TACERSI
NELL’ASSEMBLEA: CHI E QUANDO?
1. LE QUESTIONI (Nunzio Nicastro): In un
mio gruppo in Internet un credente aveva proposto come tema la questione della
preghiera della donna e del velo, e ad esso mi aveva coinvolto. Nunzio Nicastro
gli ha scritto quanto segue: Secondo 1 Corinzi 14,34-37 la donna deve tacere e non parlare in assemblea. Ti lancio
una sfida: trovami scritto nella Bibbia, dove
la donna prega o profetizza in assemblea. Non prendermi versi, dove non si
parla di assemblea. Solo una donna ha parlato
in assemblea, ed ella è falsa: «Ma ho
questo contro di te: che tu tolleri Iezabel,
quella donna che si dice profetessa
e insegna e induce i miei servi a
commettere fornicazione, e a mangiare carni sacrificate agli idoli» (Ap 2,20).
{Nunzio Nicastro; 21-09-2015}
2. LE RISPOSTE (Nicola Martella): Tale
presa di posizione di Nunzio Nicastro è diventata per me l’occasione per
rispondergli in dettaglio come segue.
2.1. COERENZA CERCASI: [→ sul sito]
2.2. 1 CORINZI 14: Si noti che anche degli uomini è detto, nello stesso capitolo,
che devono tacersi in assemblea!
Riguardo alla glossolalia Paolo diede la seguente disposizione: «E se non v’è chi interpreti [le lingue], si tacciano nell’assemblea» (1 Cor
14,28). Riguardo alla «proclamazione» Paolo diede la seguente direttiva: «E se una rivelazione è data a uno di quelli,
che stanno seduti, il precedente si
taccia» (v. 30). Come si vede, non era un comando a tacersi in
assoluto, ma solo relativo a una certa cosa. Chiaramente ambedue queste
categorie potevano, ad esempio, pregare in modo normale e intellegibile
nell’assemblea.
I versi precedenti
al «si
tacciano le donne» (1 Cor 14,34) parlano del «proclamare» in assemblea e del «giudicare» le proclamazioni da parte degli altri (vv. 29-33),
trattandosi di una chiesa partecipata. E proprio al riguardo, ossia sul giudicare le «proclamazioni», che Paolo
diede il divieto alle donne di
parlare (v. 34). Perché lo fece? Perché ciò avrebbe corrisposto a «insegnare» e, quindi, a «usare autorità sull’uomo» (anḗr «uomo»; 1 Tm 2,12). Riguardo
alle cose «proclamate» in assemblea dai «proclamatori» le donne avevano una
sola possibilità per esprimersi: parlare
con i loro mariti a casa propria e non in assemblea (1 Cor 14,35). I due temi
connessi in questo capitolo erano «proclamare» e «parlare in lingue» (v. 39) —
non la questione femminile, che è solo un dettaglio — e come praticare ciò con
«decoro e ordine» (v. 40). In tale «decoro e ordine» rientrava la norma, secondo cui le donne non
potevano commentare pubblicamente le «proclamazioni» altrui.
2.3. ASPETTI CONCLUSIVI: Quando non si fa corretta esegesi, si stravolgono solo i
brani, rendendo ciò che relativo assoluto, e viceversa; così si mettono catene ideologiche addosso alle
persone, specialmente se donne; e le convenzioni create in merito rendono
impossibile togliere tali ceppi dottrinali e analizzare i brani biblici senza paraocchi dottrinali. Così si creano
anche contraddizioni nella Scrittura
stessa, che altrove afferma che la donna può pregare e «proclamare» (1 Cor
11,4); si proclama solo pubblicamente,
come il termine greco profēteúō intende: «parlare davanti
[agli altri]». [→ continua sul sito]
[CONTINUA LA LETTURA: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Tace_assemb_UnV.htm]
SOLO
DOPO AVER LETTO L’INTERO SCRITTO SUL SITO, voi che rispondereste nel
merito alle questioni in esso contenute?
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