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giovedì 19 giugno 2014

Matteo 28,19 e le traduzioni



MATTEO 28,19 E LE TRADUZIONI

1.  LE QUESTIONI: Ciao, Nicola, volevo chiederti una risposta su Matteo 28,19. Leggendolo in varie traduzioni vediamo una differenza di traduzione.
     ■ CEI ‘74: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (così anche Rv e Diod).
     ■ NR: «Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (così anche CEI ‘08 e PdS/TILC).
     ■ ND: «Andate, dunque, e fate discepoli di tutte le nazioni, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».

Come vediamo questi modi diversi di tradurre danno anche interpretazioni diverse del comando di Gesù sul «grande mandato»:
     ■ Gesù chiede solo d’insegnare l’Evangelo a ogni popolo e tutte le nazioni devono essere battezzate (così da CEI ‘74, Rv, Diod).
     ■ Gesù chiede che ogni persona d’ogni nazione diventi seguace di Gesù. Questa interpretazione è molto simile alla prima, ma ne differisce, perché dalla prima interpretazione sembra che gli apostoli devono solo far conoscere l’Evangelo, mentre dalla seconda sembra che gli apostoli devono fare in modo che ogni persona d’ogni popolo diventi cristiana (così da CEI ‘08, PdS/TILC).
     ■ Gesù chiede che gli apostoli insegnino l’Evangelo a ogni popolo, ma non è importante se tutto il popolo diventa cristiano o se solo qualche persona scelga di seguire il Messia (così da ND).

Vediamo che da tre traduzioni un po’ diverse scaturiscono interpretazioni simili, ma con qualche differenza. Volevo chiederti cosa tu ne pensi, se puoi tradurre tu il brano di Matteo 28,19 e dirmi come tu comprendi queste parole del Signore Gesù Cristo. {Alessio Rando; 17-03-2014}

2.  LE RISPOSTE: Questo articolo ha un carattere specialistico e non è adatto per ogni lettore, ma solo per quelli maturi e specialmente per quanti capiscono di grammatica e sintassi, sia italiane, sia greche.
     Come sempre si fa bene a tradurre il brano letteralmente dal greco: «Poreuthéntes [mentre andate], ũn [dunque], matheteúsate [ammaestrate] pánta tà étnē [tutte le genti], baptízontes autū̀s [immergendoli] eis tò ónoma [nel nome] tũ Patròs [del Padre] kaì tũ Huiũ [e del Figlio] kaì tũ Haghíū Pneúmatos [e del Santo Spirito], didáskontes autū̀s [istruendoli] tēreĩn [a osservare] pánta hósa [tutto quanto] eneteilámēn hymĩn [vi comandai]» (Mt 28,19-20a).

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: Continuazione del 2° punto (Le risposte): Proposizioni secondarie; La proposizione principale; Massa e singoli; La logica; 3. Aspetti conclusivi.
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Mt28_19-traduz_Mt.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
     ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati a esso.

*** Discuti questo tema qui o sulla mia pagina di "Facebook": https://www.facebook.com/notes/puntoacroce/matteo-2819-e-le-traduzioni/10152564573872990


ATTENZIONE! Questo articolo ha un carattere specialistico e non è per tutti. Per favore, non intervenire se, dopo aver letto l’intero articolo sul sito, ti rendi conto che ti manca la necessaria competenza in merito!

giovedì 30 maggio 2013

Esiste il termine «nipoti» nella Bibbia?

ESISTE IL TERMINE «NIPOTI» NELLA BIBBIA?

1. LE QUESTIONI: Avevo lanciato una piccola sfida alla ricerca, scrivendo: Lo sapevi che nel testo ebraico dell’AT e in quello greco del NT manca un termine per «nipote»? Eppure nelle nostre Bibbie compare due volte. Come mai?.
     Avevo, quindi, rimandato nelle «Curiosità bibliche» al lemma «Mancano nella Bibbia», dove avevo messo delle informazioni in merito, appena aggiornate. Le riporto qui di seguito:

L’ebraico e il greco della Bibbia non hanno un termine per nipote, ma si usava «figlio /a» nel senso di «figlio /a del figlio o della figlia» (cfr. 2 Sm 19,24 TM Mefibošet, figlio di Saul, LXX [v. 25] figlio di Gionathan, figlio di Saul; 2 Re 8,26 [TM e LXX] Athalja, figlia di Omri). Per questo l’autore della lettera agli Ebrei dovette usare la macchinosa espressione «figlio della figlia di Faraone» (Eb 11,24). [Legenda: TM = Testo Masoretico (AT ebraico); LXX = Settanta (AT greco)]

Due lettori mi hanno posto le seguenti questioni, dandomi una forte provocazione sul termine «nipoti».
     ■ In Giobbe 18,19 e 1 Timoteo 5,4 compare «nipote». Per l’ebraico non era in uso, o meglio veniva altrimenti specificato. Per il greco, ekgona è un termine generico, che indica discendenti. Mi piace Nicola, perché ci sprona a consultare traduzioni interlineari, dizionari e commentari. Comunque, fratello caro, come mai si preferisce una lezione piuttosto che un’altra? Perché le traduzioni in Timoteo hanno ekgonos «nipote»? Le traduzioni contemporanee si fondano o si basano anche sulle traduzioni del passato? {Pietro Calenzo; 26-05-2013}

     ■ Grazie, caro fratello Nicola, concordo appieno con ciò, che ha scritto il fratello Pietro, perché la curiosità ci spinge a ricercare e studiare. Ma, a questo punto, poiché a me ogni aggiunta fa sempre venire in mente una mancanza di riguardo nei confronti di Dio e anche perché la mia curiosità è stata stimolata, per quale motivo aggiungere termini mancanti negli originali? {Rita Fabi; 26-05-2013}

Certo, lì per lì sono rimasto perplesso e, provocato, mi sono messo al lavoro. Possibile che abbia trascurato tale termine plurale? Possibile che mi sia sbagliato e che nell’ebraico e nel greco della Bibbia ci sia un termine specifico per «nipote»?

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 2. Le risposte: 2.1. Entriamo in tema; 2.2. I nipoti nella Bibbia (brani: ● Gn 21,23; Gb 18,19; Is 14,22; ● Gdc 12,14; 1 Cr 8,39; ● 1 Tm 5,4); 3. Aspetti conclusivi.
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Nipoti_BB_MT_AT.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}


 

lunedì 22 aprile 2013

Fede in Dio o fede di Dio?


FEDE IN DIO O FEDE DI DIO?

 

Un lettore mi ha scritto quanto segue: Ciao Nicola, […] avrei bisogno di un chiarimento su Marco 11,22, in particolare sull’espressione «Abbiate la fede di Dio»; soltanto il Diodati lo traduce in questo modo, tutte le altre traduzione riportano «Abbiate fede in Dio». Dato che ho sentito dei sermoni, che facevano uso della versione del Diodati e che mettevano l’accento sulla fede di Dio, vorrei sapere che cosa voleva dire in origine questa espressione. Grazie per la risposta. […] {Mimmo Longo; 21-03-2013}
 
Ad aspetti rilevanti di tali questioni rispondo come segue:
 
1. ENTRIAMO IN TEMA: Faccio notare che non è Giovanni Diodati ad aver tradotto «Abbiate la fede di Dio!», ma quella traduzione, che oggi è accreditata come «Nuova Diodati». Nessun altra Bibbia italiana ed estera, da me consultata, traduce così. Già questo dovrebbe lasciar pensare.
     In una struttura con caso genitivo («A di B») il complemento di specificazione («di B») può essere rapportato a un soggetto o a un oggetto. Si noti, ad esempio, quanto segue:
     Amor di mamma: amore, che la mamma dà; la mamma dà amore.
     Amor di patria: amore, che uno ha nei confronti della patria; uno ama la patria.
     Ad esempio, la locuzione genitiva greca pístis alētheías significa «fede nella verità» (2 Ts 2,13); cfr. elpís tũ kyríū «speranza nel Signore» (1 Ts 1,13).
     Addirittura la struttura «A di B» può intendere «A = B», ad esempio nell’espressione «il dono (il simbolo) della fede» intende «il dono (il simbolo), che è la fede» = «la fede quale dono (simbolo)». Similmente «materia di fede» intende «materia, che attiene alla fede».
 
2. ANALISI DELLE QUESTIONI: Quanto detto finora, mostra che le strutture col genitivo possono avere vari significati. In ebraico e in greco la «fede (= fiducia) di Dio» può intendere, secondo i casi, sia la «fede, che Dio dà», sia la «fede (= fiducia, fedeltà), che Dio esercita» in qualcuno (Rm 3,3), sia «fede, che qualcuno esercita in Dio» (▪ pístis Theũ Mc 11,22).
     In Mc 11,22 ricorre in greco Échete pístin Theũ, quindi «Abbiate fede di Dio». Il termine pístis significa «fede, fiducia, fedeltà», ed è il contesto a mostrarne il significato in italiano. Si tratta di una nuance letteraria per «Abbiate fede in Dio», come traducono la stragrande maggioranza delle traduzioni italiane ed estere. Non darei molta importanza a ciò. In Rm 3,3 ricorre la locuzione tḕn pístin tũ Theũ, ossia «la fede / la fedeltà di Dio». Inoltre, in Ap 14,12 «i comandamenti di Dio» e «la fede di Gesù» (tḕn pístin Iēsũ) si equivalgono, e qui «fede» intende il contenuto d’essa, ossia la dottrina di Gesù.
     Quanto detto per la connessione genitiva fra fede e Dio vale con altre persone: ▪ pístis Christũ Gal 2,16 (v. 26 pístis en Christõ = Col 1,4; 1 Tm 3,13; 2 Tm 3,15); Fil 3,9; ▪ pístis Iēsũ Rm 3,22.26; Gal 2,16; 3,22; Ap 14,12; ▪ pístis tũ kyríū Iēsũ Gcm 2,1; ▪ pístis tũ hyíũ Gal 2,20). Gesù parlò anche della pístis eis emé «fede in me» (At 26,18; cfr. Ef 3,12 pístis autũ «fede in lui»).
     Per cui non v’è nessuna differenza fra pístis Theũ e pístis en Theõ, visto che ambedue le locuzioni significano «fede in Dio». Lo stesso vale per pístis pròs tòn Theón «fede nei confronti di Dio» (1 Ts 1,8; cfr. Rm 5,1 presso Dio), pístis eis Theón «fede in Dio» (1 Pt 1,21) e pístis epì Theón «fede in riferimento a Dio» (Eb 6,1).
 
Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: 3. Ulteriori approfondimenti; 4. Aspetti conclusivi.
            [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Fede_Dio_Mt.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}
 
 

lunedì 4 febbraio 2013

Luoghi ultraterreni e traduzioni

LUOGHI ULTRATERRENI E TRADUZIONI

di Martella Nicola - Edoardo Piacentini

1.  PREVARICAZIONI DA TRADUZIONI (Martella Nicola): Le buone traduzioni della Bibbia hanno formato il linguaggio dei credenti per decenni, se non per secoli. Tuttavia, non sempre i traduttori hanno avuto luce in tutto ciò, che hanno tradotto. In certi punti i traduttori sono stati dei «traditori» del testo biblico; in certi aspetti essi hanno seguito la dottrina prevalente del loro tempo e l’hanno proiettata nella traduzione. A ciò si aggiunga che non tutte le traduzioni correnti sono state fatte di sana pianta dai testi nelle lingue originali, ma si sono appoggiate alla Vulgata e alla traduzioni derivate. Ci sono così traduzioni, che ricalcano altre, in primis quella di Lutero e la King James. I revisori, ossia coloro che hanno rivisto le Bibbie nostrane, spesso hanno ricalcato in tempi recenti proprio tali traduzioni antiche fatte sul «testo ricevuto» (Textus Receptus), ossia sul testo valido intorno al tempo della Riforma, che non tiene conto della scoperta dei nuovi manoscritti. Tali revisori si sono occupati più dell’aggiornare il linguaggio in italiano che di verificare le traduzioni sul testo originario. In tal modo, ad esempio abbiamo la Bibbia della CEI, che rispecchia la Vulgata; la «Diodati» rispecchia in gran parte la traduzione di Lutero. La «Nuova Diodati» rispecchia quella di Lutero (tedesco) e la King James (inglese).
     Tutto ciò è abbastanza evidente in questo tema, che riguarda i luoghi trascendentali. Le scelte fatte da tali traduttori e revisori hanno prevaricato perciò la comprensione dell’escatologia. Altri dettagli li aggiungerò durante il confronto.
     Facciamo un po’ di storia. Quando l’AT e il NT vennero tradotti in latino, il termine inferus (infero) «inferiore, disotto, sottostante» cercava di corrispondere al termine ebraico še’ol e a quello greco hades, che traduceva il primo, i quali intendevano sia la tomba, sia l’oltretomba, ossia un generico «luogo dei morti», ambedue collocati sottoterra. Il problema è che «infero» (spesso anche al plurale «inferi»)venne usato anche per il luogo finale e definitivo, che la Bibbia chiama «Geenna», «fuoco eterno» o «Stagno di fuoco». Così si venne a tradurre con «infero/i» sia l’Ades temporaneo, sia lo «Stagno di fuoco» definitivo, creando molta confusione dottrinale.
     Col tempo «infero» venne a significare anche «Inferno», ossia il luogo della pena eterna, che attende le anime dei peccatori impenitenti e dei malvagi. Non è un caso che Dante nella sua «Commedia» non consideri l’Ades, ma l’Inferno, collocando in esso vari suoi contemporanei. Tuttavia, biblicamente parlando, mentre l’Ades oggi è pieno, l’Inferno (= Stagno di fuoco) è completamente vuoto; infatti, i primi due inquilini di quest’ultimo saranno il dittatore escatologico (Bestia) e il falso profeta (Ap 19,20); poi seguirà per terzo il diavolo (Ap 20,10).

2. IL CONFRONTO: Quanto segue è un confronto con Edoardo Piacentini su tali questioni. Tale suo scritto intendeva essere un contributo all’articolo «Per Branham l’inferno non è eterno». Esso era per un tema di discussione troppo specifico; il confronto, che si è generato, mi ha indotto a metterlo qui, per dargli una risposta adeguata. Già nel passato ne abbiamo parlato insieme su tale questione. Ora mi è diventato (nuovamente) chiaro da dove provenga una concezione escatologica leggermente differente (ossia nei dettagli). Per quanto ho capito dal confronto, le traduzioni da lui usate, hanno esercitato su di lui un convincimento dottrinale, che poi egli rispecchia nei suoi scritti e, perciò, nelle sue predicazioni. Come detto, si tratta di dettagli. Questo confronto serve per mettere a fuoco una terminologia comune e un linguaggio comune sull’escatologia. […]

Sul sito sono presenti inoltre i seguenti punti: Continuazione del secondo punto: 2.1. Edoardo Piacentini; 2.2. Martella Nicola…; 3. Analisi e comparazione di alcune traduzioni (Martella Nicola).
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Ultraterr_traduz_Esc.htm ] Solo dopo aver letto l’intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}


~~> Discuti questo tema qui o su "Facebook": https://www.facebook.com/notes/puntoacroce/luoghi-ultraterreni-e-traduzioni/10151495718087990

lunedì 23 agosto 2010

Traduzioni della Bibbia fra competenze e metodo? Parliamone 24-08-10

TRADUZIONI DELLA BIBBIA FRA COMPETENZE E METODO? PARLIAMONE

Per le questioni, da cui è nato questo tema di discussione, rimandiamo all’articolo «Traduzioni della Bibbia fra competenze e metodo» e alle tesi di Eliseo Paterniti.
     Non si può che essere grati a Dio che esistano varie traduzioni e parafrasi della Bibbia in italiano. Alcune usano soltanto il «Textus Receptus», ossia il «testo accertato» messo insieme al tempo di Erasmo di Rotterdam, partendo dai manoscritti allora a disposizione; specialmente la vecchia Diodati, la King James, la Riveduta e la Nuova Diodati si ispirano a tale testo. La Nuova Diodati sembra proprio la King James italianizzata, anche nei limiti. Le traduzioni cattoliche sono state fatte perlopiù sul testo della latina Vulgata. La Nuova Riveduta, oltre a contenere i difetti della vecchia Riveduta, ne ha aggiunto dei nuovi; chiaramente ha anche delle buone novità (p.es. aver tradotto il presente continuo «non pecca» con «non vive nel peccato» in 1 Gv).
     Le questioni si trovano, grazie a Dio, nei dettagli; ciò significa che ognuna di tali Bibbie è buona per il culto e l’edificazione. I dettagli sono, invece, importanti per chi studia la Bibbia; inoltre, essi possono indurre a formulare convincimenti sani o deleteri dagli effetti imprevedibili. (Continua nel primo contributo.) Perciò, il mio consiglio è che chi voglia studiare seriamente la Bibbia, ma non può attingere ai testi nelle lingue originali, si munisca di una schiera di traduzioni differenti e consulti attendibili e fedeli commentari esegetici. [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Trad-BB_comp_metod_Lv.htm ] Solo dopo aver letto l'intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}
 
Inoltre, ecco gli ultimi scritti già messi in rete:
Piero Zanca visto da un testimone oculare: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-PZanca_teste-ocula_EnB.htm
■ Traduzioni della Bibbia fra competenze e metodo: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Trad-BB_comp_metod_MT_AT.htm
Spiriti religiosi e canali sensitivi (Aspetti generali e interrogativi per un filmato con Pietro Zanca): http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Spir-relig_canal-sens_Car.htm

mercoledì 18 agosto 2010

Traduzioni della Bibbia fra competenze e metodo 18-08-10


TRADUZIONI DELLA BIBBIA FRA COMPETENZE E METODO

Sono stato invitato a partecipare a una discussione con tale titolo, iniziata da Eliseo Paterniti, su «Discussioni Parola di vita». Poi si sono inseriti alcuni «soliti noti», che invece di discutere nel merito, hanno usato l’occasione per denigrare. Quindi, sposto qui le questioni col permesso del mio interlocutore.

1.  LE TESI (Eliseo Paterniti): Da diversi anni, da parte di alcuni predicatori ho sentito spesso quest’affermazione: «La Bibbia è stata tradotta male!». Oppure: «Questo versetto è stato tradotto male! Nei testi ci sono diverse contraddizioni!». In questi giorni ho sentito l’ultima: «La Bibbia non è del tutto attendibile, ci sono delle omissioni nella traduzione».
     Il sottoscritto esaminando le varie traduzioni della Bibbia — a partire dalla C.E.I. (Bibbia usata all’interno della chiesa cattolica romana), Riveduta, Diodati, Vulgata, RV (spagnolo), Riveduta (Luzzi) — noto che un testo lo traducono sostanzialmente allo stesso modo. Mi chiedo se questi traduttori [nostrani] e altri di altre lingue si sono messi d’accordo per tradurre la Bibbia in mala fede? O c’è chi vuole far credere oggi che il lavoro fatto da questi traduttori è stato vano? Chi è secondo voi in mala fede gli antichi traduttori o questi improvvisati studiosi moderni?

2.  OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola Martella): Quanto qui scritto prende spunto dalle riflessioni di Eliseo Paterniti, ma affronta una questione che va ben oltre.
     Secondo me, in questo e in altri casi, bisogna stare attenti a proporre questioni così delicate e specifiche in un modo, che può almeno apparire abbastanza superficiale; infatti, in tale modo non solo non si dice nulla di veramente significativo, ma si dà l’impressione di buttare via il bimbo con tutta l’acqua sporca. Se si vuole dire qualcosa di rilevante in merito a questa questione, bisogna evitare le generalizzazioni e bisogna dire chi ha detto che cosa riguardo a quale brano specifico, dove e quando. Non si deve sparare semplicemente nel mucchio, facendo apparite tutti coloro, che dicono qualcosa sul testo biblico, come dei «mostri» o delle persone in «mala fede»; altrimenti conviene rinchiudere tutti gli esegeti e gli scrittori di commentari esegetici. Inoltre, per dire qualcosa al riguardo, bisogna avere delle competenze specifiche, altrimenti si passa per chi vuol parlare ad esempio di «aoristo trigonometrico» o di «acido citrullico», non sapendo neppure che cosa significa (ambedue le espressioni non esistono, ma lo sa solo un esperto rispettivamente in lingue e in chimica!). [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Trad-BB_comp_metod_MT_AT.htm ] Solo dopo aver letto l'intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}
 
Inoltre, ecco gli ultimi scritti già messi in rete:
Spiriti religiosi e canali sensitivi (Aspetti generali e interrogativi per un filmato con Pietro Zanca): http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Spir-relig_canal-sens_Car.htm