SOTTOMISSIONE
AI CONDUTTORI E LORO DISCIPLINA? PARLIAMONE
Qui
di seguito discutiamo l’articolo «Perciò
pubblicai tale lettera, che riassumeva le posizioni, e vi diedi risposta. I
temi del confronto, intimamente intrecciati fra loro erano i seguenti: ▪
1. La questione della legittimità
della sottomissione ai conduttori
(per l’uno è assoluta, per l’altro solo relativa); ▪ 2. La questione della legittimità della la disciplina ecclesiale esercitata dai
conduttori; ▪ 3. La questione
della legittimità della la disciplina ecclesiale esercitata verso i conduttori.
Si conveniva che la disciplina verso i conduttori
rappresenta l’aspetto più controverso e difficile nella sua gestione concreta.
A tutto ciò ho cercato di dare una risposta, basandola sulla spiegazione di
brani biblici chiave. Qui di seguito porto una sintesi e alcuni aspetti
integrativi.
».
Due credenti maturi si sono confrontati su questo tema e almeno uno dei due mi
ha coinvolto in tale questione.
Poiché
i conduttori sono «delegati»
dell’assemblea, in una chiesa stabile e autonoma (quindi non più in una fase
missionaria) essi vengono riconosciuti da quest’ultima, qualora abbiano i
prerequisiti spirituali, morali e umani, e possono essere da essa anche
rimossi, quando tali qualità vengono meno. I conduttori non occupano cariche
ecclesiali (uffici), tanto meno a vita, ma svolgono funzioni ministeriali
(servizi), per le quali vengono loro riconosciuti i seguenti elementi
indispensabili: integrità, irreprensibilità, carismi, capacità d’insegnamento,
di sovrintendenza e di cura, maturità, autorità, forze, stabilità, costanza,
zelo, prontezza, sacrificio e tempo.
Il
ruolo primario dei conduttori non è
quello di domatori, ma di allenatori; non è quello di comandanti di un
esercito, ma di sorveglianti del gregge, che essi pasturano e curano
amorevolmente. L’autorità dei
conduttori non si basa su un ufficio, che si detiene, ma sulla sottomissione
alla Parola, di cui bisogna essere in grado d’interpretare e dispensare
rettamente, e sul primato del servizio. Nel NT la sottomissione è dapprima reciproca nella chiesa; poi, non è
qualcosa che si possa comandare, ma nasce nel cuore dei credenti come
«convincimento interiore», «rispetto arrendevole» e come «assoggettamento
volontario» verso persone, che si stima e si onora, perché irreprensibili,
autorevoli, degne di fiducia e modello morale e spirituale da seguire.
Abbiamo
visto che la disciplina non
dev’essere un atto personale e autoritario dei conduttori né un fine a sé, ma
deve concretarsi in una deliberazione ecclesiale, basata sul pari
consentimento, e avere sempre come fine il possibile recupero di chi diventa
oggetto di disciplina. La disciplina non deve riguardare opinioni e stili di
vita, su cui la Bibbia lascia libertà o non si pronuncia, ma deve riguardare
fatti accertati da testimoni e questioni centrali di fede (Evangelo) e di
morale.
Perché
la disciplina ecclesiale non sia un
atto di potere arbitrario o all’acqua di rose, deve essere basata solo
sui casi chiari e documentati, che la Scrittura descrive, e dev’essere
chiaramente provata e documentata. Se si prescinde dai legittimi casi di chiara
deviazione dottrinale e morale e da irremovibilità dei trasgressori, un atto di fuori comunione è sempre una
sconfitta dei conduttori, che sono stati incapaci di vegliare, di ammonire e di
curare a tempo il gregge, che Dio ha affidato loro. Esso dev’essere sempre un
atto estremo e basato sul pari consentimento ecclesiale. Tale decisione
dev’essere comunicata anche alle chiese limitrofe, affinché l’uomo
dottrinalmente fazioso e moralmente perverso non faccia danno anche altrove.
La disciplina
verso i conduttori non fa eccezione, sebbene sia più delicata e presenti
alcune difficoltà. Abbiamo detto che l’assemblea dei battezzati riconosce i
propri conduttori, ma altresì le destituisce, qualora vengano meno le qualità
necessarie per svolgere tale funzione ministeriale (1 Tm 3; Tt 1). In tali
casi, l’assemblea può delegare tale procedimento al «consiglio di chiesa», se esistente (chiaramente senza il conduttore
in oggetto); se esso non fosse esistente, si può formare un gruppo di fratelli
più autorevoli della comunità, che potremmo chiamare «consiglio di saggi». Se esistesse ancora un missionario fondatore, sebbene si trovi altrove, si può
coinvolgerlo in tale procedimento di accertamento della verità; egli lavorerà
con tale «task-force» («consiglio di chiesa», «consiglio di saggi»). In altri
casi, dove la matassa locale fosse troppo ingarbugliata, varie persone di guida
fossero coinvolte e non si potesse formare un gruppo neutrale di accertamento
della verità, la chiesa può chiamare in aiuto persone esterne: autorevoli conduttori di chiesa e servitori della
zona. Tale «task-force», che può riunire credenti interni e conduttori e
servitori esterni, dev’essere accettata dall’assemblea, possibilmente anche
dalle persone in causa. Essa, dopo l’inchiesta e l’analisi, farà una relazione all’assemblea dei battezzati,
fissando il punto della situazione, e farà le sue raccomandazioni. Alla fine,
sarà l’assemblea locale a deliberare
una decisione, ad esempio la decadenza di un conduttore dalla sua funzione
ministeriale o addirittura la disciplina verso di lui.
Sul sito seguono i contributi dei lettori e le mie eventuali osservazioni…
[CONTINUA LA LETTURA:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Sottomiss_disciplina_Avv.htm]
Solo dopo aver letto l’intero
scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle
questioni in esso contenute?
ATTENZIONE: Quanto scritto sulle
bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può
diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito
«Fede controcorrente» e su altri associati ad esso.
~~> Discuti questo
tema qui o su "Facebook": https://www.facebook.com/notes/puntoacroce/sottomissione-ai-conduttori-e-loro-disciplina-parliamone/10151987784022990
Nessun commento:
Posta un commento