UN
NUOVO PATTO STIPULATO NELL’AT? 3: L’EVANGELO DI ISAIA
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Come si vede dall’indice, questo confronto con Fernando De
Angelis si estende per sei parti. Qui di seguito riportiamo la terza parte.
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1. LE TESI (Fernando De Angelis): Il
Nuovo Testamento è scritto in greco
per la semplice ragione che anche gli Ebrei, in quel tempo, capivano più il
greco che l’ebraico. Al punto che spesso nelle sinagoghe, specie quelle lontane da Gerusalemme, si leggeva l’AT
nella versione greca. Nelle nostre Bibbie la parola «Evangelo» compare nel NT, ma per i lettori di quel tempo era una
parola già conosciuta e definita da Isaia, il quale concentra la sua «buona
notizia» (questo significa «evangelo») nei capitoli 40-66.
Michea aveva annunciato con grande
chiarezza la futura distruzione di Gerusalemme (3,12) e Isaia, suo contemporaneo, la conferma (3,1; 5,4-7). Sia Michea
(4,1) che Isaia, però, non considerarono la distruzione di Gerusalemme come la «fine della storia», ma
annunciarono che ci sarebbe poi stato un nuovo e più glorioso inizio. Riportiamo alcune espressioni che Isaia usa all’inizio
del suo evangelo: «Consolate, consolate
il mio popolo. Parlate al cuore di Gerusalemme e proclamatele che il tempo
della sua schiavitù è compiuto» (40,1-2). Qualunque sia l’applicazione a
Cristo, che se ne può fare, credo che non si possa disconoscere che Isaia si
riferisca in primo luogo alla fine della
schiavitù babilonese.
Isaia prosegue
annunciando una rinnovata e più efficace presenza di Dio fra il suo popolo: «La
voce di uno grida: “Preparate nel deserto la via del Signore […]”. Allora la
gloria del Signore sarà rivelata e tutti, allo stesso tempo, la vedranno» […].
Tu che porti l’evangelo a Sion [i
traduttori mettono “buona notizia”, nascondendo che si tratta della stessa
parola che troviamo nel NT], sali sopra un alto monte! […] ecco il Signore, l’Eterno,
viene con potenza, con il suo braccio egli domina […]. Come un pastore, egli
pascerà il suo gregge: raccoglierà gli agnelli in braccio» (Is 40,1-11).
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2. OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola
Martella)
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2.1. L’EVANGELO DI ISAIA (E MICHEA)?: [→ Sul sito]
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2.2. L’ANNUNCIO FUTURO DI ISAIA (E MICHEA):
Si afferma giustamente che questi due proclamatori contemporanei annunciarono
sia la distruzione di Giuda (e di Gerusalemme) sia un ristabilimento del regno,
che sarebbe stato glorioso.
Tuttavia, bisogna
osservare che si trattava del ristabilimento dell’intero regno di Davide. E ciò
premetteva i seguenti aspetti:
l’avvento del «nuovo Davide», l’Immanuel (Is 7,14), come unico re (Mi 5,1ss), il ritorno dell’intero
popolo in patria per mano del Messia (Is
11,10ss.15s) e l’unificazione di Giuda ed Efraim in una sola nazione
politica (Is 11,13). Ciò
avrebbe portato a una pacificazione con la natura (Is 11,6-9) e avrebbe creato pace e sicurezza nei confini
nazionali (Mi 5,3s) e
addirittura una supremazia di Gerusalemme sul resto delle nazioni (Is 2,2ss [= Mi 4,1ss] 11,10.13s; Mi 5,4s)
e una pace universale (Is 2,4; Mi
4,3s). Letteralmente leggiamo quanto segue riguardo al Re messianico e al suo
regno: «Infatti, un fanciullo ci è nato, un figlio ci è stato dato, e l’impero
riposerà sulle sue spalle; e il suo nome sarà chiamato: Ammirabile,
Consigliere, Potente [’el], Prode [ghibbor], Padre per sempre, Principe di
pace. [6] L’incremento dell’impero e la pace non avranno fine sul trono di Davide e sul suo regno, per
consolidarlo e sostenerlo mediante il giudizio e la giustizia, da ora in
perpetuo. Questo farà lo zelo dell’Eterno degli eserciti» (Is 9,5s; cfr. Is 11,1-5).
Bisogna ammettere
con onestà che in nessun momento della storia
veterotestamentaria ci sono state le condizioni, perché tale «buona
notizia» potesse concretizzarsi. Alla fine
della schiavitù babilonese, la stragrande maggioranza degli Ebrei non tornò
in patria, ma rimase nella diaspora. Inoltre, non c’era il «nuovo Davide». Non
esisteva un «grande Israele» come nazione autonoma, ma solo una piccola
provincia di un impero straniero. L’epoca paradisiaca non ebbe inizio.
Tale progetto
divino non si realizzò neppure in tempi
neotestamentari! Infatti, poiché i Giudei
rifiutarono Gesù quale Messia (= Unto [a re]), il regno venne loro
addirittura tolto (Mt 21,43) durante il «tempo delle nazioni». Esso si
realizzerà solo alla fine dei tempi
con l’avvento in gloria del «Figlio dell’uomo» (Mt 13,41; 16,27s; 19,28; 24,30;
25,31). Allora l’Agnello darà inizio al suo regno di giustizia e pace (Ap
20,1-6).
Proprio il brano
di Is 40,1-11 non si realizzò mai
all’interno del perimetro storico dell’AT. Esso fu usato proprio nel NT per affermare che il regno di Dio era arrivato con
Gesù Messia (cfr. Is 40,3ss con Mt 3,3 «Di lui parlò infatti il profeta Isaia...»; Lc 3,4ss più estesa citazione).
Anche riguardo all’immagine del buon
pastore Gesù fece le sue rivendicazioni assolute (Gv 10,11ss).
Un’ultima nota
finale riguarda la seguente arbitraria traduzione con interpolazione: «Tu che
porti l’evangelo a Sion [i
traduttori mettono “buona notizia”, nascondendo che si tratta della stessa
parola che troviamo nel NT]». Come abbiamo mostrato nella nostra attenta
analisi dei termini euanghélion ed euanghelízō,
tale affermazione, fatta per far quadrare il cerchio della propria ideologia
filosofica sull’AT, è pretestuosa e falsa; è una mera proiezione arbitraria.
Abbiamo mostrato che in tutto l’AT non
esiste l’esplicito termine euanghélion
(«notizia, annuncio, novità, messaggio») nel testo greco e, quindi, tanto meno
in Isaia. Se ciò non bastasse, faccio presente che nel testo ebraico di Isaia 40,9 ricorre il verbo bāśar «portare
novità, annunciare».
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[CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Nov_Patt3_Is_R56.htm]
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