giovedì 6 marzo 2014

Sottomissione e obbedienza ai conduttori?



SOTTOMISSIONE E OBBEDIENZA AI CONDUTTORI?

Questo confronto fra Tonino Mele e Martella Nicola è nato sulla base dell’articolo «Bisogna obbedire ai conduttori?». Avrebbe dovuto trovare spazio nel corrispondente tema di discussione tema di discussione, ma per la sua specificità, ho preferito metterlo a parte, sia per la sua specificità, sia per la sua lunghezza.
 

Tonino Mele: Ringrazio il fratello che ha iniziato questo dibattito col suo interessante e stimolante contributo. Tuttavia, temo che la relazione tra anziani e membri di chiesa non sia riducibile a puntualizzazioni e distinzioni bibliche tra ubbidienza e sottomissione del figlio piccolo e del figlio adulto.
     Pur condividendo che gli anziani non devono abusare del loro ruolo e non signoreggiare, però bisogna ammettere che i credenti non sono tutti uguali, ci sono gli adulti e ci sono i bambini, i maturi e gli immaturi, i forti e i deboli, gli ordinati e i disordinati; e una conduzione efficace dovrebbe, partendo dalla condizione spirituale di ognuno, impartire l’adeguato trattamento.
     Inoltre, più che definire i contorni della relazione anziani - membri del gregge, tipico questo di una concezione troppo istituzionalizzata di questo ruolo, meglio sarebbe iscrivere questa relazione nell’ambito pneumatico, in cui il NT la pone. Non è un caso che gli anziani sono costituiti tali dallo Spirito Santo (At 20,28); ed è lo Spirito Santo che dà i «doni di governo» (1 Cor 12,28). Così in un capitolo importante per la vita della chiesa come Efesini 4, dove si parla sia delle guide della chiesa che del contributo di ogni singola parte, si fonda sullo sforzo e la responsabilità di ognuno di «conservare l’unità dello Spirito col vincolo della pace» (v.3).
     Questo è il cuore della questione: Si è ridotta questa relazione a un gioco tra le parti, dove pare più importante stabilire le regole del gioco, anziché collocare questa relazione in quell’ambito, che la trascende, ma che pure la libera da quelle logiche umane, che la stanno facendo naufragare.
     Distinguere tra sottomissione e ubbidienza non giova, come non giova distinguere tra sottomissione e consentimento («mi sottometto, anche se non condivido le vostre scelte»), perché a lungo andare queste distinzioni portano a una sottomissione di facciata, priva di quella vera fiducia, che invece dovrebbe esistere tra anziani e membri del gregge.
     L’espressione «unità dello Spirito», che a mio avviso rispecchia quella tanto usata negli Atti di «pari consentimento», temo che non lasci spazio a distinzioni come quelle menzionate, ma le inglobi come facce della stessa medaglia.
     Non credo dunque che una conduzione efficace debba accontentarsi di una sottomissione senza ubbidienza o senza consentimento, ma debba mirare a questa unità dello Spirito, e rappresentarla con coraggio dinanzi ai più riottosi. {21-02-2014}

Nicola Martella: Nelle chiese ci sono certamente conduttori costituiti tali dallo Spirito Santo (At 20,28) e, se è così, quando vengono riconosciuti, posseggono i requisiti prescritti (1 Tm 3; Tt 1). Tuttavia, ho potuto fare l’esperienza personale sul campo in molti decenni nelle chiese, oltre a quella fatta con la cura pastorale e con il confronto diretto e col carteggio con conduttori e membri di comunità. Tutto ciò m’insegna che le cose non stanno così idillicamente, poiché ci sono conduttori insediati, nonostante che lo Spirito Santo non li abbia costituiti (i frutti mostrano l’albero) e nonostante che non abbiano i prerequisiti per ambire a tale ministero. Abbiamo già parlato altrove di tali «anziani di paglia», che biblicizzano la loro carne, signoreggiano le chiese, portano scompiglio nella conduzione e così via.
     Il modello di conduttore ce lo presenta Dio stesso, in contrasto con le pessime guide d’Israele, che signoreggiavano sulle anime e scorticavano i miseri (cfr. Ez 34,6-11), quando Egli mostra la sua cura per i più deboli: «Come un pastore, egli pascerà il suo gregge; raccoglierà gli agnelli in braccio, se li porterà sul petto, e condurrà pian piano le pecore che allattano» (Is 40,11; cfr. Sal 23). A tale immagine s’ispirò poi Pietro (cfr. 1 Pt 5,1ss). E ancora: «Io stesso pascerò le mie pecore, e io stesso le farò riposare, dice il Signore, l’Eterno. Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, fortificherò la malata... io le pascerò con giustizia» (Ez 34,15s; cfr. vv. 12ss; cfr. vv. 23s il nuovo Davide).
     Nel nuovo patto, il rapporto di fiducia fra il «buon Pastore» Gesù e le sue pecore fu descritto così: «Le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco, ed esse mi seguono» (Gv 10,27). Quindi, qui ci sono la cura del pastore e il rapporto di fiducia fra Lui e le sue pecore. Per questo Gesù disse a Pietro: «Pasci le mie pecore» (Gv 21,17); le pecore sono del Signore e il servitore deve pascerle (= portarle al pascolo), non dominarle. Anche Pietro stesso raccomandò ai conduttori: «Pascete il gregge di Dio, che è fra voi» (1 Pt 5,2); esso è di Dio e non ci dev’essere spazio per signoreggiare, anche perché l’Arci-Pastore rimane Cristo, ed è a Lui che bisogna rendere conto (v. 4).
     A ciò si aggiunga che l’analisi esegetica dei brani del NT, che parlano del rapporto fra conduttori e membri, non è un’attività inutile e infruttuosa, altrimenti apriremmo porte e finestre all’arbitrio e al soggettivismo d’ognuno. Proprio coloro, che si appellano allo Spirito Santo e all’aspetto pneumatico, possono porsi dinanzi all’assemblea come intoccabili «unti dell’Eterno».

Sul sito seguono altre tre tornate di questo confronto
     [CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Sottom_obbed_Avv.htm] Solo dopo aver letto l’intero scritto sul sito, voi che rispondereste nel merito alle questioni in esso contenute?
     ATTENZIONE: Quanto scritto sulle bacheche o nei gruppi gestiti da Nicola Martella o inviato per e-mail, può diventare oggetto di un nuovo tema di discussione o un contributo sul sito «Fede controcorrente» e su altri associati a esso.

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