mercoledì 30 aprile 2014

Minatori della Parola di Dio



MINATORI DELLA PAROLA DI DIO

1. DIO CI VUOLE MINATORI DELLA SCRITTURA: Dio ci vuole «minatori» della sua Parola. Egli vuole che non rimaniamo in superficie, ma che scaviamo in essa le pietre preziose della fede, i diamanti della sua grazia, i metalli preziosi dei suoi insegnamenti, i tesori della sapienza divina. Quanta gioia ha un minatore, dopo tanti sacrifici nello scavare, quando trova il filone giusto, che lo renderà ricco. Similmente è per chi studia seriamente la Parola di Dio, ossia la Bibbia.
     Nell’antico patto è scritto quanto segue riguardo alla sapienza di Dio: «Se la cerchi come l’argento e ti dai a scavarla come un tesoro, allora intenderai il timor dell’Eterno, e troverai la conoscenza di Dio» (Pr 2,4s). Nel nuovo patto è scritto: «In Cristo sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza» (Colossesi 2,3). Quindi, la sfida è di scoprirli nella sacra Scrittura.
[…]


5. ASPETTI CONCLUSIVI: Mi auguro che tu sia un buon «minatore della Scrittura», che provi quella gioia di scoprire ogni giorno i tesori nascosti nella Parola di Dio e che tu sia in grado di portarli alla luce, per arricchire prima te stesso e poi gli altri. È scritto: «Dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore» (Mt 6,21). Spero vivamente che il tuo tesoro sia nella Bibbia e che tu lo apra ogni giorno, per tirarne fuori le ricchezze, su cui meditare giorno e notte (Sal 1,2; 63,6; 77,6; 119,148), per poi riuscire nella vita (Gs 1,8).

Sul sito si trovano anche i seguenti punti: 2. Spirito Santo e Scrittura; 3. Scrittura e discernimento; 4. La Scrittura abilita al servizio.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Disc/T1-Minator_Parola_MT_AT.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
     ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati ad esso.


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martedì 29 aprile 2014

Polisantismo e papolatria: un cattolico s’interroga



POLISANTISMO E PAPOLATRIA: UN CATTOLICO S’INTERROGA

Il seguente confronto con il cattolico Fabrizio Martin è avvenuto in seguito alla pubblicazione dell’articolo «Polisantismo e papolatria in crescita», a cui rimandiamo. Com’è noto, il 27 Aprile 2014, Jorge Mario Bergoglio (alias papa Francesco I) ha canonizzato due suoi predecessori, Angelo Giuseppe Roncalli (alias Giovanni XXIII) e Karol Józef Wojtyla (alias Giovanni Paolo II), dichiarandoli «santi» e presentandoli al culto del popolo cattolico romano. Ora, le tombe e i luoghi, dove sono poste le loro reliquie, sono meta di pellegrinaggi; i fedeli si aspettano l’intercessione da parte di tali nuovi «patroni» del romanesimo, affinché le loro preghiere ottengano maggiore esaudimento. Tutto ciò, come abbiamo mostrato, si trova in netto contrasto con l’insegnamento scritturale, secondo cui tutti i rigenerati sono santi e i morti nella fede, trovandosi in Paradiso e non in Cielo, sono impossibilitati di vedere Dio e le vicende umane; fino alla risurrezione, essi si trovano in uno stato di riposo (il NT afferma che «dormono»), in cui sebbene sensibili, non permette loro alcuna iniziativa o attività nella trascendenza e in terra, mancando loro il corpo, che permette all’uomo di essere efficienti.
     Alla fine di tale sunnominato articolo, abbiamo riportato alcune voci critiche del mondo cattolico.
     Tale articolo ha portato Fabrizio Martin a un’ulteriore riflessione sulla discrepanza fra rivelazione scritturale e tradizione religiosa.

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 1. Questioni generali; 2. Maccabei, apocrifi e preghiere per i defunti; 3. Venerazione umana e origine dei miracoli; 4. Morti intercessori e per cui intercedere; 5. Tradizione e squame che cadono dagli occhi; 6. Perplessità e bisogni
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Polisan_Papolat2_OiG.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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venerdì 25 aprile 2014

Polisantismo e papolatria in crescita



POLISANTISMO E PAPOLATRIA IN CRESCITA

 

1. DAL POLITEISMO AL POLISANTISMO
     Il pantheon era per gli antichi il «tempio di tutti gli dèi». Esso è stato sostituito nel pensiero cattolico-romano dal panaghion «tempio di tutti i santi» (da pan «tutto» e haghion «(luogo) santo, dei santi»; cfr. «ognissanti»; cfr. «panag[h]ia» quale epiteto di Maria nella chiesa ortodossa).
     Da domenica 27 Aprile 2014, il culto romano si arricchisce di due nuovi membri del polisantismo (il politeismo fatto di «santi»), aumentando così ulteriormente l’idolatria della gente. [Dal politeismo al polisantismo]

2. DAL CULTO DEGLI EROI A QUELLO DEI PAPI
     Inoltre, nell’antichità gli eroi venivano innalzati nella sfera del divino. Oggigiorno, si assiste al fatto che papi elevano agli altari altri papi, trovando in loro virtù ed eroismo. Così si aumenta la «papolatria», la venerazione e il culto dei papi.
     Tuttavia, se si va nella cripta del Vaticano, tali papi morti chiedono preghiere per sé ai fedeli; si legge: «Prega per me». Internet è piena di immagini, che mostrano papi, prelati, preti, monaci, suore e fedeli, mentre pregano presso le tombe di papi. Ora, li si rende mediatori fra Cristo e i fedeli. Questo è un paradosso!

3. PAPI SUPERSTAR E BUSINESS
     Albino Luciani, alias Giovanni Paolo I, fu papa solo 33 giorni e poi morì; qualche giornalista insider al Vaticano aveva scritto, portando prove, che lui fosse stato tolto di mezzo dalla nomenclatura vaticana, temendo i suoi radicali cambiamenti al sistema ecclesiastico. Egli aveva, ad esempio, affermato: «La figura del papa è troppo lodata. Si rischia di cadere nel culto della personalità, che io non voglio assolutamente. Il centro di tutto è, e deve essere il Cristo» » (fonte: La grande storia).
     I suoi successori, infatti, sono diventati delle vere e proprie superstar per mezzo dell’uso raffinato dei mass-media. […]

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 4. I santi secondo la bibbia; 5. Solo risorti possono servire in cielo; 6. Il peccato di lesa maestà; 7. Aspetti conclusivi; 8. Postscriptum: perplessità da parte di insigni cattolici.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Polisan_Papolat_EdF.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
     ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati a esso.

giovedì 24 aprile 2014

Tiepidi in pericolo



TIEPIDI IN PERICOLO
 

Una lettrice mi ha scritto quanto segue: Ciao, scusa, se mi permetto, ma volevo farti una domanda. Dio non ci vuole né caldi né freddi, né tiepidi. C’entra in questo la nostra salvezza? {A. S.; 22-04-2014}

Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondo come segue: Di là dall'incongruenza della seconda frase, bisogna ribadire che il Signore ci vuole «caldi», quindi «ferventi». Infatti, è scritto: «Quanto all’impegno, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il Signore» (Rm 12,11).
     I «tiepidi» sono credenti all’acqua di rose, che non si distinguono troppo da quelli del mondo. Ecco la diagnosi, che Gesù fece del conduttore della chiesa di Laodicea (nell’attuale Turchia): «Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido, e non sei né freddo, né fervente, io ti vomiterò dalla mia bocca» (Ap 3,15s). Questo è l’unico luogo nella Bibbia in cui ricorre il termine «tiepido» (gr. chliarós). Qui il verbo vomitare (gr. eméō) indica che qualcuno ha bevuto dell’acqua tiepida d’estate e di essa si sente schifato. Questa sensazione è quella, che il Signore Gesù sente per i credenti a tempo perso o per i tempi belli, per quelli della «grazia a buon mercato», per quanti lo vogliono avere come Salvatore, senza averlo come Signore, e per coloro che voglio fare a meno del giogo del Signore e di accollarsi la propria croce nel seguire Cristo.
     Tale conduttore era molto acculturato e si sentiva a posto, ma aveva lasciato il Signore fuori della porta (v. 20) e necessitava di ravvedimento (v. 19). Il problema dei tiepidi è che non sanno mai se sono dentro o fuori della salvezza. Un momento, hanno grandi certezze, quando sono con gli altri credenti; un altro momento, mettono tutto in dubbio con la loro «mente prostituta», come la chiamò Lutero. Paolo lo chiamò «uomo psichico» e disse letteralmente: «L’uomo psichico non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono pazzia per lui; e non le può conoscere, perché devono essere giudicate spiritualmente» (1 Cor 2,14). Il problema del credente tiepido è che un momento si comporta da «uomo spirituale» (v. 15) e pensa con la «mente di Cristo» (v. 16); un altro momento pensa con la mente del mondo ed è un «uomo psichico».
     Spesso tale tipo di credenti vengono chiamati anche «carnali» o bambini nella fede (1 Cor 3,1ss)… […]

Il resto dello scritto si trova sul sito.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Disc/T1-Tiepid_pericol_Esc.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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martedì 22 aprile 2014

Giovanni 6,44 e la predestinazione



GIOVANNI 6,44 E LA PREDESTINAZIONE
Confronto fra Pietro Calenzo e Nicola Martella

1. ENTRIAMO IN TEMA: Qui di seguito vogliamo parlare del verme dell’ideologia nell’interpretazione, ossia come i convincimenti personali facciano travisare l’interpretazione di certi brani e come ciò snaturi la comprensione del testo, oramai slegato dal suo contesto. Ciò va di là da ciò, che afferma il mio interlocutore, avendomi egli solo fornito l’occasione per farlo.
     Il mio interlocutore ha lanciato nel suo gruppo la seguente domanda: «Perché Gesù disse e ci dice: Nessuno viene a Me, se il Padre mio, non lo attira? (Gv 6,44)». {Pietro Calenzo; 17-03-2014}
     Quanti sono intervenuti, nel rispondere a tale domanda, hanno applicato tutto a sé o ai giorni d’oggi. Alcuni hanno parlato di salvezza, sebbene il verso non ne accenni.
     Infine, lo stesso Pietro Calenzo, le cui simpatie con le idee deterministe del calvinismo ([doppia] predestinazione) sono conosciute, ha scritto: «Il “nessuno”, che Gesù indica, è abbastanza esplicito. Nessuno può andare al Signore Gesù, “se” (condizione essenziale) non viene attirato da Dio. Il contrappasso è il seguente: Se non si viene attirati da Dio, “nessuno” può andare a Gesù». {17-03-2014}
     E anche in seguito ha affermato: «Per la precisione il passo di Giovanni parla dell’impossibilità dell’uomo in Adamo di accostarsi a Dio, se non viene attirato o attratto dal Padre». {19-03-2014} Dov’è che Gesù parlò in tale contesto all’uomo o dell’uomo in Adamo? Gli unici, che aveva dinanzi a sé erano Giudei, membri del popolo eletto.
     Quindi, anche lui prescinde dal contesto letterario, storico, culturale e religioso, per portare le questioni a una dottrina generale per l’oggi.
     Qui di seguito riporto dapprima il confronto con Pietro Calenzo e poi spiego il tenore esegetico di Giovanni 6,44 nel suo contesto.

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 2. Il confronto; 3. Il tenore del brano; 4. Aspetti conclusivi.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Gv6_44_predest_Avv.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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ATTENZIONE! Questo articolo ha un carattere specialistico e non è per tutti. Per favore, non intervenire se, dopo aver letto l’intero articolo sul sito, ti rendi conto che ti manca la necessaria competenza in merito!

martedì 15 aprile 2014

Antisemitismo strisciante



ANTISEMITISMO STRISCIANTE



Per l'approfondimento si veda il seguente tema di discussione: "Pericolosa ingenuità ideologica sulla Shoah" (http://puntoacroce.altervista.org/_Rel/T1-Ideolog_Shoah_Sh.htm).
 

lunedì 14 aprile 2014

«Sono io» fra grammatica e proiezioni (Gv 18,5.7)



«SONO IO» FRA GRAMMATICA E PROIEZIONI (Gv 18,5.7)

Un lettore mi ha scritto quanto segue: Caro fratello, ti chiedo riguardo all’«io sono», che ricorre in Giovanni 18, quando arrestano Gesù. In una giusta traduzione a che cosa riferisce quell’«io sono»: «io sono qua» in senso eccomi, o all’«io sono» di Esodo 3? Se puoi aiutarmi, grazie. {R. R.; 18-03-2014}

Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondo come segue:

1. GIOVANNI 18: Esodo 3 fu scritto in ebraico (1400 a.C. circa). Giovanni 18 fu scritto in greco (1° sec. d.C.). A Gerusalemme e in Giudea la gente comune parlava aramaico. Gesù in croce «gridò con gran voce: “Elì, Elì, lamà sabactanì?”; cioè: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”» (Mt 27,46). Gli astanti capirono fischi per fiaschi: «Costui chiama Elia» (v. 47; cfr. Sal 22). Questo per farti capire come era difficile già la comprensione di cose usuali in ebraico per chi parlava in aramaico.
     Eccoti alcune riflessioni su Giovanni 18, accompagnate da alcune domande per la riflessione. Nel Getsemani Giuda venne là con la gente armata e ostile, per arrestarlo. E vuoi che Gesù facesse discorsi di teologia sofisticata proprio in tale circostanza di grande stress e pericolo? Fin dalla deportazione in Assiria prima (722 a.C.) e in Babilonia poi (586 a.C.), gli Israeliti non dicevano più «Jahwè» (non significa «io sono», essendo la 3a sg., non 1a sg.), ma «Adonaj» (Signore). E vuoi che lì si sia svegliato improvvisamente il loro amore per l’ebraico?
     All’affermazione che stavano cercando Gesù il Nazareno, quest’ultimo disse loro: «Sono io» (v. 5), ossia sono colui, che cercate. Che cosa doveva rispondere altrimenti, per spiegarlo agli altri? Quando chiese la seconda volta che cosa cercassero ed essi diedero la stessa risposta, Gesù disse: «V’ho detto che sono io; se dunque cercate me, lasciate andare questi» (v. 7).
     La prima volta, tale gente armata cadde all’indietro, non perché eg eimí «io sono [Gesù il Nazareno], son io [quello]» significasse qualcosa di particolare, ma perché conoscevano la sua autorità, avevano visto i suoi prodigi e temevano per la loro vita, ritenendolo un profeta di Dio (cfr. Elia che fece cadere il fuoco dal cielo; 2 Re 1,10.12). La seconda volta non cadde nessuno, sebbene Gesù usasse le stesse parole. Il suo dire «sono io» intendeva mettere al riparo i suoi discepoli (cfr. v. 9). […]

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 2. Approfondimenti; 3. Aspetti conclusivi.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Sono-io_gramm_OiG.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
     ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati a esso.
 


venerdì 11 aprile 2014

Prove della vita



PROVE DELLA VITA

1. LE CITAZIONI
     «L’aiuto che mi viene da Dio non consiste nel far sì che nessuna difficoltà possa sfiorarmi, ma nel fortificarmi spiritualmente, mettendomi in grado di resistere con fermezza e di non lasciarmi travolgere dalle brucianti prove della vita» (James E. Means; fonte: Resistere nelle prove).

■ «Usa ogni difficoltà, che sorge intorno a te, come un’occasione per agire con saggezza e maturità e come un tirocinio per crescere moralmente e umanamente nelle vie del Signore. Se alla “scuola del Signore” si viene bocciati in una materia, bisogna ripetere il corso... con altre prove» (Nicola Martella; fonte: Prove: Dinamica).

■ «Dio dà le prove più difficili a persone, che Egli in tal modo rende straordinarie» (Nicola Martella; fonte: Prove della vita).

2. LE DOMANDE DI LAVORO (Le seguenti domande di studio servono per stimolare chi vuole approfondire l’argomento e per orientare la discussione):
     2.1. Leggi le citazioni riportate. Che cosa ti suggeriscono nell’immediato?
     2.2. Alcuni credenti affermano che chi crede in Cristo, non può avere prove; e chi ce le ha, è perché non ha fede o ha poca fede. Perché tale opinione è scritturalmente sbagliata e pericolosa?
     2.3. Conosci alcuni credenti biblici, a cui Dio diede delle prove nella loro vita?
     2.4. Hai mai avuto prove significative nella tua vita di fede? Come le hai superate?
     2.5. Come ti rapporti con chi sta attraversando al momento delle prove nella sua vita? In tali casi qual è il migliore approccio pastorale, umano, spirituale, ecc.?

     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Prob/T1-Prove_vita_Esc.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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martedì 8 aprile 2014

Il giogo, gli infedeli o increduli



IL GIOGO, GLI INFEDELI O INCREDULI

Un lettore mi ha scritto quanto segue: Nicola, m’interessa un parere tecnico sul testo di 2 Corinzi 6,14. Leggendo il testo originale, ho scoperto che alla parola «infedeli», in realtà corrisponde il termine «increduli». Insomma, chi sono gli increduli? Fino a che punto dobbiamo evitare il giogo, a cui sono legati? E a che tipo di relazioni fa riferimento il testo in questione? {Davide Incardona; 21-03-2014}

Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondo come segue:
     ■ Dalla stessa radice verbale, sia in ebraico, sia in greco, provengono i termini fede, fiducia, fedeltà, fedele, infedele, credente, miscredente, incredulo, ecc. Quindi, in ebraico (’āman) e in greco (pisteúō) c’è al riguardo una sola radice.
     È in italiano che differenziamo con due radici: fede e credere. Ad esempio, in Rm 3,22 in italiano si parla della «la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo, per tutti i credenti»; ma in greco ambedue i termini hanno la stessa radice: pístis (fede) e pisteúontes (credenti, fedeli; da pisteúō; cfr. pure Rm 4,5.11; 2 Cor 4,13; Gal 2,16; 3,9.22; 1 Tm 4,12; Eb 11,6; 1 Pt 1,21).

     ■ Perciò, per gli antichi dire «credenti» o «fedeli» era la stessa cosa. Singolarmente nello stesso verso la medesima parola viene tradotta diversamente (1 Tm 6,2 pistós pl. prima «[padroni] credenti», poi «fedeli [e diletti]»).
     Anche dire «increduli» o «infedeli», era la stessa cosa, poiché designavano ambedue chi era senza fede e non credeva all’Evangelo. Il termine ápistos intende, quindi, secondo i casi, «incredulo, infedele (Lc 12,46; 16,8), senza fede, inaffidabile, perfido, ecc». Gli infedeli sono i pagani (1 Cor 6,6), ossia coloro che non hanno la fede biblica. Quindi, il pistós «fidato, fedele, credente» e lo ápistos «infedele, incredulo» sono messi a contrasto (2 Cor 6,15; cfr. 2 Tm 2,13).

     ■ 2 Corinzi 6,14 si applica a qualsiasi «giogo» comune: società o ditta, matrimonio, associazione, attività religiose (cfr. 2 Cor 6,16), ecc. Ciò significa che bisogna evitare qualsiasi attività comune, in cui si sottoscrive un obbligo o un contratto, che comprometta la morale biblica e porti a fare compromessi.
[…]

Il resto dello scritto segue sul sito
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Giogo_in-fedeli_Esc.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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sabato 5 aprile 2014

Evangelizzare con fantasia



EVANGELIZZARE CON FANTASIA

Sognava a occhi aperti, ma gli sembrava vero. Era lì a qual tavolo, aspettando che qualcuno venisse a sedersi di fronte. La scritta era chiara: «Parlo con chiunque di qualunque cosa»; e cioè gratis. Un coro di voci s’affollava nella sua mente: «È così che ti vorremmo»… ossia disponibile per tutti e capace di dare una risposta a chiunque.
     Direte: «Strano modo di portare il messaggio di salvezza alla gente!». Pesate sia proprio così? Non dovremmo metterci al livello di percezione culturale del nostro prossimo, per mostrargli dal suo punto di vista la via verso la salvezza? Spesso annunciamo la salvezza, partendo dalla nostra percezione culturale, e l’altro non ci comprende!
     La cosa migliore è mettere il nostro prossimo nella condizione e nella necessità di chiederci chi siamo, che stiamo facendo, che vogliamo esprimere con quel, che stiamo facendo, perché lo facciamo e così via. Poiché da sempre c’è stata una sovrabbondanza di offerte culturali, dobbiamo usare fantasia per portare il messaggio di Dio, però senza metterlo in ridicolo o portare scandalo.
     I proclamatori dell’antico patto usavano spesso azioni simboliche, che attiravano l’attenzione e la curiosità degli astanti, che volevano sapere che cosa significasse ciò; allora era arrivato il momento ideale, per comunicare il messaggio del Signore. Specialmente Ezechiele usò tale metodo, ma anche Geremia. Ezechiele usò, ad esempio, un mattone ed altri oggetti, il rasoio, il bagaglio da esule, due legni incastrati insieme e addirittura la morte della moglie, durante il lutto per la quale non pianse. Geremia usò, ad esempio, la cintura di lino interrata, la brocca rotta, due cesti di fichi, un giogo, l’acquisto di un campo e addirittura l’ingiunzione divina a non sposarsi.
     Gesù usò le parabole… […]
     Qual era la strategia missionaria di Paolo? […]

La domanda, a cui vorrei che rispondessimo, è la seguente: Qual è il metodo migliore, che tu hai mai usato per evangelizzare con fantasia?

Il resto dello scritto segue sul sito
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mercoledì 2 aprile 2014

Dubbi sulla Parola di Dio



DUBBI SULLA PAROLA DI DIO

1. ENTRIAMO IN TEMA (Nicola Martella): Fiorina Pistone ha fatto un lungo cammino col Signore, il quale l’ha illuminata passo per passo con la sua sacra Scrittura, a seconda della sua disponibilità di accettarla come «Parola di Dio». La gestazione è stata lunga ed è stata opera di Dio; io mi sono limitato a dare consigli scritturali, quando lei me li ha chiesti. Quando Fiorina sperimentò la rigenerazione, Dio le diede molte certezze. La buona pianta rischiava però di essere soffocata dalle zizzanie, seminate dal maligno. Parlando con lei, per certi tratti mi sembrava come uno di quei «bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore» (Ef 4,14). L’obiettivo era però giungere «alla piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini maturi, all’altezza della statura perfetta di Cristo» (v. 13).
     Uno degli ostacoli maggiori è stato il suo cerebralismo critico, il suo intellettualismo «cervellotico» o, come si esprimeva Lutero: la «ragione prostituta», ossia quella che, senza Dio, seduce e aggioga l’uomo alla sua logica limitata, facendolo sentire il metro di misura di tutto. Alla fine di tale subdolo processo, l’uomo si crea un «Dio» a propria immagine e somiglianza. Partire da lì e arrivare al Dio vivente, alla cui somiglianza l’uomo è stato creato, per il credente può essere un lungo, insidioso e tormentato cammino, alla cui fine solo, quando si accetta la disciplina di Dio, c’è il «pacifico frutto di giustizia» (Eb 12,11) presso il Signore, nelle braccia finalmente si riposa fiduciosi. Per conoscere Dio Padre, ci vuole una rivelazione da parte del Figlio (Mt 11,27). È presso di Lui che finisce ogni travaglio e oppressione, anche mentale; prendendo il suo giogo (= signoria) dolce e leggero, si ottiene riposo alla propria psychḗ (vv. 28s).

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 2. Alcune premesse; 3. La testimonianza; 4. Aspetti conclusivi.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Dubbi_Parola_R56.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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