venerdì 4 ottobre 2013

Sottomissione ai conduttori e loro disciplina? Parliamone



SOTTOMISSIONE AI CONDUTTORI E LORO DISCIPLINA? PARLIAMONE

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Sottomissione ai conduttori e loro disciplina». Due credenti maturi si sono confrontati su questo tema e almeno uno dei due mi ha coinvolto in tale questione. Perciò pubblicai tale lettera, che riassumeva le posizioni, e vi diedi risposta. I temi del confronto, intimamente intrecciati fra loro erano i seguenti: ▪ 1. La questione della legittimità della sottomissione ai conduttori (per l’uno è assoluta, per l’altro solo relativa); ▪ 2. La questione della legittimità della la disciplina ecclesiale esercitata dai conduttori; ▪ 3. La questione della legittimità della la disciplina ecclesiale esercitata verso i conduttori. Si conveniva che la disciplina verso i conduttori rappresenta l’aspetto più controverso e difficile nella sua gestione concreta. A tutto ciò ho cercato di dare una risposta, basandola sulla spiegazione di brani biblici chiave. Qui di seguito porto una sintesi e alcuni aspetti integrativi.
     Poiché i conduttori sono «delegati» dell’assemblea, in una chiesa stabile e autonoma (quindi non più in una fase missionaria) essi vengono riconosciuti da quest’ultima, qualora abbiano i prerequisiti spirituali, morali e umani, e possono essere da essa anche rimossi, quando tali qualità vengono meno. I conduttori non occupano cariche ecclesiali (uffici), tanto meno a vita, ma svolgono funzioni ministeriali (servizi), per le quali vengono loro riconosciuti i seguenti elementi indispensabili: integrità, irreprensibilità, carismi, capacità d’insegnamento, di sovrintendenza e di cura, maturità, autorità, forze, stabilità, costanza, zelo, prontezza, sacrificio e tempo.
     Il ruolo primario dei conduttori non è quello di domatori, ma di allenatori; non è quello di comandanti di un esercito, ma di sorveglianti del gregge, che essi pasturano e curano amorevolmente. L’autorità dei conduttori non si basa su un ufficio, che si detiene, ma sulla sottomissione alla Parola, di cui bisogna essere in grado d’interpretare e dispensare rettamente, e sul primato del servizio. Nel NT la sottomissione è dapprima reciproca nella chiesa; poi, non è qualcosa che si possa comandare, ma nasce nel cuore dei credenti come «convincimento interiore», «rispetto arrendevole» e come «assoggettamento volontario» verso persone, che si stima e si onora, perché irreprensibili, autorevoli, degne di fiducia e modello morale e spirituale da seguire.
     Abbiamo visto che la disciplina non dev’essere un atto personale e autoritario dei conduttori né un fine a sé, ma deve concretarsi in una deliberazione ecclesiale, basata sul pari consentimento, e avere sempre come fine il possibile recupero di chi diventa oggetto di disciplina. La disciplina non deve riguardare opinioni e stili di vita, su cui la Bibbia lascia libertà o non si pronuncia, ma deve riguardare fatti accertati da testimoni e questioni centrali di fede (Evangelo) e di morale.
     Perché la disciplina ecclesiale non sia un atto di potere arbitrario o all’acqua di rose, deve essere basata solo sui casi chiari e documentati, che la Scrittura descrive, e dev’essere chiaramente provata e documentata. Se si prescinde dai legittimi casi di chiara deviazione dottrinale e morale e da irremovibilità dei trasgressori, un atto di fuori comunione è sempre una sconfitta dei conduttori, che sono stati incapaci di vegliare, di ammonire e di curare a tempo il gregge, che Dio ha affidato loro. Esso dev’essere sempre un atto estremo e basato sul pari consentimento ecclesiale. Tale decisione dev’essere comunicata anche alle chiese limitrofe, affinché l’uomo dottrinalmente fazioso e moralmente perverso non faccia danno anche altrove.
     La disciplina verso i conduttori non fa eccezione, sebbene sia più delicata e presenti alcune difficoltà. Abbiamo detto che l’assemblea dei battezzati riconosce i propri conduttori, ma altresì le destituisce, qualora vengano meno le qualità necessarie per svolgere tale funzione ministeriale (1 Tm 3; Tt 1). In tali casi, l’assemblea può delegare tale procedimento al «consiglio di chiesa», se esistente (chiaramente senza il conduttore in oggetto); se esso non fosse esistente, si può formare un gruppo di fratelli più autorevoli della comunità, che potremmo chiamare «consiglio di saggi». Se esistesse ancora un missionario fondatore, sebbene si trovi altrove, si può coinvolgerlo in tale procedimento di accertamento della verità; egli lavorerà con tale «task-force» («consiglio di chiesa», «consiglio di saggi»). In altri casi, dove la matassa locale fosse troppo ingarbugliata, varie persone di guida fossero coinvolte e non si potesse formare un gruppo neutrale di accertamento della verità, la chiesa può chiamare in aiuto persone esterne: autorevoli conduttori di chiesa e servitori della zona. Tale «task-force», che può riunire credenti interni e conduttori e servitori esterni, dev’essere accettata dall’assemblea, possibilmente anche dalle persone in causa. Essa, dopo l’inchiesta e l’analisi, farà una relazione all’assemblea dei battezzati, fissando il punto della situazione, e farà le sue raccomandazioni. Alla fine, sarà l’assemblea locale a deliberare una decisione, ad esempio la decadenza di un conduttore dalla sua funzione ministeriale o addirittura la disciplina verso di lui.
 


Sul sito seguono i contributi dei lettori e le mie eventuali osservazioni…
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