mercoledì 30 settembre 2015

Prova del nove (Studia ⇆ con me 30-09-2015)



PROVA DEL NOVE
(Studia con me 30-09-2015)

A volte sulla «fede» si fanno tante chiacchiere e teorie. Nella pratica vale il seguente principio: «Dimmi cosa pensi e che cosa fai e ti dirò chi sei e che specie di fede hai».

«Ascoltiamo dunque la conclusione di tutto il discorso: “Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo è tutto l’uomo» (Ecclesiaste 12,15 [13]).

Anni fa lessi il foglietto di un calendario, che mi lasciò esterrefatto. L’autore scrisse all’incirca così: Povero Salomone, era ancora un credente dell’AT, che pretendeva di essere salvato per opere; egli non conosceva la salvezza per grazia mediante la fede. Mi dissi: Costui ha capito proprio tutto! Come se Dio avesse mai salvato qualcuno per opere, nell’AT o nel NT. Inoltre, tale autore non aveva capito molto dell’Ecclesiaste e del suo intento. Egli parlava a persone, che erano già nel patto del Signore, ma si facevano incantare dalle illusioni di questo mondo e dal materialismo; questo succede anche ai cristiani odierni! Come detto, rimasi molto turbato da tale surrogato di sapienza, che mischiava capre e cavoli.
     Salomone scrisse un intero libro per mostrare la nullità dell’esistenza e delle imprese umane (Ec 1,2s; 12,10 [altri v. 8]) e per togliere così ogni abbaglio agli illusi, che mettevano la loro fiducia in ciò che erano e ciò che avevano. Sebbene avesse già fatto alcuni accenni intermedi alla sostanza (Ec 5,7), alla fine ricondusse gli Israeliti, che avevano fatto con lui tutto quel cammino, all’essenziale dell’esistenza, ossia al patto e alla fede nel Dio vivente (12,15 [altri v. 13]).
     La fede biblica si esprime nel «timor di Dio» (8,12s), di cui sono pieni i libri sapienziali (Sal 111,10; Pr 1,7) e profetici dell’AT (Is 33,6; Gr 2,19). Esso implica che bisogna mettere il Dio vivente al primo posto nella propria vita quotidiana (Es 20,20). Ciò riguardava anche la vita religiosa e devozionale: bisognava temere solo l’Eterno, rifiutando ogni forma di idolatria (Gs 24,14; 2 Re 17,35-39; Ger 10,5ss; neg. 2 Re 17,33.41). La fede biblica, se è genuina, si vede nei frutti. Chi afferma di avere fede in Dio, ma fa ciò che vuole, è ancora perduto. Chi ama Dio, ha per Lui un profondo rispetto e riverenza e ubbidisce di cuore ai suoi comandamenti (Dt 11,13; 30,20; neg. Ne 9,34).
     Purtroppo c’è molta insicurezza fra i traduttori riguardo a ciò, che debba significare la fine del verso: «perché questo per l’uomo è tutto» (CEI), «perché questo spetta a tutti gli uomini» (Lutero), «perché questo è il tutto dell’uomo» (Diodati, Riveduta, N. Diodati), «perché questo è il tutto per l’uomo» (N. Riveduta), «perché questo è tutto l’uomo» (Ebelfelder).
     L’ebraico (kî-zëh kål-hā’ādām) non lascia però dubbi e recita proprio come abbiamo indicato nella nostra traduzione: «perché questo è tutto l’uomo». Per chi è entrato nel patto del Signore ciò significa quanto segue: Temere Dio e osservare i suoi comandamenti è ciò che ridà al credente la sua dignità di «uomo» dinanzi all’Eterno, suo Creatore e Dio del patto; questo è ciò che lo fa essere quello, per cui è stato creato. Questo è anche ciò che, alla fine dei suoi giorni, gli rimane veramente come premio. Tutto il resto sarà nullità. Tali parole sono conformi all’insegnamento di Gesù (Mt 6,19s).

*** Studia con me: https://www.facebook.com/notes/fede-vivente/prova-del-nove-studia-con-me-30-09-2015/1043605022337398

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