IO CREDO CHE RISORGERÒ!
Resurrezione di Gesù, paradigma di quella dei credenti
Paolo Brancè inizia il suo articolo come segue: «Resurrecturis» è la scritta che il visitatore legge, quando entra nel Cimitero Monumentale di Verona. È un termine latino che richiama subito alla memoria la parola italiana «resurrezione». Il tema della resurrezione costituisce per i cristiani il fondamento della fede, è uno dei dogmi fondamentali della rivelazione biblica. Fin dai primi anni dell’era cristiana, la morte è vista dai credenti con gli occhi della fede come terminus a quo, ossia come punto di partenza della vita infuturata, oltre il tempo dell’esistenza mondana.
È innegabile che la morte è lo spauracchio dell’uomo. Se da una parte, per il sentire cristiano la morte è percepita come il passaggio dalla vita caduca dell’esistenza terrena a quella eterna, suggellata dalla risurrezione di Cristo, tuttavia è onesto ammettere che il pensiero della morte causa nell’uomo profonda inquietudine e disperazione. E al riguardo non vale nulla la riflessione filosofica, che cerca di lenire il turbamento causato dalla morte, come l’aforisma di Epicuro, secondo il quale la morte non sarebbe un’esperienza spaventevole per l’uomo perché, fino a quando l’uomo vive, la morte non c’è e, quando la morte sopraggiunge, l’uomo non è più. Di fatto, la morte è tragicamente presente nella vita dell’uomo perché prevale in lui la percezione in vita della paura del morire. Giustamente Lattanzio, un autore cristiano latino del 4° secolo d.C., fa notare che la morte in sé può non essere una infelicità, ma lo è l’avvicinamento alla morte: cioè essere consunti dalla malattia, subire una ferita, essere trafitti da un’arma, essere arsi dal fuoco, essere sbranati. Sono queste le fonti del timore, e non perché portano la morte, ma perché portano un gran dolore. Né vale la pietosa consolazione che il poeta Ugo Foscolo suggerisce con l’affermare che solo chi non lascerà eredità di affetti, poca gioia ha dell’urna, consegnando soltanto alla memoria l’illusione della sopravvivenza dell’uomo dalla terrificante realtà del morire.
Per l’uomo la morte è il male supremo che toglie il valore supremo della vita: l’uomo diventa un corpo freddo, privo dell’alito di vita, che è il respiro: non può più pensare, né amare, né odiare, né lavorare, né oziare, né curare i suoi affari, né speculare, né giocare, né ridere, né piangere, né sposarsi, né generare figli, né godere il frutto della propria fatica. È tragico pensare che l’uomo è cibo per i vermi e concime per i fiori. [Continua la lettura: http://puntoacroce.altervista.org/Artk/2-Io-credo_risorgero_OiG.htm] Solo dopo aver letto l'intero scritto, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute? {Nicola Martella}
Inoltre, ecco gli ultimi scritti già messi in rete:
■ Liberazione interiore e pastorale esorcistica: http://puntoacroce.altervista.org/Artk/1-Libera-inter_pastor-esorc_EnB.htm
■ Mia madre non mi ha mai amata: http://puntoacroce.altervista.org/Artk/1-Mai-amata_da-madre_EnB.htm
■ Giorni speciali di preghiera istituiti via social network?: http://puntoacroce.altervista.org/Temi/1-Giorni_spec_prega_EdF.htm
■ Bob Hazlett visto da vicino: http://puntoacroce.altervista.org/Artk/1-BHazlett_vicino_MeG.htm
■ Discussioni su Facebook: http://www.facebook.com/pages/PuntoACroce/283338718681
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