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lunedì 8 dicembre 2014

Spiritualità quale via per una falsa devozione


SPIRITUALITÀ QUALE VIA PER UNA FALSA DEVOZIONE


1. ENTRIAMO IN TEMA (Nicola Martella): Il tallone d’Achille di tutti coloro, che si chiamano «cristiani» (o seguaci di Cristo), non è tanto la fede (= fiducia in Dio, credo), quanto il «timor di Dio» quale base dell’etica. Il timor di Dio, quale profondo rispetto e riverenza personale verso il Signore, è esercitato per onorare il Signore, ricercando il suo ordine creazionale e morale e cercando di corrispondervi mediante l’ubbidienza. Ciò è alla base della «sapienza» quale facoltà, che permette di riconoscere l’ordine di Dio e di corrispondere a esso (Gb 28,28; Pr 1,7; 9,10).
     Laddove manca un vero timore di Dio, subentra allora la religiosità quale spiritualizzazione della propria devozione, sebbene essa possa essere arbitraria, distante dal volere del Signore e addirittura in contrasto con la rivelazione di Dio. Allora alla rivelazione della sacra Scrittura si sostituisce la spiritualizzazione (e cristianizzazione) dei propri atti devozionali e morali, e si rimpiazza l’ubbidienza con le esperienze spirituali soggettive. Queste ultime sono poi chiamate «spiritualità» e costituiscono una via devozionale facile, poiché è legata all’arbitrio, ai propri desideri e alle proprie interpretazioni. Lo spiritualismo può attingere da tutto, anche da fonti discutibili e addirittura torbide, basta che abbia una tinteggiata di buonismo, umanismo, positività, di religiosità e cose simili.

2. FRA SPIRITUALITÀ E VERITÀ (Carlo Neri): Caro Nicola, come senz’altro anche tu avrai osservato, nel mondo, da sempre le persone religiose mostrano una tendenza a spiritualizzare, ad apprezzare il mistico o misticheggiante e a preferire quindi la «spiritualità» alla verità. Questo fenomeno non è piacevole da osservare, in particolare perché si avverte che mira a deviare l’uomo dall’intraprendere un cammino verso la «verità che vi farà liberi» (Gv 8,32). […]
     Il problema diventa però più serio, quando questa tendenza s’infiltra nella chiesa, specialmente quando i conduttori spostano la barra del timone dalla ricerca scrupolosa e obbiettiva della fedeltà alla Parola a una sempre maggiore e predominante «spiritualità». Ed ecco il motivo per cui ti scrivo. Quando, infatti, succede questo nella chiesa, non avremo quasi nessuna possibilità di essere d’aiuto ai nostri fratelli, magari anche giovani nella fede, che fanno affidamento sull’autorevolezza delle loro guide. Si potrebbero infatti provocare danni ancora maggiori mettendo in discussione la competenza dei loro conduttori.
     La causa di questa tendenza sarà da attribuire forse all’influenza del mondo, che entra anche all’interno della chiesa? O forse al carismaticismo, in particolare di provenienza cattolica, che rimane come una impronta in quei fratelli, che hanno vissuto quella esperienza e che rende loro più difficile giungere a comprendere l’armonia fra spiritualità e verità, a cui ci esorta la Parola?
     Saranno forse entrambi, non lo so, ma quando succede che i credenti vengono spinti a «iper-spiritualizzare» la loro fede, la chiesa può venirsi a trovare in una situazione simile a quella della chiesa di Corinto, dove i santi, influenzati dalla religiosità carica di misticismo dei loro concittadini, si sentirono spinti a eccedere nelle loro riunioni, fino a far dire all’apostolo: «Se… entrano dei profani o dei non credenti, non diranno che voi siete fuori di senno?» (1 Corinzi 14,23).
     Il problema concreto che sto osservando e che probabilmente non riguarda solo una singola assemblea, si manifesta ad esempio quando le guide esortano i credenti a pregare dicendo: «Gesù, ti prego… Gesù, ti chiedo… Gesù, ti lodo, ecc.»; anziché a dire: «Padre ti prego… ti chiedo… ti lodo, nel nome di Gesù», come insegna la Scrittura; in questo modo a mio avviso viene distorta, con apparente pietà, la Parola. […]         Sottolineando la sacrosanta importanza di avvicinarsi alla persona di Gesù, ma in questo modo esasperato, potrei dire forse fanatizzato, ho notato come conseguenza un altro squilibrio, quello di percepire secondario il valore delle opere nella fede e l’importanza dello studio approfondito e obbiettivo della Parola.
     Quando capita infatti di leggere brani che trattano questi temi, è facile osservare qualche «acrobazia interpretativa» da parte di quei fratelli, che cercano di salvaguardare la dottrina, di cui ho parlato.
     Le conseguenze pratiche di questo approccio quindi sono, a mio avviso, nientemeno che deviazioni dottrinali, che portano la chiesa a non esercitare il discepolato o a non farlo nel modo giusto; e allo stesso tempo sollecitano il credente, specialmente se giovane nella fede, a percepire fondamentale un comportamento «spirituale» ed esteriore e a considerare secondarie le implicazioni pratiche della sua scelta di fede. Al contrario, è lo studio serio e obbiettivo della Parola, che porterà il credente a una crescita utile a lui e a chi ha vicino, alla ricerca dei doni che lo Spirito Santo gli ha dato e al loro esercizio nell’ambito della chiesa e fuori.
     Quello che in sintesi, quindi, secondo me, potrebbe portare un danno alla fede e all’opera di chi è entrato a far parte del corpo di Cristo, non è detto sia solamente ciò, che frena o che ostacola il cammino dei fratelli, potrebbe essere anche un tentativo come questo di migliorare ed elevare la loro vita spirituale.
     «Spiritualizzando» troppo, infatti, si può ottenere l’effetto opposto a quello, che queste guide auspicano. […]

Qui abbiamo riportato solo alcuni brani dello scritto, il resto segue sul sito: 3. Alcuni approfondimenti; 4. Aspetti conclusivi. [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Spiritual_fals_MeG.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
     ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati a esso.


domenica 11 agosto 2013

Umanizzazione religiosa degli animali



UMANIZZAZIONE RELIGIOSA DEGLI ANIMALI

1. False spiritualizzazioni
     In un gruppo, di cui sono membro ho trovato tale immagine discutibile, che è abbastanza diffusa in Internet; l’ho formattata a modo mio, per mettere in guardia da tali false spiritualizzazioni, consce o inconsce che siano. In quel che segue, lascio anonimi i protagonisti, poiché ci interessa l’atteggiamento, non le singole persone. L’immagine era accompagnata da una preghiera di un altro membro di lingua portoghese, che riporto con l’adattamento in italiano: «Grazie mio Dio, per questo giorno. Grazie per avermi protetto e per avermi dato la forza di andare avanti, e che domani tu mi vorrai benedire, come fai sempre. Padre eterno, grazie». {LRD; 27-07-2013}
     Fin qui non c’è nulla di singolare. Mi aveva, però, meravigliato il contributo di un altro lettore: «Molte volte gli animali dimostrano più amore e umanità di chi si considera un essere superiore! Bellissima immagine! Questo cane è l’amore, che gli trasmette il suo piccolo padrone!» {LFC; 27-07-2013}
     Ero rimasto proprio senza parole! Come non accorgersi che si tratta di un’immagine costruita ad arte!? È tutta una montatura romantico-religiosa, e questo scatto è riuscito dopo molte prove. I cani si lasciano addomesticare; per un bocconcino farebbero questo e altro. Solo gli esseri umani hanno la consapevolezza di Dio e sentono il bisogno di comunicare con lui spiritualmente.

2. Gli animali non sono esseri spirituali e morali
     Per «spirituale» si intende la capacità di cercare Dio e di avere una comunione personale con Lui mediante la preghiera e il culto a Lui. Per «morale» si intende la capacità di avere una coscienza, di sentire il rimorso per il male fatto, di ravvedersi e di mutare vita. Agli animali mancano ambedue queste attitudini.
     Certo gli animali sono esseri senzienti e posseggono anche, in vari modi e misure, di intelligenza, per rimanere vivi, per imparare, per svolgere al meglio la loro esistenza e così via, certo nei limiti della loro singola specie. Essi sono anche capaci di mostrare sentimenti ed emozioni, sia positivi, sia negativi. Tuttavia, gli animali non sono esseri religiosi, non si chiedono perché esistono, da dove vengono e da dove vanno, chi ha creato il mondo, se c’è un Dio e così via.
     Gli animali non sono neppure esseri morali, ossia non si chiedono che cosa sia giusto o sbagliato. Dove imparano a non fare certe cose, non è per scrupolo di coscienza, ma perché temono le conseguenze, il pericolo e le punizioni. Essi non sono ripresi nella loro coscienza per cose sbagliate fatte a danno di qualcuno un anno o decenni prima. Non sentono il bisogno di andare a confessare una loro malefatta, per alleggerirsi la coscienza e per trovare pace con se stessi.
     Su tale immagine tale cane imita ciò, per cui è stato addomesticato e per cui sa di ricevere un premio (un bocconcino), ogni volta che farà la stessa cosa. Tale cane non sente slanci religiosi, non prega dentro di sé a Dio. Egli si atteggia soltanto esternamente, secondo ciò che gli è stato artificialmente ingiunto, provando e riprovando.

Sul sito segue il seguente punto: 3. Aspetti conclusivi.
     [CONTINUA LA LETTURA: www.diakrisis.altervista.org/_Disc/T1-Uman_relig_animal_GeR.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» (http://www.puntoacroce.altervista.org) e su altri associati ad esso.

mercoledì 29 febbraio 2012

Dallo spiritualismo allo spiritismo? Parliamone

DALLO SPIRITUALISMO ALLO SPIRITISMO? PARLIAMONE

Nella Bibbia l’abominio delle pratiche occulte è chiaramente dichiarato, e ciò vale specialmente per il rivolgersi a spiriti demoniaci e a defunti e per ogni specie di divinazione mediante la presunta consultazione dei morti (negromanzia). Ecco qui due testi di base.
     ■ «Non vi rivolgete agli spiriti, né agli indovini; non li consultate, per non contaminarvi per mezzo loro» (Lv 19,31).
     ■ «Non si trovi in mezzo a te chi fa passare suo figlio o sua figlia per il fuoco, né chi esercita la divinazione, né astrologo, né chi predice il futuro, né mago, né incantatore, né chi consulta gli spiriti, né chi dice la fortuna, né negromante, perché il Signore detesta chiunque fa queste cose; a motivo di queste pratiche abominevoli, il Signore, il tuo Dio, sta per scacciare quelle nazioni dinanzi a te» (Deuteronomio 18,10ss).

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Dallo spiritualismo allo spiritismo». Abbiamo detto che in nome di una evanescente e meglio non definita «spiritualità», alcuni si aprono a esperienze religiose, che a ragione bisogna definire spiritualismo esoterico. Alcuni sono attratti dall’indistinto «sacro» e dalla generica «spiritualità», senza porsi la questione della verità e della fonte; e fanno esperienze esoteriche, che li contaminano dal punto di vista psichico e spirituale.
     Essi assomigliano ai moscerini, che d’estate sono attratti dal lampione, non distinguendo la luce naturale da quell’artificiale; è immaginabile che sia gli uni che gli altri si possano scottare e mettere a rischio la loro vita. Similmente avviene con loro come ai pesci pescati con la lampara! Come abbiamo detto nell’articolo, coloro che entrano nella mentalità dello spiritualismo esoterico, pensano di acquistare conoscenze nascoste e potenza sovrannaturale, in effetti si aprono a spiriti demoniaci, che giocheranno con loro come il gatto col topo.
     Nella Bibbia re come Saul e Manasse hanno dovuto pesantemente sperimentare sulla propria pelle che cosa significa aprirsi all’occulto e consultare spiriti e defunti.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/T1-Spiritual_spiritis_MT_AT.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}

 
Non finire vittima della piovra dell’occulto!

domenica 26 febbraio 2012

Dallo spiritualismo allo spiritismo


DALLO SPIRITUALISMO ALLO SPIRITISMO

1. ENTRIAMO IN TEMA: Dalla fede cristiana alla cosiddetta «spiritualità» il passo può essere breve per alcuni, come pure quello dalla spiritualità religiosa allo spiritualismo esoterico, magari condito di elementi cristianizzati. Certuni sono interessati alla fenomenologia del «sacro», a ciò che è trascendente e miracoloso, senza porsi la questione della fonte e della verità. Non meraviglia che, prima o poi, finiscano nel paranormale e sono accecati dal diavolo, che volentieri si presenta come «angelo di luce». Allora si credono di essere «sensitivi», di avere facoltà di medium, ossia di poter fare da tramite fra morti e viventi; si danno a fare esperimenti di parapsicologia o a prendere contatto, come credono, con i defunti, da cui credono di poter carpire conoscenze e informazioni nascoste. Gli spiriti, che essi evocano, sono in effetti demoni ed essi non li lasceranno facilmente, ma cercheranno di illuderli, di ingannarli, di renderli soggetti e di penetrare in loro sempre più, a mano a mano che essi proseguiranno con tale «lieve danza delle tenebre», come recita un mio libro sull’occultismo e affini.

2. LE QUESTIONI: Ero rimasto meravigliato di come un lettore era intervenuto in un tema di discussione riguardante la perizia e l’amore. Nulla lasciava immaginare che lui si mettesse a parlare della morte e della sensibilità (o sensitivismo), oltre a quello fatalista del destino. Come se ciò non bastasse, egli ha replicato come segue alla mia risposta:… Qui seguono le asserzioni, a cui rispondo nel merito punto per punto.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A1-Spiritual_spiritis_Oc.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}
 

~~> Discuti questo tema qui o su "Facebook": https://www.facebook.com/notes/puntoacroce/dallo-spiritualismo-allo-spiritismo/10150700213692990

venerdì 10 febbraio 2012

Atti 16,31 e il pericolo delle interpretazioni spiritualistiche


ATTI 16,31 E IL PERICOLO DELLE INTERPRETAZIONI SPIRITUALISTICHE


1. La questione
     Mettere versi biblici in rete e illustrarli in modo intelligente, per renderli più comprensibili e attraenti, è una buona cosa. Chiaramente deve trattarsi di brani chiari, evidenti e che abbiano a che fare con le verità centrali dell’Evangelo. Uno di tali versi è, ad esempio, il seguente: «Non mi vergogno dell’Evangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Romani 1,16). In genere tali versi, centrali per la dottrina, si trovano nelle epistole del NT.
     Altra cosa è se si attinge da libri storici come gli Evangeli e il libro degli Atti, dove sono riportate narrazioni specifiche e dove sono contenute promesse specifiche a persone particolari in determinate situazioni. Prendere bonariamente una di tale promesse particolari e generalizzarla per tutti, può creare molti equivoci e perplessità di diverso genere.

2. Il caso concreto
     Ho trovato in rete un’immagine contenete il seguente verso: «Credi nel Signor Gesù, e sarai salvato tu e la casa tua» (Atti 16,31). Essa era accompagnato da un’illustrazione stilizzata di una famigliola. Oltre a ciò, non c’era altra scritta o didascalia, che l’accompagnava. Era evidente che l’autore presentasse effettivamente l’immagine con tale verso come una promessa assoluta di Dio, valida per tutti. Per lui era, quindi, scontato il seguente significato: quando qualcuno si converte, il Signore, prima o poi, toccherà immancabilmente tutta la sua famiglia, portandola alla fede.
     Poiché il tutto era stato presentato in un gruppo di discussione, pensai di intervenire, aiutando a far capire a lui e agli altri che si trattava di una promessa circostanziata e non di una promessa universale. Ecco che cosa scrissi in concreto.
     Esegeticamente parlando, essa era una promessa personale di Dio a una famiglia specifica di Filippi, che Dio ben conosceva quanto a predisposizione. Non possiamo applicare, quindi, tale promessa indiscriminatamente a tutte le famiglie, quantunque ci auguriamo di cuore che intere famiglie si convertano. Sebbene anche oggigiorno possano esserci, in casi particolari, interi nuclei familiari pronti per la salvezza, l’esperienza di vita e di fede mostra però che non sempre si convertono intere famiglie e che, anzi, a volte alcuni rimangono per sempre gli unici credenti all’interno della famiglia paterna, della propria famiglia (coniuge e figli non seguono la fede) e del proprio parentado.
     Il vantaggio dell’esegesi contestuale (a differenza di un’applicazione decontestualizzata) è che non si suscitano false speranze, essendo che Dio non costringe nessuno alla salvezza. Pregare, testimoniare e sperare rimangono comunque attività devozionali valide.
            Seguono i seguenti punti: 3. Excursus: Una reazione inaspettata; 4. Approfondimenti riguardo ad Atti 16,31; 5. Aspetti conclusivi. [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-At16-31_interpreta_Avv.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}