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giovedì 12 novembre 2020

La «Torre di guardia» e il saluto

 

LA «TORRE DI GUARDIA» E IL SALUTO

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di Nicola Martella

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1.  LE QUESTIONI: Ho ricevuto la seguente lettera con la richiesta di chiarimento (formattazione redazionale).

     [...] Ti contatto perché vorrei conoscere il tuo punto di vista sul significato del termine «cháirō» che troviamo in 2 Giovanni 1,10-11. Non essendo un grecista, ho difficoltà nel farmi un’idea solida riguardo al suo effettivo significato in quel contesto giovanneo.

     Questa mia curiosità è nata dopo aver scoperto quello. che affermano i seguaci della «Torre di guardia» su una loro rivista. Eccola: «Qui Giovanni usò cháirō, che indicava un saluto tipo “buon giorno” o “ciao” (Atti 15,23; Matteo 28,9), non usò aspázomai (come nel versetto 13), che significa “abbracciare e, pertanto, salutare, dare il benvenuto”, e che poteva quindi riferirsi a un saluto molto caloroso, accompagnato da un abbraccio (Luca 10,4; 11,43; Atti 20,1,37; 1 Tessalonicesi 5,26). Perciò le istruzioni di 2 Giovanni 11 potevano ben voler dire di non rivolgere a costoro nemmeno un semplice “buon giorno”» («La Torre di Guardia» del 15 aprile 1988, pag. 27).

     Come puoi vedere, non viene citato nessuna dizionario per confermare ciò, che scrivono. Quindi, vorrei capire se in 2 Giovanni venga effettivamente utilizzato come riferimento ad un saluto convenzione tipo il nostro «buongiorno» o «buonasera». [...] {Marco La Terra; 26/09/2020}

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2.  L’ANALISI TESTUALE: Il testo in esame è il seguente, che verifichiamo sul greco: «Se qualcuno viene verso di voi e non porta questo insegnamento, non lo prendete in casa, e non ditegli: “Salute!”. [11] Infatti, chi gli dice: “Salute!”, partecipa alle opere sue, quelle malvagie» (2 Gv 1,10s).

     L’autore uso insieme alla particella ei «se» il pres. ind. érchetai «viene», invece del pres. cong. érchētai «venga», per evidenziare che l’arrivo di cattivi maestri non era un’eventualità soltanto, ma una prassi oramai consolidata nel tempo.

     La locuzione «questo insegnamento (didach)» si riferisce all’«insegnamento di Cristo» (v. 9), che contempla la confessione di «Gesù Cristo venuto in carne» (v. 7). Ciò contrastava con la dottrina gnostica, secondo cui lo spirito di Cristo si sarebbe incorporato (come in una specie di possessione) dell’uomo Gesù di Nazaret al momento del battesimo, per abbandonarlo appena prima che Gesù fosse crocifisso. E ribadivano, perciò, a morire sarebbe stato solo un uomo, non il Dio presso Dio (Gv 1,1s), che si è «fatto carne» (v. 14). Questi sono i «molti seduttori» e «l’anticristo», che smembrano l’unità di «Gesù Cristo venuto in carne» (2 Gv 1,7). Chi nega l’incarnazione di Gesù Cristo, non ha Dio, quindi né il Padre né il Figlio di Dio (v. 10), essendo questo il fondamento della dottrina del nuovo patto.

     Perciò, curiosamente, meraviglia che proprio i seguaci della Torre di guardia, che non credono «Dio era il Logos» (Gv 1,1), essendo Dio presso Dio (v. 2), che «divenne carne» (v. 14), pongano una questione del genere!

     La locuzione «non lo prendete (lambánō) in casa» significa «non lo ospitate». A quel tempo, andavano in giro molti predicatori, alcuni legittimi (cfr. 3 Gv 1,5-8; At 21,17) e altri falsi (cfr. Gal 2,4), che costituivano un serio pericolo per i credenti (cfr. Col 2,8.18 con 2 Gv 1,8).

     La locuzione chaírein autõi mḕ léghete significa letteralmente «non dite di salutarlo» o, meglio; «non ditegli: “Salute!”»; nel verso 10 si tratta di un imperativo presente (autõi mḕ léghete «non ditegli [esprimete, proferite, pronunciate, ecc.]!») con infinito presente (chaírein «salutare, dire: “Salute!”»), per evidenziare una norma valida sempre; dinamicamente intende «non gli rivolgete il saluto». Si tratta di un espressione idiomatica. Nel verso 11 si trova la stessa espressione, ma col verbo légō «dire» al part. pres. att., che evidenzia la continuità. Di per sé il verbo chaírō significa «rallegrarsi, gioire; star bene, godere, prosperare» e, specialmente nei saluti, finì per significare «augurare salute, ossia di star bene, di prosperare». «Salute!» e «saluto, salutare (augurare salute, dare il saluto)» sono in corrispondenza dinamica.

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SEGUONO I SEGUENTI PUNTI:

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3.  RISPOSTE ALLA TORRE DI GUARDIA: 3.1. Il verbo chaírō; 3.2. Il verbo aspázomai; 3.3. I verbi chaírō e aspázomai

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4. EVIDENZE RISULTANTI

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[→ CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A-Tdg_saluto_MT_AT.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

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venerdì 4 luglio 2014

«Pace!» è il saluto cristiano? Parliamone



«PACE!» È IL SALUTO CRISTIANO? PARLIAMONE

Qui di seguito discutiamo l’articolo «“Pace!” è il saluto cristiano?». In esso abbiamo visto che nel NT ci sono svariati modi di salutare e che «pace!» è soltanto uno dei tanti. Abbiamo visto che «pace!» da solo era inusuale, ma ricorreva «pace a te!» (solo in 3 Gv 1,15) e «pace a voi [tutti]!», sebbene meno di quanto ci si aspetti. Nei saluti scritti ricorre «Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo» (qui la grazia ha priorità e la pace ne è l’efflusso), ma difficilmente tale formula era usata nella vita quotidiana, quando ci si salutava.
     Nell’articolo abbiamo constatato che nel NT il saluto «pace (a te, a voi)!» è statisticamente bassissimo. Il saluto «grazia a voi e pace…» è quello più ricorrente; tuttavia, oggigiorno, sfido a trovare un solo credente, che sia abituato a usare formula di saluto, incontrando qualcuno
     Abbiamo visto che nel NT è abbastanza ricorrente la formula «salute!», usata dall’angelo, da Gesù, da Giuda, dalle guardia, dagli apostoli e dalla chiesa di Gerusalemme, dal procuratore Felice, da Giacomo e da Giovanni.
     I modi di salutare nella Bibbia sono vari e dipendono dal tempo, dal luogo, dalla cultura e dalle circostanze. Qui di seguito aggiungo qualche nota sulle formule di saluto nell’AT.
     Ad esempio è scritto: «Mosè uscì a incontrare il suo suocero, s’inchinò, e lo baciò; s’informarono reciprocamente della loro salute, ed entrarono nella tenda» (Es 18,7). All’incontro, chiedere della salute degli altri (Gdc 18,5), significa appunto salutare.
     Davide mandò a Nabal, tramite terzi, il seguente saluto: «Salute! E pace a te, pace alla tua casa, e pace a tutto quello che ti appartiene!» (1 Sm 25,6; lett. lëchāj «alla vita» o «vivi o «vivi o possa tu vivere [a lungo]»).
     Uno dei saluti menzionato nell’AT è jechî le`olām «viva egli per sempre (o possa egli vivere in perpetuo» (cfr. 1 Re 1,31); oppure nella versione aramaica troviamo le`olemîn chë «vivi per sempre (o possa tu vivere in perpetuo» (Dn 2,4; 3,9; 5,10; 6,6[7].21[22]). Come si vede, ogni tempo aveva il suo modo di salutare.
     Si noti che lo stesso saluto šelām! (aram.), che letteralmente intendeva «prosperità, pace», era inteso nel senso di «salute!», come viene tradotto (Esd 4,17). Così la locuzione šelāmā’ kollā’! (aram.), che letteralmente significa «con ogni prosperità o pace», è tradotta con «salute perfetta!» (Esd 5,7); noi diremmo oggi «[ti auguro] ogni bene!».
     Concludo affermando che nella Bibbia non esiste un «saluto cristiano» per eccellenza, ma che nel NT sono riportati diversi tipi di saluto. Non esiste neppure un comandamento, che imponga un certo «saluto biblico». Quindi, ogni cristiano rigenerato può salutare così, com’è più confacente per la sua coscienza, la sua cultura d’appartenenza, la sua indole, il suo paese d’origine e quant’altro (libertà, scelta, ambiente, ecc.).
     Ognuno può salutarmi nei modi leciti, che vuole. Basta che non voglia impormi la sua formula di saluto e non pretenda che essa sia il «saluto biblico»! Chi mi saluta con «pace!», gli risponderà «pace a te!» o «šalôm [lekah]!». A chi mi saluta con «possa tu vivere in perpetuo!», magari gli risponderò con «possa prosperare l’anima tua!». A chi mi saluta con «salute!», gli risponderà «salve!». Mi sta bene anche un «buon giorno!» (o buona sera!) o un «ciao!».

Sul sito seguono i contributi dei lettori e le mie eventuali osservazioni…
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Pace_saluto_Avv.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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mercoledì 2 luglio 2014

«Pace!» è il saluto cristiano?



«PACE!» È IL SALUTO CRISTIANO?

1. ENTRIAMO IN TEMA: Non ho nulla contro chi saluta il prossimo con «pace!», né tento meno contro chi lo fa con me. Augurare del bene al prossimo, è sempre positivo. Ho qualche problema con chi afferma che «pace!» sarebbe il saluto biblico, e cioè l’unico veramente valido, e che, quindi, bisognerebbe usarlo assolutamente. Chi non lo usa, sarebbe in qualche modo poco biblico, se non addirittura fuori dottrina.
     Perciò, non è mia intenzione polemizzare qui con chi usa il saluto «pace!». Per me ognuno può usare il saluto, che più ritiene opportuno nel suo ambiente, secondo la sua indole e la sua provenienza culturale e fideistica, basta che rientri nel canone delle cose onorevoli (Fil 4,8). Chi saluta con «pace!», non ha di più degli altri; chi non lo usa, non ha di meno.
     Nella seguente analisi ci limitiamo al NT, essendo che ci interessa sapere soltanto se «pace!» sia il saluto cristiano. Nell’AT troviamo una realtà molto articolata e variegata, a seconda dei tempi, dei luoghi e delle circostanze. Per una corretta analisi bisogna soltanto limitarsi al saluto «pace (a te, a voi)!».

2. AUGURARE PACE E DINTORNI: Chiaramente nel NT esiste il saluto «pace!», molto usuale nel giudaismo, ma meno di quanto ci si possa aspettare nel NT. Troviamo eirḗnē soi «pace a te!» (solo in 3 Gv 1,15) ed eirḗnē hymĩn «pace a voi!». È solo di questi imperativi, usati per il saluto, che si può fare conto per una corretta analisi; sarebbe qui fuorviante usare altri brani, in cui si parla di pace (p.es. Gv 14,27; Ef 2,17).
     Gli Evangeli non ci riportano nessun caso, in cui Gesù avesse usato il saluto «pace (a te, a voi)!», mentre era in vita. Egli lo usò solo dopo la sua risurrezione e lo rivolse ai suoi apostoli in una specifica situazione, in cui essi erano nel lutto e nella costernazione (Lc 24,36; Gv 20,19s.26). Inoltre, Pietro, scrivendo ai Giudei cristiani augurò loro quanto segue: «Pace a voi tutti, che siete in Cristo» (1 Pt 5,14).
     Nelle lettere troviamo altri tipi di saluti, ad esempio: «Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo» (Rm 1,7; 1 Cor 1,3; 2 Cor 1,2; Gal 1,3; Ef 1,2; Fil 1,2; Col 1,2; 1 Ts 1,1; 2 Ts 1,2; Flm 1,3; cfr. Ap 1,4). Come si vede, l’enfasi maggiore sta sulla grazia (accentuazione per posizione), il cui efflusso è la pace. Questa priorità si trova anche qui: «Grazia e pace vi siano moltiplicate» (1 Pt 1,2); e qui: «Grazia e pace vi siano moltiplicate nella conoscenza di Dio e di Gesù, il nostro Signore» (2 Pt 1,2). Leggiamo pure: «Misericordia, pace e amore vi siano moltiplicati!» (Gd 1,2).
     Come si vede, il saluto «pace (a te, a voi)!» è statisticamente bassissimo. Il saluto «grazia a voi e pace…» è quello più ricorrente. Onestamente, oggigiorno, chi è abituato a usare un tale saluto così o nella sua formula completa?

Come vedremo nel resto dell’articolo, il saluto «salve!» o «salute!» era molto diffuso al tempo di Gesù e degli apostoli e molto ricorrente nel NT.

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 3. Salve o salute; 4. Approfondimenti; 5. Aspetti conclusivi.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Pace_saluto_UnV.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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