martedì 22 settembre 2015

Tacersi nell’assemblea: chi e quando?



TACERSI NELL’ASSEMBLEA: CHI E QUANDO?

1.  LE QUESTIONI (Nunzio Nicastro): In un mio gruppo in Internet un credente aveva proposto come tema la questione della preghiera della donna e del velo, e ad esso mi aveva coinvolto. Nunzio Nicastro gli ha scritto quanto segue: Secondo 1 Corinzi 14,34-37 la donna deve tacere e non parlare in assemblea. Ti lancio una sfida: trovami scritto nella Bibbia, dove la donna prega o profetizza in assemblea. Non prendermi versi, dove non si parla di assemblea. Solo una donna ha parlato in assemblea, ed ella è falsa: «Ma ho questo contro di te: che tu tolleri Iezabel, quella donna che si dice profetessa e insegna e induce i miei servi a commettere fornicazione, e a mangiare carni sacrificate agli idoli» (Ap 2,20). {Nunzio Nicastro; 21-09-2015}

2.  LE RISPOSTE (Nicola Martella): Tale presa di posizione di Nunzio Nicastro è diventata per me l’occasione per rispondergli in dettaglio come segue.

2.1.  COERENZA CERCASI: [sul sito]

2.2.  1 CORINZI 14: Si noti che anche degli uomini è detto, nello stesso capitolo, che devono tacersi in assemblea! Riguardo alla glossolalia Paolo diede la seguente disposizione: «E se non v’è chi interpreti [le lingue], si tacciano nell’assemblea» (1 Cor 14,28). Riguardo alla «proclamazione» Paolo diede la seguente direttiva: «E se una rivelazione è data a uno di quelli, che stanno seduti, il precedente si taccia» (v. 30). Come si vede, non era un comando a tacersi in assoluto, ma solo relativo a una certa cosa. Chiaramente ambedue queste categorie potevano, ad esempio, pregare in modo normale e intellegibile nell’assemblea.
     I versi precedenti al «si tacciano le donne» (1 Cor 14,34) parlano del «proclamare» in assemblea e del «giudicare» le proclamazioni da parte degli altri (vv. 29-33), trattandosi di una chiesa partecipata. E proprio al riguardo, ossia sul giudicare le «proclamazioni», che Paolo diede il divieto alle donne di parlare (v. 34). Perché lo fece? Perché ciò avrebbe corrisposto a «insegnare» e, quindi, a «usare autorità sull’uomo» (anḗr «uomo»; 1 Tm 2,12). Riguardo alle cose «proclamate» in assemblea dai «proclamatori» le donne avevano una sola possibilità per esprimersi: parlare con i loro mariti a casa propria e non in assemblea (1 Cor 14,35). I due temi connessi in questo capitolo erano «proclamare» e «parlare in lingue» (v. 39) — non la questione femminile, che è solo un dettaglio — e come praticare ciò con «decoro e ordine» (v. 40). In tale «decoro e ordine» rientrava la norma, secondo cui le donne non potevano commentare pubblicamente le «proclamazioni» altrui.

2.3.  ASPETTI CONCLUSIVI: Quando non si fa corretta esegesi, si stravolgono solo i brani, rendendo ciò che relativo assoluto, e viceversa; così si mettono catene ideologiche addosso alle persone, specialmente se donne; e le convenzioni create in merito rendono impossibile togliere tali ceppi dottrinali e analizzare i brani biblici senza paraocchi dottrinali. Così si creano anche contraddizioni nella Scrittura stessa, che altrove afferma che la donna può pregare e «proclamare» (1 Cor 11,4); si proclama solo pubblicamente, come il termine greco profēteúō intende: «parlare davanti [agli altri]». [→ continua sul sito]

[CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Tace_assemb_UnV.htm] SOLO DOPO AVER LETTO L’INTERO SCRITTO SUL SITO, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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