mercoledì 12 novembre 2014

Fine del mondo e comunione dei beni



FINE DEL MONDO E COMUNIONE DEI BENI

1.  LE QUESTIONI: Chi conosce me e le mie opere, non dubiterà che io creda nel prossimo ritorno del Signore, nel giorno che Dio Padre ha stabilito. Non sono neppure contrario a forme di «comunanza» di vita e di beni, se ciò avviene senza coercizione e come volontario «impegno d’amore» di tutti verso tutti e per l’avanzamento del regno di Dio. Qui parliamo d’altro, ossia della coercizione a praticare assolutamente la comunione dei beni sulla base di un’ossessione apocalittica di un «santone»; e tale «collettivismo» distinguerebbe spesso la vera chiesa (tale gruppo) da tutto il resto dei cristiani, dichiarati come appartenenti a una chiesa oramai apostata.
     Durante il corso della storia, sono sempre sorti personaggi pieni di fervore apocalittico, che hanno predicato l’avvento del Signore nel giro di mesi o al massimo di qualche anno. Così facendo, hanno convinto o costretto i credenti a vendere tutti i loro beni e a mettere il ricavato in comune, nell’attesa di tale giorno. Durante il corso della storia troviamo sempre lo stesso modello ricorrente: tali «santoni» affermano con certezza che l’avvento del Signore è impellente, stabiliscono spesso anche delle date specifiche; e quando a tale scadenza il Signore non corrisponde alle loro presunte predizioni, invece di ravvedersi, trovano una scusante (alcuni non sono ancora pronti, c’è ancora del peccato in qualcuno degli adepti, non ci si fida ancora abbastanza del Signore, ecc.) e affermano di aver ricevuto una «ulteriore rivelazione», che sposta tale evento di diversi mesi o di alcuni anni (cfr. Montano, Gioacchino da Fiore, Thomas Müntzer). […]

2.  COMUNIONE DEI BENI QUALE COSTANTE NEL NT?: […] L’esperienza della chiesa di Gerusalemme (At 2) era dato dal fatto che i credenti giudaici fossero convinti che il Messia sarebbe ritornato nel giro di vari mesi o, al massimo, di qualche anno. In breve tempo, tale comunione dei beni e la sopravvenuta carestia (At 11,28) portarono i credenti di Gerusalemme e della Giudea in una grave crisi e in grande povertà. Infatti, Paolo e la sua squadra furono costretti a fare una raccolta di fondi tra le chiese a maggioranza gentile, per soccorrere tali credenti della Giudea, per alleviare la loro indigenza (At 11,29s), specialmente nei confronti dei «poveri fra i santi, che sono in Gerusalemme» (Rm 15,25ss; cfr. v. 31; 2 Cor 8,2ss; 9,1-15).
     Nel resto del NT non troviamo nulla del genere, che assomigliasse a una comunione dei beni, né tra i cristiani giudei, né tra quelli gentili. Troviamo invece che i fratelli non dovevano approfittare degli altri fratelli negli affari. Paolo ingiunse ai credenti «che nessuno inganni e frodi negli affari il proprio fratello, perché il Signore è il vendicatore di tutte queste cose» (1 Ts 4,6); ciò mostra che essi non praticavano la comunione dei beni, né avevano interessi lavorativi ed economici coincidenti. Ciò è mostrato anche dalla raccomandazione, secondo cui ciascuno non doveva cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri (Fil 2,4). A ciò si aggiunga che Paolo e la sua squadra, lungi dal raccomandare la comunione dei beni, esortavano «a cercare di vivere in pace, di fare i fatti vostri e di lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato di fare, affinché camminiate dignitosamente verso quelli di fuori e non abbiate bisogno di nessuno» (1 Ts 4,11s). Qui Paolo insegnava che ognuno provvedesse alla propria vita, lavorando per sé, senza dipendere dagli altri e senza ingerirsi nei fatti altrui; solo ciò avrebbe permesso di vivere in pace. Questo è tutt’altro che un «collettivismo» cristiano o una comunione dei beni. […]

3.  ASPETTI CONCLUSIVI: […] Ho avuto a che fare con personaggi del genere, e qualcuno di loro è così esaltato e fuorviato, che non si può far altro che mettere in guardia da loro. Non di rado, quando si va a sondare nel profondo di tali odierni «santoni», si scopre che hanno spesso un passato nella droga, nelle religioni orientali o nell’esoterismo, se non in tutti e tre tali ambiti. A un certo punto hanno cristianizzato le loro tesi gnostiche, e sono diventati così molto pericolosi per le anime. Si presentano spesso come particolari strumenti di Dio (unti, profeti, apostoli, ecc.). Come detto, avendo una certa capacità persuasiva e suggestiva, riescono spesso a manipolare così i loro seguaci, da vivere a spese dei loro seguaci. Quindi, la comunione dei beni è necessaria a loro, per sopravvivere senza lavorare.
     Coloro, che sono stati plagiati, considerano tali santoni come «canali» di rivelazione speciale e come «profeti» particolari di Dio per gli ultimi tempi. Spesso tali guru cristianizzati si paragonano a Elia (Mal 4,5s), attribuendo a sé tale compito, come fece W.M. Branham, dimenticando che per Gesù Giovanni Battista era «l’Elia che doveva venire» (Mt 11,13s). Oppure si paragonano volentieri a uno dei due profeti dell’Apocalisse (Ap 11,3-12), dimenticando però che essi saranno Ebrei e che agiranno durante il «giorno del Signore» in Gerusalemme. Intanto, tali santoni vivono a spese dei loro seguaci, con l’intento di costruirsi una propria organizzazione, con cui espandere il loro potere e spesso anche i loro profitti.

Questi sono solo alcuni stralci dell’articolo, che si trova sul sito. [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Fine_beni_Esc.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
     ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati a esso.
 


Nessun commento:

Posta un commento