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mercoledì 23 dicembre 2015

L’amarezza si fa strada



L’AMAREZZA SI FA STRADA

1.  LE QUESTIONI: È facile perdere la calma e la serenità. Ecco alcuni punti di tale dinamica.
     ■ Ciò avviene, a volte, guardando troppo alle nostre miserie. Siamo angustiati di non riuscire a superare certi limiti nei modi e nei tempi, che ci siamo prefissati.
     ■ Ciò avviene, a volte, confrontandoci con gli altri, dinanzi ai quali ci sentiamo più scarsi.
     ■ Ciò avviene, a volte, perché non ci sentiamo considerati per quello che siamo e apprezzati per quanto facciamo.
     ■ Ciò avviene, a volte, guardando alle circostanze avverse intorno a noi e che, in qualche modo, ci coinvolgono.
     ■ Ciò avviene, a volte, per le avversioni e le malefatte degli altri verso noi stessi.
     ■ Ciò avviene, a volte, guardando ad angoscianti eventi nella società e nel mondo in genere.

Certamente ci saranno altre motivazioni. A volte, senza volerlo, ci lasciamo avvelenare da cattivi sentimenti, inacerbire dagli atteggiamenti altrui, amareggiare ora da questo, ora da quello, e così via.

2.  DOMANDE DI LAVORO: ● 1. Nel concreto, che cosa ti fa perdere di sovente la calma e la serenità? ● 2. Qual è la dinamica ricorrete nella tua vita, quando ciò accade? ● 3. In tale circostanze qual è la tua influenza sul tuo ambiente e sugli altri a te vicini? ● 4. Quando ti avveleni, come fai poi a smaltire nella pratica la tua amarezza? ● 5. Che cosa ti permette di tornare alla serenità? Come avviene nel concreto?

Usa l’occasione per fare una sincera analisi di te stesso. Rispondi alle domande. Collega poi tutto ciò anche alla fede biblica e al rapporto col Signore. Puoi anche fare qualche proposito.

3.  PER L’APPROFONDIMENTO: [→ Sul sito]

[CONTINUA LA LETTURA: http://diakrisis.altervista.org/_Prob/T1-Amarezza_Mds.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
     ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati a esso. ► Per ricevere e-mail di notifica sulle novità, ISCRIVITI ALLA MAILING LIST: http://groups.google.com/group/fede-controcorrente/subscribe

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martedì 7 luglio 2015

Convivere con la celiachia



CONVIVERE CON LA CELIACHIA


1.  ENTRIAMO IN TEMA (Nicola Martella): Tempo fa, avevo pubblicato un articolo dal titolo «Convivere con la fibromialgia», servendomi dell’esperienza di una sorella, che ne è stata colpita. Tale articolo è servito ad altri credenti, che si trovano nella stessa situazione. Tale sorella, che vive all’estero, ha aperto gruppi di auto-aiuto, a cui altre donne (credenti e non) hanno partecipato, scambiandosi le esperienze.

     Un nuovo problema: La lettura di tale articolo ha stimolato una credente a scrivermi e a comunicarmi, in breve, la propria «via crucis»: la celiachia. [→ continua sul sito]

2.  CHE COS’È LA CELIACHIA? (Nicola Martella) [→ continua sul sito]

3.  LA TESTIMONIANZA DI UNA CELIACA (Sabrina Giannicola): Dopo il parto, ebbi un lento declino fisico. Più passava il tempo e più, invece di riacquistare le forze, mi sentivo sempre più debole e svuotata. Avevo continui mal di testa, forti bruciori di stomaco e non riuscivo più a digerire quasi nulla. Dimagrivo. Ed ero arrivata al punto che mi metteva pensiero anche farmi una doccia o lavare i piatti, per le poche forze che avevo.
     In questo precario stato fisico, iniziai a sentirmi molto depressa. [...]
     Su consiglio di mia madre, andai da un medico, che mi consigliò di fare le analisi per la celiachia. Non riuscivo a credere che potessi esserne affetta; e anche quando ne parlai con mio marito, lui fu molto scettico al riguardo. Decisi comunque di fare le analisi. [...] Finalmente andammo a ritirare i risultati, che erano positivi! Il ferro era evidenziato e corrispondeva al numero 2, quando il valore minore di riferimento era 6; inoltre gli anticorpi nello stomaco erano altissimi, a tal punto che quando andai in ospedale, per prendere l’appuntamento per la gastroscopia, la dottoressa mi disse che non sarebbe stata neanche necessaria per confermare il morbo. Da una parte mi sentivo sollevata e dall’altra mi metteva un po’ pensiero il nuovo stile alimentare, che avrei dovuto intraprendere. Mi dissero inoltre che ci sarebbe voluto del tempo, affinché tornassi a stare bene. Mi chiedevo: quanto ci vorrà?
     Inizialmente mi sentivo un po’ giù, perché pur stando attenta, dopo mesi, non notavo tutti quei miglioramenti attesi. Devo dire che il glutine influisce in maniera negativa nel mio corpo non solo a livello fisico, ma anche mentale ed emotivo. Prima d’iniziare la dieta, ero molto nervosa, irritabile, facevo molta fatica a mantenere l’attenzione in un discorso o altro. Stando attenta all’alimentazione, iniziai a riacquistare lucidità e serenità. [...]
     Pensavo che, stando attenta, avrei risolto tutti i miei problemi, ma a distanza di circa un anno dalla scoperta della celiachia, ho attraversato un periodo di crisi fisica, come mai prima di allora, e spirituale. Feci non so quanti controlli, per sapere cosa avessi, ma niente, risultava che stavo bene; i medici mi dicevano che era la celiachia il motivo, per cui mi sentivo così. A distanza di tempo, penso che fosse anche stress. In quel periodo ho imparato a togliere tutto ciò, che non mi occorreva, per lasciare a Dio il potere di ricostruire sulle ceneri della mia vita, derivate dal periodo prima della scoperta della malattia, in cui l’avevo messa in discussione sotto ogni punto di vista.
     Nonostante la moltitudine dei peccati, che sentivo, dopo la scoperta della malattia, mi sono sentita per la prima volta unica e speciale agli occhi di Dio. Dio ci riprende, attraverso il suo Spirito ci rende consapevoli dei nostri errori, e questo ci causa sofferenza; ma l’altra faccia della medaglia è la sua grazia e il suo immenso amore. Io trovo che in questo ci sia un equilibrio perfetto! {29-05-2015}

L’ARTICOLO COMPLETO SI TROVA SUL SITO
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Celiachia_MT_AT.htm] SOLO DOPO AVER LETTO L’INTERO SCRITTO SUL SITO, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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lunedì 4 maggio 2015

Quand’ero in distretta, tu mi hai messo al largo



QUAND’ERO IN DISTRETTA, TU MI HAI MESSO AL LARGO

1.  L’ANALISI BIBLICA [sul sito]


2.  UNA MIA PARTICOLARE ESPERIENZA: Negli ultimi mesi, mia moglie e io eravamo stati molto sotto pressione per vari problemi. Sembrava come se il nemico avesse mobilitato molte schiere contro di noi e contro la chiesa locale, specialmente mostrandosi come Calunniatore (gr. diábolos). Abbiamo avuto spesso il cuore pesante, abbiamo pianto dinanzi al Signore. A me sono tornati i frequenti mal di testa e mia moglie si è fatta tante notti in bianco. Eppure siamo stati presenti agli incontri di chiesa e alle cellule bibliche e abbiamo esplicato i nostri doveri ministeriali. […]
     Quella sera, rientrato a casa alle 22 dallo studio biblico, sebbene molto stanco, mi ero rimesso a lavorare. Dopo un po’ sentii la lode salirmi nel cuore, unita a una pace e a una consolazione inaudite, che mi superavano (Fil 4,7). Mi misi ad adorare il Signore e sentivo una gioia nel cuore; esso mi sobbalzava nel petto come vitelli da stalla, che vengono liberati per la prima volta nei prati; si realizzò per me Malachia 4,2: «Per voi che temete il mio nome si leverà il sole della giustizia, e la guarigione sarà nelle sue ali; e voi uscirete e salterete, come vitelli di stalla». Riconobbi nuovamente che in Cristo «sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza» (Col 2,3). Abbiamo tutto pienamente in Lui (Col 2,10). In Lui siamo «benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi sopraccelesti» (Ef 1,3). Dinanzi alla «eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù», tutto diventava una voce debitoria (danno) e tanta spazzatura (Fil 3,8).
     Non so, pur avendo molti problemi personali ed altri intorno a me, che dovevo ancora affrontare, era come se fossi stato immediatamente guarito. Sentivo una gioia e una consolazione, che bruciava tutto in me e che mi faceva vedere le cose dalla prospettiva della croce e del trono di Dio. Mi rimisi a lavorare. Quando poi, tardissimo, andai a letto stanco morto, ricominciò a scoppiarmi dentro la lode, il cuore si rimise a danzare di gioia e di consolazione; per ore e ore non riuscivo a prendere sonno. La mattina dopo, pur essendo annebbiato di mente, mi sentivo ancora guarito, pieno di gioia e di consolazione. Mi ripetevo un canto, che è tratto da Nehemia 8,10: «La gioia dell’Eterno è la vostra forza» (cfr. Fil 3,1 «Rallegratevi nel Signore»; 4,4).
     Ero disposto a fare tutta la volontà di Dio, qualunque cosa avvenisse. Sapevo che il diavolo sarebbe venuto al contrattacco, ma ero consapevole che il Signore mi aveva guarito. Ero disposto ad affrontare tutti i problemi, che si presentassero, permettendo al Signore di agire. Mi ero arreso a Lui. Sapevo che qualsiasi cosa potesse arrivare, nulla mi avrebbe tolto più la sua gioia, la sua pace e la sua consolazione.
     Sebbene il mio cuore fosse triste per la mia pochezza, le mie miserie e i problemi intorno a me, mi bastava guardare al Signore, per sentire nuovamente tale gioia e consolazione. Adorando Dio, volevo che il mio cuore continuasse a sobbalzare d’allegrezza nel Signore e che potessi far trasparire da tutti i pori tale gioia nel Signore.
     Vedendo la mia insufficienza di peccatore e la sufficienza del Signore, volevo dire a ognuno dei fratelli: «Mi scuso con te, se non ti ho manifestato quell’amore, quell’attenzione, quella cura e quella stima, che tu necessitavi. Ti amo nel Signore. Il mio cuore, oggi, salta troppo di gioia e di consolazione, perché esso possa essere sfiorato da altro. Esponiamoci insieme alla luce, che rifugge dal volto di Gesù, adoriamolo insieme ora, intercediamo qui l’uno per l’altro e sperimentiamo insieme la guarigione del Signore!».
     Esposto alla luce di tale guarigione divina, volevo dire ad altri: «Scusami, se ho fallito nei tuoi riguardi. Non sempre sono stato quello, che avrei dovuto essere e voluto essere. Faccio mie le parole di Davide: “Sono stato concepito nel peccato” (Sal 51,5). Mi associo alla confessione di Paolo: “Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo” (1 Tm 1,15; cfr. 1 Cor 15,8ss). Vieni, esponiamoci insieme alla grazia del Signore!».

L’ARTICOLO COMPLETO SI TROVA SUL SITO
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Distret_larg_EnB.htm] SOLO DOPO AVER LETTO L’INTERO SCRITTO SUL SITO, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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venerdì 11 aprile 2014

Prove della vita



PROVE DELLA VITA

1. LE CITAZIONI
     «L’aiuto che mi viene da Dio non consiste nel far sì che nessuna difficoltà possa sfiorarmi, ma nel fortificarmi spiritualmente, mettendomi in grado di resistere con fermezza e di non lasciarmi travolgere dalle brucianti prove della vita» (James E. Means; fonte: Resistere nelle prove).

■ «Usa ogni difficoltà, che sorge intorno a te, come un’occasione per agire con saggezza e maturità e come un tirocinio per crescere moralmente e umanamente nelle vie del Signore. Se alla “scuola del Signore” si viene bocciati in una materia, bisogna ripetere il corso... con altre prove» (Nicola Martella; fonte: Prove: Dinamica).

■ «Dio dà le prove più difficili a persone, che Egli in tal modo rende straordinarie» (Nicola Martella; fonte: Prove della vita).

2. LE DOMANDE DI LAVORO (Le seguenti domande di studio servono per stimolare chi vuole approfondire l’argomento e per orientare la discussione):
     2.1. Leggi le citazioni riportate. Che cosa ti suggeriscono nell’immediato?
     2.2. Alcuni credenti affermano che chi crede in Cristo, non può avere prove; e chi ce le ha, è perché non ha fede o ha poca fede. Perché tale opinione è scritturalmente sbagliata e pericolosa?
     2.3. Conosci alcuni credenti biblici, a cui Dio diede delle prove nella loro vita?
     2.4. Hai mai avuto prove significative nella tua vita di fede? Come le hai superate?
     2.5. Come ti rapporti con chi sta attraversando al momento delle prove nella sua vita? In tali casi qual è il migliore approccio pastorale, umano, spirituale, ecc.?

     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Prob/T1-Prove_vita_Esc.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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sabato 22 marzo 2014

Preoccupazioni



PREOCCUPAZIONI

1. ENTRIAMO IN TEMA
     Preoccupare significa, etimologicamente parlando, occupare qualcosa (p.es. un posto) prima di un altro. In senso riflessivo intende occuparsi antecedentemente di qualcosa, prima che arrivi o di cui si teme l’arrivo. Ciò può portare, secondo i casi, a prevenire tale cosa, a prepararsi per affrontarla adeguatamente oppure a farne una malattia.
     Una preoccupazione significa, in genere, occupare la mente con un certo pensiero (impensierirsi), accompagnandolo con uno stato d’animo negativo (inquietudine, apprensione, ansia, assillo, tormento, angoscia, cruccio, trepidazione) o con una prospettiva negativa (incertezza, timore, dubbio).


2. DOMANDE DI LAVORO (Le seguenti domande di studio servono per stimolare chi vuole approfondire l’argomento e per orientare la discussione):
     ■ Quali sono le cose che più ti preoccupano attualmente?
     ■ Qual è il decorso standard delle tue preoccupazioni?
     ■ Sei il tipo razionale, che si prepara ad affrontare la burrasca? Oppure sei il tipo irrequieto, che per la tanta apprensione rimane immobile a dolersi, che arriva la tempesta?
     ■ Quando sei preoccupato, sei portato a immaginarti scenari apocalittici, senza via d’uscita?
     ■ Come tipo sei più la formica, che provvede a tempo, o come il grillo, che se la gode spensierato?
     ■ Che ruolo ha la tua fede nel Signore riguardo alle tue preoccupazioni?

Il resto dello scritto si trova sul sito.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Prob/T1-Preoccupa_EnB.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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sabato 9 novembre 2013

Consolati per consolare



CONSOLATI PER CONSOLARE

«Il Dio di ogni consolazione... ci consola in ogni nostra afflizione, affinché, mediante la consolazione, con la quale siamo noi stessi da Dio consolati, possiamo consolare quelli, che si trovano in qualunque afflizione» (2 Corinzi 1,3s).

In questo brano è evidente che la consolazione è presentata come il lenimento della sofferenza. Il secondo aspetto è che solo chi è stato consolato da Dio nella sua afflizione, è in grado di consolare il suo prossimo a tempo debito.
     Per «consolare» s’intende, secondo i casi, quanto segue: recare sollievo a una persona in pena (confortare, incoraggiare, rianimare, rincuorare, risollevare); alleggerire qualcuno del peso riguardo a qualcosa (addolcire, alleviare, calmare, lenire, mitigare).
     Quando si perde qualcosa o qualcuno, ciò produce sofferenza. Chi non ha perso un’amicizia importante? A chi non è morta una persona cara? Chi non è stato privato di un bene? La consolazione non restituisce quanto perso, ma rende tutto ciò più sopportabile, immettendo una nuova speranza. A volte, essa sostituisce la cosa irrecuperabile con una cosa disponibile, oppure con una nuova prospettiva di vita.
     L’altro caso è quando si ha un fortissimo dolore fisico o psichico, che genera sofferenza. Chi non è stato bloccato da un dolore lancinante, da una malattia o da un accidente? La consolazione, sebbene non tolga la causa del dolore, lenisce la sofferenza mediante la presenza umana, la comprensione e il conforto. È come se si introducesse nuova linfa in una pianta, che si sta seccando.
     In tal modo, l’effetto della consolazione è il seguente: il sofferente trova conforto, riprende coraggio, si risolleva dal suo stato di prostrazione, realizza rassegnazione e pace riguardo al suo problema specifico e acquista possibilmente una nuova prospettiva della sua vita. Intanto, diventa anche egli stesso più sensibile nei confronti della sofferenza altrui.
     Chi non trova consolazione nella sua afflizione, spesso indurisce e diventa insensibile alle altrui sofferenze. […]

     Il resto dello scritto si trova sul sito.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Prob/T1-Consolati_per_EnB.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
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martedì 23 luglio 2013

Investimenti di facciata?

INVESTIMENTI DI FACCIATA?




Un amico mi ha suggerito un’immagine, che poi ho formattata a modo mio. Su di essa appaiono due piccoli omini dinanzi a un colossale portale d’ingresso, dietro a cui non c’è la mega-villa da sogno, come ci si aspetterebbe. Al contrario, in lontananza si vede una catapecchia e un omino, che cura il suo orto. Uno dei due omini, che ammirano il trionfalistico portale, spiega all’altro: «La costruzione dell’entrata l’ha ridotto in bolletta!». Tale amico ha aggiunto a tale scena la seguente didascalia: «Costa voler apparire ad ogni costo!». La riflessione su tale immagine mi ha suggerito le segui considerazioni.
     Gesù disse alle folle: «Infatti chi è fra voi colui che, volendo edificare una torre, non si metta prima a sedere e calcoli la spesa per vedere se è in grado di poterla finire? Che talora, quando ne abbia posto il fondamento e non la possa finire, tutti quelli che la vedranno prendano a beffarsi di lui, dicendo: “Quest’uomo ha cominciato a edificare e non ha potuto finire!”» (Lc 14,28ss).
     Ho dovuto pensare che anche certi cristiani sono proprio così: vogliono apparire dinanzi agli altri, vogliono titoli religiosi altisonanti, che li distingua dagli altri, pretendono di avere gradi da generale, autorità, la cosiddetta «unzione», grandi carismi e potenza, e si vantano di grandi cose riguardo a ciò, che rappresenterebbero. Dietro alla facciata dell’apparenza sono spesso tutt’altro. Per sapere chi sono veramente, basta sperimentarli quando discutono accesamente con qualcuno o si trovano a gestire un conflitto.
     In tale contesto Gesù fece precedere tali versi illustrativi da questi altri: «Se uno viene a me e non odia suo padre, e sua madre, e la moglie, e i fratelli, e le sorelle, e finanche la sua propria vita, non può essere mio discepolo. E chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo» (Lc 14,12s). Il Messia Gesù pretese qui la priorità assoluta su tutto e tutti. Certi cristiani, pieni di sé e della loro presunta autorità e potenza, non vogliono la «croce» (l’abnegazione), ma applausi sui palchi e consensi sui pulpiti, per essere ammirati e osannati come qualcosa di eccezionale.
     Alcuni si appellano alla potenza dello Spirito, ma poi mostrano tutta la loro carnalità, mettendo fuori uso il «frutto dello Spirito», appena li si tocca in qualcosa, e diventano verbalmente violenti come belve fameliche. […]
     Di là dalle apparenze, l’albero si riconosce dai frutti. «Così, ogni albero buono fa frutti buoni; ma l’albero cattivo fa frutti cattivi. Un albero buono non può far frutti cattivi, né un albero cattivo far frutti buoni» (Mt 7,17s). Non basta, quindi, ciò che si mostra, ma ciò che c’è dietro la facciata. L’autorità spirituale del servitore del Signore non si mostra col misticismo, ma con la pratica del «frutto dello Spirito» (Gal 5,22s) e con l’essere irreprensibili (1 Tm 3,2.10; 5,7; 6,14 + immacolato; Tt 1,6s; 2 Pt 3,14), specialmente nella crisi e propriamente nel conflitto con altri, dove a ragione bisogna mostrare «nell’insegnamento integrità, dignità, linguaggio sano, irreprensibile» (Tt 2,8). […]

     Questi sono alcuni stralci, l’intero scritto si trova sul sito.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Prob/T1-Invest_facciata_EnB.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

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lunedì 24 giugno 2013

Sofferenza e fede

SOFFERENZA E FEDE

«Non sempre Dio ci aiuta ad aggirare la sofferenza, ma ci aiuta ad attraversarla» (attribuito a Johann Albrecht Bengel, 1687-1752; tradotto e adattato dal tedesco da Nicola Martella).

Chi ha un’immagine lacunosa di Dio e aderisce a un «evangelo a poco prezzo«, crede che Dio sia lo «zio buono», tutto sentimenti e caramelle. Quando, poi, arrivano le sofferenze si trovano sconcertati, come se accadesse qualcosa di innaturale e anormale in questa vita.
     Le reazioni alla sofferenza sono le più diverse. Allora, alcuni si mettono a dubitare dell’amore di Dio. Oppure cominciano a dubitare di se stessi, come se la loro fede non fosse realmente vera. Altri dediti al misticismo troveranno la facile via di vedere in ciò una specie di demonizzazione e cercheranno il prossimo santone unto, per farsi togliere la presunta maledizione. Altri ancora si allontanano da Dio o cadono in un buco nero di depressione e auto-commiserazione.
     Le sofferenze fanno assolutamente parte della vita, anche di quelle dei credenti, nessuno escluso. I motivi perché soffriamo sono vari. A volte ciò dipende dalle nostre scelte sbagliate. Altre volte dagli altri, che ci trattano con malvagità. Altre volte ancora le sofferenze vengono dal fatto che viviamo in un mondo affetto da corruzione e peccato. Poi, ci sono i casi in cui Dio ci manda sofferenze per metterci alla prova (cfr. Giobbe), per motivi di disciplina, per purificarci e così via. Ci sono altri casi, in cui Dio vuole che ci facciamo bastare la sua grazia. Ci sono, inoltre circostanze, in cui Satana chiede a Dio di poterci vagliare.
     Mi fermo qui per dare ai lettori occasione di completare il quadro esistenziale e biblico e di dare anche la loro personale testimonianza in merito.
 


Per l’approfondimento biblico (Il senso di questa lista di versi è di stimolare la riflessione dei lettori, per aiutarli formulare contributi confacenti al tema): 2 Corinzi 12,8s; Geremia 30,15; Giobbe 1,9ss; 2,4s; Luca 22,31s; Romani 8,18.22s; 2 Corinzi 1,6; 2 Timoteo 2,3; Ebrei 2,10; 1 Pietro 4,12ss; 5,8s. I brani si trovano scritti per esteso sul sito.

     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Prob/T1-Soffer_fede_Avv.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

sabato 8 giugno 2013

Felicità, intraprendenza e responsabilità

FELICITÀ, INTRAPRENDENZA E RESPONSABILITÀ

«Quando la felicità arriverà a casa tua e suonerà, abbi almeno la bontà di alzarti e di aprirle la porta, prima che se ne vada e per sempre» (Nicola Martella; fonte: http://puntoacroce.altervista.org/+Umor/Umor_F_Mds.htm, al lemma «Felicità per pigri»).
 


1. Apatia esistenziale
     C’è una fascia sociale nostrana composta di ragazzi e giovani adulti, i quali hanno avuto tutto dai genitori e che sono più fortunati di milioni di altri ragazzi, che in tutto il mondo non hanno ciò, che possiedono loro. Eppure tali giovani hanno rinunciato da noi a ogni prospettiva, non cercandone una e vivendo ogni giorno così come viene.
     Vorrebbero una soluzione dall’alto, ma che non li impegnino molto. Essi pensano che tutto è dovuto loro; e, non avendo ciò, che desiderano, rinunciano a cercare. Come recita un proverbio, vorrebbero «il letto fatto e la gelosia d’amore»; oppure «la botte piena e la moglie ubriaca». In tal modo, abituati all’apatia, all’edonismo e al «dolce far niente», diventano un costo sociale per la collettività del presente e del futuro.

2. Alcuni rischi
     Uno dei rischi è che tali giovani, abituati a far nulla e a non cercare prospettive, non saranno in grado di venire a capo della loro vita. Invece di prendersi le responsabilità, cercheranno le vie più facili, se non addirittura la cultura dello sballo continuo. In tal modo, essi rischiano di cadere nella totale indigenza e di diventare un serio problema per le loro famiglie e per la società.
     Un altro dei rischi è che seguano quel demagogo di turno, che prometterà di dare loro ciò, che desiderano. Essi abbracceranno ideologie forti, pensando di diventare qualcuno. Tale ideologo sfrutterà i loro aneliti e i loro bisogni, per accreditarsi, per costruire il suo potere e per aggiogare prima loro e poi gli altri. È così che nascono le dittature, le dipendenze, le nuove schiavitù e la militanza in gruppi politici e religiosi dalle ideologie estreme e sanguinarie.
     Infine, c’è anche il rischio di cercare vie facili, per avere ciò che si vuole, ossia quelle della delinquenza, del crimine e del sopruso a spese degli altri.

Sul sito seguono i seguenti punti: 3. Cercare la propria via; 4. Alcuni insegnamenti biblici.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Prob/A1-Felic_respons_Sh.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

venerdì 17 maggio 2013

Una persona a me cara si è gravemente ammalata. E ora?

UNA PERSONA A ME CARA SI È GRAVEMENTE AMMALATA. E ORA?

1. Il fulmine a ciel sereno
     La vita scorreva nella normalità, fra alti e bassi. I rapporti fra coniugi, fra fidanzati, fra genitori e figli, eccetera, seguivano i soliti ritmi e l’andirivieni di sempre, con momenti di gioia, tran-tran, ovvietà e abitudini, con i soliti fastidi psico-fisici, veri e presunti, con i cicli di stress e di tranquillo recupero, con le speranze e i timori della vita.
     Poi, un giorno, un nostro caro ritorna dal medico col viso mesto, più del solito. Lì per lì, pensiamo che si tratti dei suoi soliti disturbi periodici, di cui si lamentava da tempo e con cui cercava maggiore attenzione e considerazione. Questa volta non era così: un male grave e oscuro quanto il nome complicato, che porta. È come se cadesse un fulmine a ciel sereno. Improvvisamente è come se il treno deragliasse, o la macchina forasse insieme tutte e quattro le gomme e uscissimo fuori strada. L’esistenza finisce a gambe all’aria. È come un’ondata di gelo polare in piena estate. Dapprima c’è l’incredulità e lo stupore. Subito dopo ci chiediamo cose del genere: È grave? Quanto è grave? È guaribile? Ce la farà? Sennò, quanto tempo resta da vivere? Che dice il medico? E se si è sbagliato? Dovremmo consultare un altro specialista, per andare sul sicuro? 



2. Uno scenario che muta
     All’improvviso l’orizzonte si restringe. Tutta la vita diventa come un carosello, che gira tutto intorno al perno di tale malattia. Tutto il resto si scolorisce e diventa contorno. Le cose più eclatanti, che succedono nel nostro Paese e nel mondo, non ci scuotono più come dovrebbero: le cose piacevoli stridono col nostro lutto; le cose drammatiche acuiscono ancor più il nostro dolore. Per il resto, è come se l’intero universo sia distratto e indifferente al nostro dramma familiare.
     Comincia la trafila degli specialisti, delle analisi, degli ospedali, delle cure prospettate. Cerchiamo di leggere fra le righe qualche barlume di speranza. Ci sembra di entrare in un labirinto. È come se tutti ci abbandonassero ora, che è arrivato questo gran male. Noi stessi vorremmo svegliarci dall’incubo e scoprire che è stato tutto un sogno. Oppure, vorremmo scappare da tale situazione e andarci a nascondere alla fine del mondo.

Sul sito seguono i seguenti punti: 3. Interrogativi e problematiche; 4. Alcuni casi biblici.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Prob/A1-Grave_malato_Esc.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}