
     Isaia prosegue annunciando una rinnovata e più efficace presenza di Dio fra il suo popolo: «La voce di uno grida: “Preparate nel deserto la via del Signore […]”. Allora la gloria del Signore sarà rivelata e tutti, allo stesso tempo, la vedranno» […]. Tu che porti l’evangelo a Sion [i traduttori mettono “buona notizia”, nascondendo che si tratta della stessa parola che troviamo nel NT], sali sopra un alto monte! […] ecco il Signore, l’Eterno, viene con potenza, con il suo braccio egli domina […]. Come un pastore, egli pascerà il suo gregge: raccoglierà gli agnelli in braccio» (Is 40,1-11).
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2.  OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola Martella)
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2.1.  L’EVANGELO DI ISAIA (E MICHEA)?: [→ Sul sito]
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2.2.  L’ANNUNCIO FUTURO DI ISAIA (E MICHEA): Si afferma giustamente che questi due proclamatori contemporanei annunciarono sia la distruzione di Giuda (e di Gerusalemme) sia un ristabilimento del regno, che sarebbe stato glorioso.
     Tuttavia, bisogna osservare che si trattava del ristabilimento dell’intero regno di Davide. E ciò premetteva i seguenti aspetti: l’avvento del «nuovo Davide», l’Immanuel (Is 7,14), come unico re (Mi 5,1ss), il ritorno dell’intero popolo in patria per mano del Messia (Is 11,10ss.15s) e l’unificazione di Giuda ed Efraim in una sola nazione politica (Is 11,13). Ciò avrebbe portato a una pacificazione con la natura (Is 11,6-9) e avrebbe creato pace e sicurezza nei confini nazionali (Mi 5,3s) e addirittura una supremazia di Gerusalemme sul resto delle nazioni (Is 2,2ss [= Mi 4,1ss] 11,10.13s; Mi 5,4s) e una pace universale (Is 2,4; Mi 4,3s). Letteralmente leggiamo quanto segue riguardo al Re messianico e al suo regno: «Infatti, un fanciullo ci è nato, un figlio ci è stato dato, e l’impero riposerà sulle sue spalle; e il suo nome sarà chiamato: Ammirabile, Consigliere, Potente [’el], Prode [ghibbor], Padre per sempre, Principe di pace. [6] L’incremento dell’impero e la pace non avranno fine sul trono di Davide e sul suo regno, per consolidarlo e sostenerlo mediante il giudizio e la giustizia, da ora in perpetuo. Questo farà lo zelo dell’Eterno degli eserciti» (Is 9,5s; cfr. Is 11,1-5).
     Bisogna ammettere con onestà che in nessun momento della storia veterotestamentaria ci sono state le condizioni, perché tale «buona notizia» potesse concretizzarsi. Alla fine della schiavitù babilonese, la stragrande maggioranza degli Ebrei non tornò in patria, ma rimase nella diaspora. Inoltre, non c’era il «nuovo Davide». Non esisteva un «grande Israele» come nazione autonoma, ma solo una piccola provincia di un impero straniero. L’epoca paradisiaca non ebbe inizio.
     Tale progetto divino non si realizzò neppure in tempi neotestamentari! Infatti, poiché i Giudei rifiutarono Gesù quale Messia (= Unto [a re]), il regno venne loro addirittura tolto (Mt 21,43) durante il «tempo delle nazioni». Esso si realizzerà solo alla fine dei tempi con l’avvento in gloria del «Figlio dell’uomo» (Mt 13,41; 16,27s; 19,28; 24,30; 25,31). Allora l’Agnello darà inizio al suo regno di giustizia e pace (Ap 20,1-6).
     Proprio il brano di Is 40,1-11 non si realizzò mai all’interno del perimetro storico dell’AT. Esso fu usato proprio nel NT per affermare che il regno di Dio era arrivato con Gesù Messia (cfr. Is 40,3ss con Mt 3,3 «Di lui parlò infatti il profeta Isaia...»; Lc 3,4ss più estesa citazione). Anche riguardo all’immagine del buon pastore Gesù fece le sue rivendicazioni assolute (Gv 10,11ss).
     Un’ultima nota finale riguarda la seguente arbitraria traduzione con interpolazione: «Tu che porti l’evangelo a Sion [i traduttori mettono “buona notizia”, nascondendo che si tratta della stessa parola che troviamo nel NT]». Come abbiamo mostrato nella nostra attenta analisi dei termini euanghélion ed euanghelízō, tale affermazione, fatta per far quadrare il cerchio della propria ideologia filosofica sull’AT, è pretestuosa e falsa; è una mera proiezione arbitraria. Abbiamo mostrato che in tutto l’AT non esiste l’esplicito termine euanghélion («notizia, annuncio, novità, messaggio») nel testo greco e, quindi, tanto meno in Isaia. Se ciò non bastasse, faccio presente che nel testo ebraico di Isaia 40,9 ricorre il verbo bāśar «portare novità, annunciare».
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